Foto Ansa 

sobrietà quirinale

Mattarella si è tagliato lo stipendio (di nuovo). Anche meno sobrietà Presidente

Salvatore Merlo

L’estetica dignitosa del Quirinale ci insegna che è l’abito che fa il monaco, quindi basta pasticciare con la magia un po’ demagogica della sobrietà e tenga integro il suo dignitoso giusto compenso

Ha rinunciato all’adeguamento Istat del suo assegno personale, ha rinunciato al vitalizio da parlamentare, e infine ieri si è anche tagliato lo stipendio. Di quasi un quarto, circa sessantamila euro. Per la seconda volta. Già in passato c’era parso che Sergio Mattarella brillasse, e allo stesso tempo pasticciasse, con la magia un po’ demagogica della sobrietà. Nel 2019 fu fotografato a Firenze all’interno di un comune tram di linea, insomma alla Roberto Fico prima maniera, quando ancora il presidente grillino della Camera non aveva scoperto la mastodontica Jeep con i finestrini oscurati. Poi, a marzo del 2021, come tutti ricordano, il presidente della Repubblica andò allo Spallanzani per farsi vaccinare. S’era messo in fila come tutti gli altri anziani, gli ottuagenari nati nel suo stesso mese che lo acclamarono: “Uno come noi”. Si sarebbe potuto vaccinare prima, il capo dello stato, per tutelare se stesso e la sua funzione, ma aveva deciso di aspettare due mesi.

 

Esponendosi al rischio del Covid, che aveva già lambito le mura del Quirinale infettando un suo strettissimo collaboratore. L’uomo d’altra parte è come appare: muto, nodoso, solitario, schivo e... sobrio. Ma la sobrietà, com’è noto, è sempre a un passo dalla retorica e dall’ideologia. Il discrimine è spesso  una questione di dettagli. E vale qui la pena di ricordare, per esempio, che  il tram preso a Firenze nel 2019, come si è poi scoperto, non era un tram di linea, ma era riservato e blindato: dentro c’era praticamente soltanto Mattarella.  
Il segretario generale del Quirinale, Ugo Zampetti, non ha stipendio. Ma per fortuna ha la meritata pensione di un grand commis de l’etat che ha ricoperto per oltre trent’anni i più importanti incarichi nell’amministrazione pubblica.

 

Al Quirinale, in questi ultimi tempi, oltre allo stipendio del presidente sono state tagliate anche le indennità al personale, sono stati ridotti gli incarichi di direzione, da poco sono stati tagliati gli alloggi di servizio e a un certo punto (nel 2009) furono tagliati pure i corazzieri. E qui sorge il problema, in questa inoccultabile furia di sobrietà. Perché l’estetica dignitosa del Quirinale, i suoi marmi, i suoi arazzi, e persino i suoi stipendi, in questi anni sono stati in realtà l’ultimo filo al quale è rimasta appesa l’unità nazionale. Non è un paradosso. La sontuosità di quel luogo è stata la resistenza dello stato di fronte agli spasmi e alle fetecchie della politica. Basta osservarlo, il  Quirinale, per ricevere una lezione sulla forma che è sostanza, sulla tradizione e sul decoro dello stato che impauriscono e rendono normali (insomma, quasi normali) anche i peggiori demagoghi. Salvini, Di Maio, Grillo... Un sistema che disciplina e governa l’eccesso italiano. E allora come i corazzieri non devono indossare l’uniforme macchiata di sugo, così anche il presidente tenga integro il suo dignitoso stipendio. E’ il Quirinale stesso a insegnarcelo: è l’abito che fa il monaco

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.