Il caso

"Piegheremo Draghi". Ecco le truppe di Conte. Che oggi vede il premier

La guerra in Ucraina passa in secondo piano rispetto alla crisi economica, spiegano i grillini. Ma in Senato spuntano i primi dissidenti: "Servono nuovi sacrifici per l'unità nazionale"

Simone Canettieri

Il capo del M5s ha riunito la "brigata Joseph", cento fedelissimi pronti a serrare le file contro l'ipotesi riarmo: "Non votiamo il Def"

Arrivano con mezzi civili. I più accorti a piedi. La maggior parte, come l’europarlamentare Fabio Massimo Castaldo, in taxi. L’auto blu non va ostentata. Rocco Casalino squadra le truppe sconsolato (belle cravatte, voti ormai pochini).   Manlio Di Stefano, convertito agit prop ucraino, si fa lasciare prima da una Jeep del ministero degli Esteri. Idem Carlo Sibilia, direttamente dal Viminale. L’appuntamento è dalle parti di piazza Bologna, quartiere costruito dal Duce per i ferrovieri, e ora ventre del ceto medio della Nomentana. Si va al   Centro scout dell’Agesci (“le penne al sugo erano piene di aglio!”, lamentela diffusa sul rancio). La “brigata Joseph” del M5s è riunita qui. Oggi Giuseppe Conte alle 17.30 incontrerà Mario Draghi, rinvigorito dal +0,5 per cento dei sondaggi. Eccitazione generale. Michele Gubitosa: “Siamo in rimontaaaaa”.

 
Sfilano dunque con il profilo degli affaccendati tutti i contiani. Hanno le borse piene di ben altro a proposito della Nato e della guerra in Ucraina. Non citano Quelo di Corrado Guzzanti (“c’è grossa crisi!”) ma poco ci manca: “Chi vuole togliere il reddito di cittadinanza per spostare le risorse sulle armi vuole mettere un carro armato nel cortile di chi ha fame”, dice Sibilia, per esempio.  


Alessandra Todde, viceministra del Mise e pure vicepresidente del M5s, spiega che “siamo pieni di tavoli con crisi industriali e  a chi pensa a incrementare la spesa militare  venga prima al mio ministero”. Ce l’ha con il ministro degli Esteri Luigi Di Maio (assente)? “No, non credo che abbia dimenticato il suo periodo da ministro delle Attività produttive”.  


L’altro vicepresidente Mario Turco (sulla carta, perché, come si sa, i tribunali hanno congelato tutto) si ferma gentile e dà un dispaccio: “Nessuno qui ha nulla da eccepire: la linea è quella di Conte”.  L’adunata al Centro scout serve all’ex premier del M5s per serrare i ranghi.  Dentro ci sono un centinaio di fedelissimi che ha scelto e nominato nei comitati tematici (“i dimaiani sono il 15 per cento”).  

E’ anche il giorno in cui si saprà se Conte sarà stato rieletto capo del M5s (spoiler: sì, è l’unico candidato, ci sarà da capire con quale affluenza, al massimo).

Come un’allucinazione in molti vedono l’avvocato Lorenzo Borrè, cecchino dei pasticci legali del M5s, dietro la collina pronto all’agguato: “Ci saranno nuovi ricorsi”, vaticina un altro dei vicepresidenti  Riccardo Ricciardi.

Paola Taverna annuncia alla sala che oggi da qui parte “una nuova agenda politica per il paese”. E allora si discute di educazione sessuale nelle scuole, di radicamento nei territori in ticket con le liste civiche, ma anche di sicurezza aumentata (nelle spese militari rientrano anche quelle per i carabinieri).

Il succo sta nel dibattito scatenato dall’invasione russa in Ucraina. Conte dice che non vuole far cadere questo governo, anche se “non è quello dei sogni”.  Ma non fa nessuna retromarcia. E comunque no alle “spese forsennate” per la Difesa. Tutto balla intorno all’equivoco dell’incremento fino al 2 per cento del pil entro il 2024, come da accordi sottoscritti anche da Conte nel 2019, quando era premier, nel vertice Nato di Londra. Nemmeno Draghi sembra intenzionato a raggiungere questa soglia in Manovra (al massimo lo 0,2 ma è frutto della contrazione del pil, spiegano da Via XX Settembre). Tuttavia ci si attacca al Def atteso in settimana in Consiglio dei ministri. “Se conterrà il riarmo non lo voteremo”, assicura Conte.  La comunicazione, che diventa propaganda come nelle guerre vere, si fonde con l’agenda parlamentare. In settimana c’è anche il dl Ucraina al Senato. E la “brigata Joseph” deve iniziare a fare i conti con i senatori dissidenti. Primo De Nicola: “Dopo quella pandemica, abbiamo anche un’emergenza bellica che ci chiama a ulteriori sacrifici. L’unità nazionale resta il bene più prezioso”. I grillini componenti della commissione Difesa – Donna, Campagna, Audino – nei loro colloqui si dicono: “Non possiamo sottrarci ai nostri doveri”. Sono i primi disertori?
           

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.