(foto Ansa)

letture diverse

Caro Pd, occhio all'analisi della vittoria

Redazione

Dopo il voto Letta spinge per un nuovo Ulivo, mentre Orlando e Provenzano parlano di "radicalismo" sulle questioni sociali, strizzando l'occhio al M5s. Bonaccini: "Basta rincorrere i Cinque stelle". Ecco perché il successo alle elezioni amministrative può essere un inganno per i dem

Ritornare all'Ulivo. Perché tra le sue caratteristiche "ha avuto una grande capacità di partecipazione ed espansione andando oltre alla classe politica". Che è un po', secondo Enrico Letta, il motivo per cui queste elezioni amministrative sono andate bene per il centrosinistra. Il segretario del Pd analizza il voto e in un'intervista alla Stampa fornisce un po' di elementi di riflessione sulla tornata appena conclusa. "Quel che mi piace di questo risultato è che è andato oltre i partiti. Due personaggi come Tommasi e Fiorita, un calciatore e un professore ai lati opposti dell’Italia, dicono che è quella la strada. Mettere in campo una nuova classe politica". Insomma, la priorità è costruire un progetto che nelle intenzioni del segretario veda il Pd come il perno di una coalizione ampia, com'è stato in alcune delle città in cui s'è vinto. Anche se non sarà affatto facile far convivere per esempio progetti centristi con quel che rimane dei Cinque stelle. "Queste amministrative le abbiamo vinte nonostante il gioco dei veti incrociati", argomenta allora Letta. "A Verona, a sostenere Tommasi c’erano sia Calenda che Conte. Vorrei che si cominciasse a separare l’immagine dalla sostanza. Capisco che queste forze debbano trovare una loro identità, per noi è più semplice. Il Pd è il fratello maggiore, ma a un certo punto bisogna pensare a unire".

Ma basta fare un salto in un'altra ala del Partito democratico per accorgersi che l'analisi della vittoria diverge da quella dell'ex presidente del Consiglio. In un'intervista al Corriere della Sera il ministro del Lavoro Andrea Orlando per esempio riconosce i meriti di un campo allargato, perché "una coalizione aperta, in grado di includere il civismo, è competitiva a livello locale e può contare su una selezione più efficace della classe dirigente". Ma subito dopo, avendo notato che al centro c'è un "certo accalcamento", aggiunge pure che insomma adesso tocca puntare sui grandi temi sociali come precarietà del lavoro, salari e pensioni, "dando risposte radicali, che altrimenti rischiano di trovarsi solo nel centrodestra". Più o meno quanto ripetuto dal vicesegretario dem Giuseppe Provenzano in un'intervista a Repubblica. Secondo cui "alcune iniziative come quella di Orlando sul lavoro povero non sono bandiere del Pd, rispondono a un’urgenza del Paese. Non tutto potremo fare nei prossimi mesi, ma proprio per questo abbiamo la necessità di indicare agli italiani con nettezza e radicalità cosa vogliamo fare dopo il voto con un governo di chiara matrice progressista". 

Ma per ogni apertura a che nel centrosinistra si rinsaldi l'asse con il M5s, c'è una parte del Pd che ostenta un certo fastidio. Lo fa per esempio il presidente dell'Emilia Romagna Stefano Bonaccini, che in un'intervista a Repubblica indica qual'è secondo lui la rotta da seguire. "Smetterla di inseguire i Cinque stelle, no alle alleanze costruite a tavolino". Tutto questo per far sì che "il Pd sia il perno di una coalizione di riformisti". Letture diversificate che vanno a comporre un puzzle composito di interpretazioni sul voto delle ultime due settimane. In cui è vero che il centrosinistra ha guadagnato città importanti come Verona. Ma in cui è difficile scorgere delle dinamiche replicabili a livello nazionale. 

E un invito a rimanere con i piedi per terra arriva da un'analista come il professor. Roberto Dalimonte, politologo, docente di Sistema politico italiano alla Luiss. Che in un'intervista all'Huffington Post ha descritto un quadro della situazione che invita alla prudenza i dirigenti dem. Innanzitutto perché storicamente "Il paese tende a destra". E poi perché "a livello nazionale il campo largo è oggi pieno di buche, un terreno molto accidentato. Per questo dico che non si può estrapolare dai risultati dei ballottaggi un’indicazione nazionale". In più secondo Dalimonte gran parte del successo in una città come Verona è derivato dalla scelta del candidato, un vero e proprio jolly. "Se Letta e i suoi alleati riuscissero a trovare una figura del genere che possa guidare la futura campagna elettorale per le politiche, la competizione con il centrodestra potrebbe essere più equilibrata. Ma la domanda è se abbiano il coraggio di cercarlo superando le proprie ambizioni e le logiche di partito. Ne dubito. E comunque non sarebbe facile trovarlo".

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