Passeggiate romane

A fari spenti e con fermezza. Le mosse di Letta su De Luca e Conte 

Il segretario del Pd agisce in silenzio per non ricandidare il goveratore campano. E guarda al M5s: in vista delle politiche del 2023 non vuole trovarsi con un alleato pronto a pugnalarlo alle spalle

Si mette male per Vincenzo  De Luca e per la sua idea di cambiare lo statuto della Regione Campania per provare a correre per il terzo mandato da governatore. Dal Pd, in un momento così drammatico per il paese, si evita di dare risalto alla vicenda (e alle relative polemiche), ma al Nazareno sono decisamente contrari a questa possibilità. Supportati anche da una grande parte della società civile, e soprattutto militante, campana. C’è quindi da scommettere che in silenzio, a fari spenti, e soprattutto a tempo debito, arriverà il no del Pd nazionale. Un po’ la stessa tattica che portò Letta alla sostituzione dei due capogruppo (ma soprattutto del “renzianissimo” Marcucci) a inizio della sua segreteria un anno fa. A fari spenti, ma con estrema decisione, sembra essere diventato il modo di agire del Letta post Parigi.

E sempre a proposito di Letta, c’è da dire che nonostante i suoi ripetuti appelli all’amicizia con Giuseppe Conte e le sue ribadite dichiarazioni d’amicizia per l’ex premier a capo dei 5 stelle, ormai per il segretario del Partito democratico la misura è colma. Non che Letta sia prossimo alla rottura con il leader del Movimento grillino, tanto più quando mancano meno di due mesi alle elezioni amministrative. Ma il segretario del Pd sta facendo i conti con la realtà in vista del 2023. Per le elezioni politiche Letta non vuole sentirsi impreparato e con un alleato pronto a pugnalarlo alle spalle. Perciò ha deciso di allargare il più possibile la coalizione di centrosinistra. L’idea è che quando Roberto Speranza e Carlo Calenda diranno che il candidato premier deve essere il leader del Partito democratico, Conte non potrà tirarsi indietro. E Matteo Renzi? Letta sta cercando di fare un ragionamento analogo anche  con il leader di Italia viva, ma non ripone in lui la stessa fiducia…

Nel quartier generale di Leu si ragiona sui tempi e sui modi del riavvicinamento al Partito democratico. Pier Luigi Bersani, con il suo realismo emiliano, vorrebbe accelerare la pratica e siglare l’accordo per la fusione in tempi brevi, senza frapporre ulteriori indugi. Roberto Speranza, invece, prende tempo. Il ministro della Salute, da sempre molto attento ai consigli di Massimo D’Alema, vorrebbe allungare i tempi della trattativa per ottenere condizioni migliori. Ma la verità è che Letta non sembra disposto a concedere troppo in questa mediazione, consapevole che Leu ha pochi spazi di mediazione.

Base riformista, la corrente del Partito democratico che fa capo a Luca Lotti e Lorenzo Guerini, trema. Si avvicina infatti il momento di preparare le liste per le elezioni politiche del 2023. Mancano dieci mesi, perché a fine gennaio, inizi febbraio, quelle liste dovranno essere pronte. E la componente di Base riformista, che attualmente è maggioranza nei gruppi parlamentari, sa che a breve non sarà più così. Ma soprattutto sa che solo una parte di quella corrente verrà premiata. Quella che si riconosce nelle posizioni del ministro della Difesa, il pezzo che invece fa capo a Luca Lotti, che ha tentato di dare del filo da torcere a Enrico Letta anche nella complessa vicenda dell’elezione del presidente della Repubblica, sarà inesorabilmente penalizzato. E pensare che quando Base riformista è nata l’uomo forte della corrente non era Guerini, bensì Lotti… Adesso se ne dolgono tutti quelli che non nascono come fedelissimi dell’ex braccio destro di Matteo Renzi, ma che si sono stretti a lui, convinti che il ministro della Difesa non avrebbe avuto vita lunga nel partito.