Il colloquio

Pd, asse tra Letta e Zingaretti: "Con Enrico va avanti la strategia unitaria contro le destre"

Per una volta in casa dem il segretario uscente e il suo successore non si fanno la guerra. Ma marciano uniti al motto: meglio Conte che Renzi. Mercoledì l'evento insieme

Simone Canettieri

Il governatore del Lazio al Foglio: "Il mio unico obiettivo è sempre stato tirare fuori il Pd da uno splendido isolamento suicida che portò alla disfatta del 2018”

Nicola Zingaretti, sembra esserci un asse fortissimo con Enrico Letta. Per la prima volta un ex segretario del Pd e il suo successore non si accoltellano: è una notizia?

“Il mio unico obiettivo – dice al Foglio il governatore del Lazio – è sempre stato tirare fuori il Pd da uno splendido isolamento suicida che portò alla disfatta del 2018”.

L’attuale linea dei dem è così riassumibile: toglieteci tutto, ma non Giuseppe Conte.

“No, con Enrico va avanti una strategia unitaria per riorganizzare un campo credibile e alternativo alle destre. È tempo dell’unità vera e della solidarietà che significa anche credibilità”. Zingaretti mercoledì organizzerà un’agorà lettiana sul Next generation Eu e i giovani. Vi parteciperà anche il segretario del Nazareno. La staffetta democratica funziona, ma è obbligata.  


Zingaretti e Letta si telefonano. Si scrivono. Parlano di candidature e strategie e, è facile pensare, anche di Quirinale. Si incontrano di mattina nella sede dell’Arel, lontani dal Nazareno pieno di occhi e orecchie. Sono la continuazione, l’uno dell’altro, della stessa linea politica. Ovvero: si può rinunciare a Carlo Calenda e Matteo Renzi, ma non al M5s. 

I due vengono da famiglie politiche e biologiche molto diverse. Tuttavia hanno, racconta chi li frequenta entrambi, un approccio simile all’acquario politico in cui sono immersi: parlano poco, preferiscono il profilo basso, al tweet di gaudio.   Non bisogna però farsi ingannare. Questa intesa si fonda anche su un fatto matematico non secondario: l’attuale segretario del Pd governa il partito con i numeri usciti dalle primarie di chi lo ha preceduto. L’assemblea nazionale non è cambiata: è sempre quella uscita dai gazebo e dai circoli del 2019. Così come appunto l’orizzonte. Con Zingaretti segretario la parola d’ordine fu: “Conte premier o voto”. Adesso con Letta segretario è:  “Bene Draghi, ma il nostro alleato è Conte”. E chissà forse anche il futuro candidato premier dell’alleanza rossogialla visto che l’Avvocato del popolo si è detto pronto alla competizione allargata con il Pd, forte di una popolarità che ancora, sondaggi alla mano, lo vede sul podio, subito dopo il premier.


C’è però un fatto nuovo. In un partito che vive di scissioni, e di Romolo e Remo, che ha salutato prima Pier Luigi Bersani e poi Matteo Renzi questa volta l’ex e il nuovo leader non si azzanno. Anche i rispettivi staff dialogano, senza la consueta guerra di spin e veline (per ora, per il futuro non si sa mai). Zingaretti si era accomodato in un ufficio al secondo piano del Nazareno, Letta si è trasferito in un altro, al terzo. Forse per scaramanzia. E’ facile immaginare i consigli che il governatore abbia dato all’ex premier quando gli ha dato in mano il giocattolo (di cui si vergognava). Zingaretti subì la scissione di Renzi e la guerra ad alta intensità di Base riformista. Letta è ritornato sette anni dopo il celebre “stai sereno”. E come primo atto ha sostituito i capigruppo di Camera e Senato, con la scusa di voler tinteggiare tutto di rosa, togliendo punti di riferimento a Br, specie a Palazzo Madama. Per il segretario del Pd la prima scelta per il Campidoglio era Zingaretti, così come nelle settimane scorse hanno ragionato sul seggio della Camera lasciato libero dal neo sindaco Roberto Gualtieri. Sono simili, dunque. Anche se Goffredo Bettini ha su di loro un ascendente diverso. Per Nicola è un padre politico a volte straripante, per Enrico un dirigente importante da ascoltare “ma la linea la esprimo io”, ripete spesso. Mercoledì, a Roma, Zingaretti e Letta parleranno  di progetti europei. Sono attesi, fra gli altri,  Paolo di Paolo,  Giuseppe Ippolito, Lidia Borzì, Veronica Pivetti, Francesca Reggiani, Giovanni Diamanti, Pietro Turani. Sarà la foto di un asse. Che è nelle cose e che guarda alle prossime elezioni. Quando Zingaretti sarà capolista del Pd nel Lazio.
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.