L'intervista

“La crisi di Roma? Il sindaco sieda in Consiglio dei ministri”. Parla Strinati

Gianluca De Rosa

L'ex soprintendente del polo museale romano auspica più centralità per la Capitale, apprezza la scelta del governo di dare poteri strarodinari a Gualtieri sui rifiuti e quella del sindaco di dotare la città di un termovalorizzatore, ma è preoccupato dal ruolo vorace dei sindacati capitolini e da una macchina burocratica indomita e anarchica

“La questione dei rifiuti di Roma è un problema nazionale. Anzi, è persino internazionale: la spazzatura della capitale viene conferita in diversi città italiane e anche in parecchie città straniere”. Claudio Strinati, 73 anni, storico dell’arte, e, soprattutto, per quasi 20 anni dal ‘91 al 2009, soprintendente del polo museale romano, parte da un paradosso, da una prospettiva rovesciata: se i rifiuti di Roma vanno già in mezza Italia per cercare di salvare (invano) la città dalla spazzatura, allora il problema della monnezza è già un problema nazionale. E dunque l’esecutivo, il romanissimo presidente Mario Draghi, dovrebbero occuparsene.  Però secondo lui, il governo, in effetti, ha già agito. Tempestivamente. Fornendo, attraverso il decreto Aiuti, lo strumento più adeguato per affrontare, in chiave nazionale, l’emergenza immondizia: ha dato al sindaco Roberto Gualtieri, nella sua veste di commissario straordinario per il Giubileo 2025, poteri straordinari sui rifiuti. Per questo le ultime ordinanze di Gualtieri in materia sono firmate sulla carta intestata della Presidenza del consiglio. “Non possiamo illuderci – dice Strinati – che se il commissario fosse stato un altro, e non il sindaco, le cose si sarebbero risolte alla svelta, semmai bisogna sperare che questa norma straordinaria diventi strutturale e che su determinati argomenti, il sindaco di Roma possa sedere al consiglio dei ministri, farsi aiutare dallo stato come Roma merita”. E però la città, dopo l’incendio a Malagrotta, annega tra i rifiuti. “E’ vero – ammette lo storico dell’arte – ma l’alternativa, anche visti gli inquietanti incendi che hanno contribuito a questa situazione, sarebbe una sorta di intervento straordinario di polizia, non è questo il ruolo del governo. Con i nuovi poteri – prosegue – Gualtieri ha già annunciato il termovalorizzatore, imboccando finalmente una strada. C’è solo una cosa che mi preoccupa…”. Cosa? “L’esperienza – dice – mi insegna che a Roma quando i sindacati escono un po’ dal binario delle loro strette competenze ci sono rischi grossissimi”. L’ex soprintendente si riferisce alla contrarietà della Cgil all’inceneritore. “Nella capitale – spiega, forte della sua esperienza ventennale nella burocrazia capitolina – il corretto rapporto tra amministrazione e organizzazioni sindacali è un nodo irrisolto, vige un sistema di cogestione del potere che non funziona, non bastano i commissari per sradicarlo, ed è un problema colossale: la tutela del lavoro è fondamentale, ma a Roma si va ben oltre, e se i sindacati ti si mettono contro le cose diventano complicatissime”. Secondo lui è stato questo, negli anni, uno dei motivi dell’inesorabile decadenza della città. “Più in generale – spiega – c’è una macchina che ti rema contro, pensiamo a Marino: l’auto del sindaco multata in Campidoglio è il sintomo talmente evidente dell’impossibilità di governare perché ‘se ci provi ti faccio vedere io’”.  C’è anche però che nessuno ha mai attuato l’articolo 114 della Costituzione riconoscendo alla Capitale uno status speciale. Sarà stato anche il lungo periodo in cui in Italia al governo ha partecipato anche un partito chiamato Lega Nord? “Da un lato – risponde Strinati – sembrerebbe lampante, ma un conto sono le proclamazioni elettorali – ‘Roma ladrona’ e il resto dell’armamentario – un’altra le strategie politiche. Penso che la Lega non si sia mai prefissa lo scopo di annichilire la funzione di Roma. C’è una lunga storia alle spalle per cui, ad esempio, i frutti migliori dell’operosità lombarda si sono concretizzati a Roma. Pensiamo a Caravaggio. Era un milanese puro sangue, dai documenti del tempo risulta anche che parlasse con un forte accento, tipo Berlusconi, ebbene per la storia dell’arte universale, però, Caravaggio è un pittore romano, ora non dico che Bossi sia stato un Caravaggio della politica, ma non penso che la sua Lega abbia odiato davvero così tanto la Capitale. Più che questo, la decadenza di questa città arriva da un grande autolesionismo interno”.