Destra e guerra

FdI è con Draghi sulle spese militari (dall'opposizione). Parla Ignazio La Russa

Marianna Rizzini

"In che posizione vogliamo stare all'interno della Nato: di parità o di subordinazione agli Usa?. Basta con gli pseudo pacifismi", dice il vicepresidente del Senato

Spese militari: il tema crea divisioni nella maggioranza, ma è dall’opposizione che due giorni fa è arrivato, in Senato, l’ordine del giorno che porta al governo il supporto che sembra mancare sia dal lato M5s (Giuseppe Conte ha definito “inaccettabili” altri investimenti sulle armi) sia dal lato di una Lega titubante (Matteo Salvini ha detto che rispetto alle armi lui “vota pace”). E insomma Giorgia Meloni, senza troppo dichiarare, ha agito per mano di Isabella Rauti, vice-capogruppo di Fratelli d’Italia in Senato. Rauti ha infatti depositato un odg al decreto Ucraina che impegna il governo (come quello votato quasi all’unanimità alla Camera) ad aumentare le spese militari fino al 2 per cento del Pil, richiamandosi alle parole del premier Mario Draghi rispetto all’adeguamento agli impegni assunti in sede Nato tempo fa. E “l’obiettivo 2 per cento” svela le divisioni interne alla maggioranza ma anche quelle interne al centrodestra, un centrodestra che appare reticente, rispetto al passato, anche soltanto a parlare di guerra.

Per il vicepresidente del Senato Ignazio la Russa, cofondatore di FdI, la questione “è da annoverare tra i vecchi nodi che vengono al pettine: dobbiamo decidere, in un momento del genere, se le spese militari sono necessarie o voluttuarie. Dobbiamo dirlo chiaramente, se si pensa siano necessarie per la difesa della nostra libertà, della nostra indipendenza e dei nostri valori, visto che anche paesi neutrali come la Svizzera parlano di aumentarle e che noi abbiamo preso impegni in sede Nato in quella direzione, finora non rispettati”. La questione, dice La Russa, ha a che fare anche “con la posizione che vogliamo avere all’interno della Nato a trazione statunitense: di parità o di subordinazione? E insomma io credo si debba sottolineare che vogliamo una posizione di parità. L’aumento delle spese  militari va in questa direzione, e lo diciamo non essendo tacciabili di sviolinate nei confronti del presidente del Consiglio”.

Ma non sarà anche che appunto a destra, rispetto al passato, si preferisce non parlare di guerra? “Diciamo che ci sono state manifestazioni saltuarie di pseudo-pacifismo a tutto campo, in tutto l’arco parlamentare, e quindi anche a destra, negli ultimi anni. Salvo poi accorgerci ex post che le spese per la Difesa erano necessarie, come in questo momento. Non solo: l’Esercito è stato essenziale anche nella somministrazione dei vaccini. Non so come avremmo fatto senza il generale Francesco Paolo Figliuolo. Ma a destra c’è chi oggi è intrappolato nell’abitudine a stare sulla difensiva sull’argomento delle spese militari, per non essere considerato guerrafondaia. Faccio però notare che negli Stati Uniti spesso le guerre le hanno dichiarate i Democratici e le hanno chiuse i Conservatori, ma nessuno ha questa reticenza”. (Intanto, nel centrosinistra, l’atteggiamento di Conte sul tema sta creando qualche crepa nel patto con il Pd). 

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.