"Per fermare Putin ci servono armi. E fermare Putin serve anche all'Ue"

Valerio Valentini

"Il destino dell'Ucraina è quello dell'Occidente", ci dice Mykyta Poturaiev, capo delegazione Osce del Parlamento di Kyiv. "La Russia è uno stato nazista, il suo esercito uccide i nostri civili mentre escono dai bunker per cercare acqua e cibo"

"Bene”, dice. Poi ha come un ripensamento, sospira. “Per quanto sia possibile stare bene in questa situazione”. Quella di Mykyta Poturaiev, di situazione, è grosso modo questa: “Sono a 800 chilometri di distanza dalla mia famiglia, da mia moglie e i miei figli, che sono a Kyiv, nella Kyiv assediata dall’esercito russo”. Lui invece da qualche giorno non è più in Ucraina. “In qualità di capo delegazione del Parlamento presso l’Osce, l’Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, sono stato trasferito nella nostra ambasciata a Varsavia, su richiesta del ministero degli Esteri”. Risponde al telefono di buon mattino. L’appuntamento era per la sera prima, poi all’ultimo momento si è dovuto rimandare: “Gli imprevisti sono continui, non c’è un attimo di sosta”. E’ una specie di ambasciatore aggiunto, Poturaiev. Nato a Dnipro 52 anni fa, eletto nel 2019 al Parlamento con lo stesso partito del presidente Zelensky, ora è a Varsavia a coordinare l’arrivo in patria, attraverso la Polonia, degli aiuti: “Umanitari e non solo”, spiega. E su quel not only, si percepisce l’ansia di specificare meglio. “Incontrando vari rappresentanti dei parlamenti europei, ho percepito una sorta di errore diffuso nello stabilire il rapporto tra cause e conseguenze. La crisi umanitaria, in Ucraina, è determinata da un’invasione armata. E per fermare l’invasione, e dunque l’emergenza, ci servono armi”. Ne sono arrivate, però. “Ne servono altre, soprattutto per disinnescare l’offensiva aerea di Mosca”. 

Poi di nuovo si sofferma, Poturaiev teme il fraintendimento. “Voglio essere chiaro: il supporto che stiamo ricevendo dai paesi europei, in termini di assistenza medica e logistica, è commovente. Ma per fermare Putin, la sua barbarie, ci serve che ci aiutiate a difenderci dalla sua aviazione. Conosco le remore della Nato sulla no fly zone, che pure per noi sarebbe uno strumento reale di protezione, e non voglio discuterle. So però che la fornitura di Mig da parte dei paesi del vecchio Patto di Varsavia potrebbe cambiare le sorti della partita. Noi abbiamo molti piloti pronti a decollare, ma sono privi di mezzi e di basi per farlo”. E i missili antiaerei? “Ne sono arrivati molti, e ci sono stati di grande aiuto. So che il presidente Zelensky sta discutendo di accordi per ulteriori rifornimenti. Ci servirebbero dei sistemi  anti aircraft moderni, più all’avanguardia degli Stinger che stiamo usando”. 

Entra insomma nel dettaglio, il deputato ucraino. Si accalora. “I paesi Nato e Ue dovrebbero capire che questa guerra, che si combatte sul nostro terreno, non riguarda solo noi. Perché se l’Ucraina cade, il prossimo passo di Putin sarà l’aggressione a paesi membri del Patto atlantico. Ma è vero anche il contrario. E cioè che dalla resistenza della nostra gente, che è la resistenza del mondo libero contro un dittatore, passa la possibilità d’indebolire Putin e il suo sistema di potere, di sterilizzare la sua minaccia nei confronti delle capitali occidentali. Il destino dell’Ucraina è il destino dell’Europa”. 

E dire che, dalle nostre parti, c’è chi vede proprio nell’espansionismo della Nato una delle cause della guerra. “Sì, mi è stato riferito. Ma qui, per quanto ci riguarda, l’unico imperialismo che temiamo è quello di Putin. Non è della voracità della Nato che stiamo discutendo, ma della restaurazione dell’impero russo e dell’Unione sovietica. E’ questo che noi ucraini non vogliamo. Ci si dice che il nostro eventuale ingresso nel Patto atlantico indurrebbe Mosca a reagire. Ma per noi, di nuovo, il rapporto di causa ed effetto è inverso. Nel 2014, dopo Euromaidan, speravamo di unirci alla Nato, magari all’Ue. Le nostre richieste finirono nel nulla, e Putin è arrivato nel Donbas e in Crimea. E’ proprio perché non siamo nella Nato che lui può invaderci oggi”.

Un popolo intero sulla linea di faglia del mondo. Le ragioni della morale che cozzano con quelle della geopolitica. “Noi viviamo sotto la perenne minaccia di Mosca. So che in Europa molti leader hanno ritenuto affidabile Putin, che c’è chi lo stima tuttora. Io non so se lo è mai stato davvero, affidabile, ma quel Putin di certo non esiste più, questo Putin è un’altra cosa, è un aggressore violento. I suoi soldati stanno sparando sui civili inermi. Nei villaggi intorno a Kyiv, nelle ultime ore, rinveniamo cadaveri che hanno in mano delle bottiglie d’acqua, delle buste con un po’ di cibo dentro. Uccidono la nostra gente mentre va a rifornirsi, attendono che le nostre donne e i nostri bambini escano dai bunker per trovare da bere o da mangiare, e li ammazzano. Per puro divertimento”. Così, dice, just for fun. Poi però si corregge: “C’è della logica, in questa atrocità. C’è una tecnica nuova, che è quella della diffusione del terrore. Siccome Putin non si attendeva la resistenza eroica del nostro popolo, vuole lanciare un messaggio, vuole indurci a desistere, vuole dirci che tutti, in quanto ucraini, ormai siamo un bersaglio. Perché l’ospedale pediatrico di Mariupol? Perché quella mamma con i due figli colpiti da un razzo mentre usufruivano di un presunto corridoio umanitario? Perché loro e non altri? Non c’è un perché, se non quello di dire: può toccare a chiunque, in qualunque momento”.

E’ una versione di parte? “Certo, non lo nego. E’ la versione di un popolo invaso. Che subisce  le stesse cose che da voi, in Italia, facevano le SS durante la Seconda guerra mondiale. La Russia è uno stato nazista, e il suo esercito dovrebbe essere condannato come un’organizzazione terroristica”. 

E insomma è forse perfino inutile chiedergli se si aspettasse qualcosa di positivo, dal colloquio tra i ministri degli Esteri Lavrov e  Kuleba, finito come si temeva, e cioè in un nulla di fatto. “Cosa aspettarsi da un bugiardo? Ad alcuni dei piloti dell’aviazione russa catturati, le nostre forze speciali hanno trovato dispacci contenenti ordini di bombardamenti risalenti a prima del 24 febbraio. Questa operazione Putin l’ha preparata mesi e mesi fa, e nel frattempo ha preso in giro le cancellerie di mezzo mondo. Ora dovremmo fidarci? Detto questo, qualsiasi soluzione diplomatica è benvenuta, a patto che abbia come premessa il ritiro delle truppe russe dal nostro territorio. E spero che in questo anche l’Europa ci supporti”.

Europa, Europa. Qui da noi sembra a volte un esile mito, più che altro la si rimprovera di lentezza, di inconcludenza. Quasi ci si meraviglia che possa essere vista come un desiderio. “La lentezza, certo. La burocrazia. Avrà da migliorare, l’Europa. Ma l’alternativa all’Europa, qui, sono le bombe”. 

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  • Valerio Valentini
  • Nato a L'Aquila, nel 1991. Cresciuto a Collemare, lassù sull'Appennino. Maturità classica, laurea in Lettere moderne all'Università di Trento. Al Foglio dal 2017. Ho scritto un libro, "Gli 80 di Camporammaglia", edito da Laterza, con cui ho vinto il premio Campiello Opera Prima nel 2018. Mi piacciono i bei libri e il bel cinema. E il ciclismo, tutto, anche quello brutto.