(foto Ansa)

Balneari e catasto. Dove nasce l'ottimismo fragile di Palazzo Chigi

Valerio Valentini

Il governo intravede una soluzione su due dei dossier più importanti di fine legislatura. Ma in Parlamento c’è buriana

Maurizio Gasparri, infaticabile metronomo dell’ostruzionismo, resta fermo e categorico: “Non cambia nulla”. In realtà a Palazzo Chigi credono il contrario. Credono, cioè, che le venti pagine stilate dalla terza sezione penale della Cassazione, il 22 aprile scorso, segneranno inevitabilmente una svolta nella zuffa inconcludente sulle concessioni balneari. E, per quanto sia triste che anche stavolta venga dai giudici l’impulso a legiferare, si spera comunque che gli effetti di quel dispositivo valgano a vincere le obiezioni strumentali e le rivendicazioni di chi, in Parlamento, proprio opponendosi alla Bolkestein, tiene in ostaggio l’intero ddl Concorrenza. Una speranza, dunque, per quanto bislacca. Un ottimismo che si riflette, in queste ore, anche sull’altra grande baruffa: il catasto.

 

La soluzione, sulla famigerata delega fiscale, pareva prossima già venerdì scorso. Il fine settimana ha portato a un’ulteriore limatura del testo su cui potrebbe maturare un’intesa tra i partiti di maggioranza. L’ottimismo, dalle parti di Palazzo Chigi, si sostanzia di un  certo pragmatismo: che, insomma, quella che verrà proposta ai partiti, dopo oltre sei mesi di discussione, sarà una soluzione non più negoziabile. “E’ una questione di serietà”, si dice. E però Matteo Salvini continua a dirsi convinto che l’unico compromesso possibile sulla delega fiscale sia il rimandarla a data da destinarsi. Non fare nulla per non farsi male. Che poi è l’esatto opposto di quel che Mario Draghi ha in mente, certo com’è che la revisione dei parametri catastali, e il loro adeguamento ai valori di mercato, sia necessaria. E quando i deputati del Pd, giorni fa, si sono confrontati col presidente della commissione Finanze, Luigi Marattin, si sono visti dipingere uno scenario non esattamente roseo. Perché se l’obiettivo è il sabotaggio, non c’è compromesso che tenga: altro che una postilla che ribadisca, nero su bianco, che non ci saranno aumenti di tasse.

Il che vale, in effetti, anche sull’altra contesa perenne: quella sulla Concorrenza. Pure qui, la scommessa del centrodestra è sul logoramento: prendere cioè Draghi per sfinimento, convincerlo ad espungere dal testo del ddl tutto ciò che non è strettamente necessario al rispetto degli impegni europei fissati nel Pnrr. E per quanto la proposta paia bizzarra, va detto che ha una sua efficacia, se è vero che fa proseliti anche nel M5s. Specie sulla madre di tutte le battaglie: quella dei balneari. “Draghi si rassegnerà a desistere, sulle spiagge”, insiste l’azzurro Gasparri. E in questo groviglio di paradossi, avviene perfino che a suggerire ottimismo al governo sia una sentenza della Cassazione. Quella che il 22 aprile  ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore  balneare che s’era visto sequestrare la sua licenza di concessione di uno stabilimento balneare  a Genova, e nel farlo ha fornito un’interpretazione assai severa della decisione espressa in materia dal Consiglio di stato nel novembre scorso. In sostanza, la terza sezione penale della Cassazione ha stabilito che la proroga straordinaria al 2023 delle concessioni balneari  vale solo per le concessioni rinnovate dopo il 2009. Le altre sarebbero tutte decadute.

Decisione radicale, che però pone un’incognita enorme su decine di migliaia di gestori: i quali, ora, rischiano di vedersi accusati di occupazione abusiva di demanio. Ed è per questo che nei giorni scorsi, per la prima volta dopo mesi di opposizione frontale al governo, i rappresentanti di categoria si sono rivolti agli ambasciatori di Palazzo Chigi per invocare una soluzione repentina. Il che forse potrebbe imporre anche ai partiti – per una bizzarra eterogenesi dei fini –  di dismettere ogni tatticismo e approvare rapidamente il ddl Concorrenza. E non sarebbe male. Visto che il Pnrr esige che entro dicembre vengano varati tutti i decreti attuativi della delega. Per riuscirci, il governo aveva fissato una prima scadenza: entro Pasqua, il ddl sarebbe dovuto passare al Senato. E invece ieri, col testo ancora in discussione in commissione Industria di Palazzo Madama, l’ennesima riunione di maggioranza ha confermato che i pareri dell’esecutivo sugli emendamenti relativi ai balneari ancora non ci sono. E sul resto, si procede a tentoni, con ritorsioni da parte di Pd, Leu e M5s che, per non sentirsi da meno sul campo della conservazione, rinnovano la loro difesa degli affidamenti in house. “E del resto basta vedere come i privati hanno ridotto i trasporti a Roma”, s’è infervorata la capogruppo di Leu, Loredana De Petris. Ignorando, dunque, che nella capitale il tpl è in mano all’Atac, cioè al comune. E siamo già dieci giorni oltre la Pasqua.

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.