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föra di ball(ottaggio)

A Como il leghista Borghi suona il de profundis a suon di cinguettii (su Twitter)

Andrea Emmanuele Cappelli

Alessandro Rapinese, il “supercivico” che sbeffeggia i partiti a destra e a sinistra, ora si trova a un passo dalla poltrona di sindaco

A intonare il De profundis del centrodestra a Como - dove la coalizione non è riuscita neppure a qualificarsi per il ballottaggio - è il deputato Claudio Borghi, funambolico economista della Lega e consigliere comunale uscente (e non più rientrante) del capoluogo lariano. Sulle rive del lago negli ultimi mesi si è consumata una lotta fratricida che ha portato all’uscita di scena del sindaco Mario Landriscina (centrodestra), sostituito dal meno conosciuto Giordano Molteni: una scelta che Fratelli d’Italia si è intestata sin da subito ma che scaturisce da una serie infinita di battibecchi tra gli alleati. Il risultato è presto detto: Barbara Minghetti (Pd) supera il primo turno con il 39 per cento dei consensi e tra due settimane se la vedrà con Alessandro Rapinese (46 anni), ‘supercivico’ innamorato della sua Como che da trent’anni consuma le suole lungo le strade cittadine e in consiglio comunale, dove si è sempre seduto tra i banchi dell’opposizione. E il centrodestra - parafrasando un’iconica espressione di Umberto Bossi - se ne va “föra di ball” ma soprattutto ‘föra di ballottaggio” (fermandosi al 27,06 per cento, contro il 27,42 della civica di Rapinese). La Lega, un tempo dominante, è oggi l’ultimo partito della coalizione, con un misero 6.6 per cento.

     

   

Le prime note funebri, dicevamo, sono giunte dal profilo Twitter di Claudio Borghi, che non siederà più tra gli scranni di Palazzo Cernezzi (sede del comune di Como). Già ieri sera, quando i primi utenti web cominciavano a chiedergli maliziosamente se fosse riuscito a farsi eleggere in consiglio, il rutilante leghista ha messo le mani avanti con un cinguettio: “Senza sapere se si va al ballottaggio o meno è impossibile dirlo, ma direi che in ogni caso non lo farò. Cinque anni di impegno (gratis) sottratto alla famiglia non hanno risposto a quello che la città chiedeva”. E ancora: “Dai seggi a Como sto vedendo tutta la lista possibile degli errori […] Mi sa che bisogna passare più tempo a spiegare come si vota che a chiedere i voti”. E per fugare ogni dubbio chiarisce a un utente che Molteni, il candidato perdente, “è di FdI”. Scheda dopo scheda il tono si fa più drammatico: “Ho il lievissimo sospetto che qui a Como si finirà in prefettura”. Infine una consapevolezza: “Dove vado io finisce sempre per esserci casino. Dalla commissione per il catasto a Como… Me ne starò di più a casa”. Una scelta obbligata più che voluta, dato il responso delle urne.

  

    

Chiuso il sarcofago del centrodestra comasco, per l’outsider Rapinese arriva l’occasione di una vita. Se i voti di Lega - FdI - Fi confluissero su di lui, il civico potrebbe realizzare il suo sogno più grande: indossare la fascia tricolore della sua città natale. Autoironico e scanzonato, a forgiare Rapinese è stata la gestione di due gravi lutti nel giro di poco: il padre, un “alpino buono, forse troppo”, muore quando lui aveva appena compiuto 17 anni. La madre, “dura come l’acciaio e gentile come un maggiordomo, quello di Batman”, scompare quattro anni dopo. La prima esperienza politica del “Rosso” (soprannome che gli deriva dai capelli, non certo dall’appartenenza politica) risale al quarto anno di liceo scientifico, e già da lì si poteva intuire che quel ragazzo irriverente avrebbe fatto carriera. “Per gioco, mi candido alle elezioni scolastiche per il Consiglio d’Istituto. Decido di chiamare la lista “Polenta Uncia", marcando la distanza tanto dalle liste “pallose” di sinistra (che parlavano di temi che nemmeno conoscevamo, tipo guerre in Libano e tensioni israelopalestinesi) quanto da quelle di destra, aventi come sfondo l’antipatia per lo straniero e qualche 'simpatico' richiamo al Duce”. Con la sua Polenta Uncia Rapinese sbaraglia tutti e vince con l’80 per cento dei voti. Oggi, a distanza di quasi trent’anni da quell’exploit liceale, il Supercivico potrebbe ripetere nuovamente l’impresa.

   

Chi lo conosce, del resto, non mostra stupore: eletto per la prima volta consigliere di circoscrizione a Como nel 1994 (“ero maggiorenne da 47 giorni”), nel 2008 torna alla ribalta candidandosi al consiglio comunale di Como, “senza nascondermi dietro loghi bolliti di partiti bolliti”. Il 26 aprile 2008, dopo le dimissioni del capolista, Rapinese entra per la prima volta in consiglio comunale. E da quel giorno inizia a lavorare sodo, dentro e fuori dall’aula: “Tutti gli altri sette candidati sindaco messi insieme - ha dichiarato poche settimane fa - non raggiungono la mia esperienza maturata a Palazzo Cernezzi. Nessuno di loro può vantare una conoscenza così minuziosa della macchina comunale come quella accumulata in 18 anni di battaglie su ogni singola delibera”. Arroganza o fiducia nei propri mezzi? L’esito delle urne farebbe propendere più per la seconda ipotesi.

    

Oggi, primo giorno da candidato al ballottaggio, il “Rosso” è irreperibile al telefono. A tormentarlo è forse l’eventualità di dover stringere un patto col diavolo (leggi centrodestra) per riuscire a realizzare il suo sogno più grande: sommando il 27 per cento di Molteni al 27 per cento della sua lista, Rapinese arriverebbe infatti al 54 per cento. Chi lo conosce, però, assicura che il Supercivico andrà avanti da solo, come ha sempre fatto da quando aveva 17 anni e con la sua lista (dedicata alla “polenta uncia”), sconfiggeva giovani mussoliniani e comunisti in erba. Oggi, dopo 18 anni di gavetta, il traguardo appare sempre più vicino.

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