Roma Capoccia

Appello a Gualtieri perché si butti “per le strade e tra la gente” (basta nomine)

Marianna Rizzini

Immortalato attorno a cassonetti e mercati all’inizio del mandato, ora il sindaco di Roma non si fa più vedere in giro 

Non si vorrebbe essere nei panni di Roberto Gualtieri, il sindaco che, tra emergenza monnezza e diatribe interne al Pd sulle nomine, rischia ora quasi quasi di non essere riconosciuto per strada, tanto è scomparso dai radar e dagli obiettivi che lo avevano immortalato attorno a cassonetti e mercati all’inizio del mandato, pochi mesi fa. Dov’è Roberto Gualtieri? si domandano dunque anche coloro che lo hanno votato e vorrebbero vederlo, per dirla con Lucio Dalla, per “le strade e tra la gente”, e invece leggono delle suddette liti tra correnti su questo o su questo candidato a questo o quel cosiddetto carrozzone.

“Gualtieri prendi l’autobus”, direbbe forse oggi al sindaco un redivivo Cesare Zavattini che così invitava i giovani sceneggiatori a non sottovalutare l’impatto positivo del bagno di realtà. E siccome Gualtieri deve ora sceneggiare i piani per i prossimi cinque anni, visto lo stato in cui versa la città dopo la sindacatura Raggi, lo si vorrebbe vedere, il sindaco, fotografato ovunque e con chiunque, pur di non saperlo chiuso in una stanza a dirimere complicate questioni che lo portano ohimé a doversi staccare dalla concretezza per poter tenere a bada ambizioni, speranze e malumori di piccoli gruppi, facenti capo a volte ai bettiniani, a volte ai non bettiniani, a volte agli zingarettiani, a volte a un ibrido ceppo di appartenza politica. E insomma il volto del sindaco rischia ora di sparire dai pensieri dei cittadini che pure hanno deciso di non astenersi – e gli astenuti alle Comunali sono stati come si sa tantissimi, specie fuori dalla Ztl (affluenza totale del 40,8 per cento, la più bassa di sempre), per non dire degli astenuti alle ultime suppletive in cui è stata eletta Cecilia D’Elia (ha votato soltanto l’11,3 per cento). “Gualtieri torna tra noi”, vorrebbero gridargli gli attivisti e gli elettori che lo hanno scelto, e anche quelli che hanno votato per un altro (Calenda? Michetti?), da quanto la città pare bisognosa di fatti ma anche di simboli. E sarebbe un bel fatto e un bel simbolo l’implementazione, per esempio, di un vero e proprio piano quinquennale per la monnezza nella Roma che sui rifiuti, con Raggi, si stava giocando apparentemente tutto e in realtà nulla, tra proclami sugli inceneritori e presunti drammi eco-insostenibili di là da venire. Caro Gualtieri, vorrebbero dirgli amici e non amici che hanno a cuore Roma, dimentica ora il “vivere nascostamente” che poteva attagliarsi alle rarefatte atmosfere del Parlamento europeo. Qui purtroppo o per fortuna serve volto e narrazione.  

Di più su questi argomenti:
  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.