Foto Mauro Scrobogna /LaPresse

Passeggiate romane

I tre ostacoli che rendono più complesso l'accordo Pd-M5s al ballottaggio di Roma

L'insidia Raggi, il dubbio su Gualtieri, l'assenza di Letta. Lo stato di confusione fra i dem nella capitale è evidente, ma al Nazareno continuano a sperare nel soccorso giallo

Dal Pd ormai da giorni fanno filtrare la voce che, di fatto, c’è già l’accordo con il Movimento 5 stelle per i ballottaggi. Stando a queste indiscrezioni pilotate i pentastellati sarebbero pronti a votare per i candidati del Partito democratico quasi dovunque, persino a Roma. Ma così non è. Nella Capitale in particolare ci sono diverse difficoltà.


Il primo ostacolo è rappresentato da Virginia Raggi. L’attuale sindaca di Roma infatti sarebbe pronta a disconoscere pubblicamente un patto del genere. E questo creerebbe un’ulteriore spaccatura nel già diviso Movimento romano. Spaccatura che Giuseppe Conte, visti i sondaggi non esattamente lusinghieri che riguardano i 5 stelle non si potrebbe proprio permettere. E’ vero che i dem (non tutti, però) gli hanno fatto balenare, in cambio del suo appoggio a Roberto Gualtieri, il seggio dello stesso Gualtieri. Ma l’operazione è troppo rischiosa e l’ex premier non può certo fidarsi di Beppe Grillo, anche se l’elevato ha fatto sapere che lui non intende mettere bocca in queste faccende. Ma Grillo, si sa, è imprevedibile, e l’ex premier non può certo sperare che non gli faccia uno scherzetto all’ultimo.


C’è poi un secondo ostacolo. E anche questo è mica da poco. E cioè che non è affatto detto che Roberto Gualtieri vada al ballottaggio. Gli ultimi sondaggi riservati fotografano una realtà molto complicata in cui l’ex ministro dell’Economia è appaiato a Carlo Calenda e alla Raggi, che nelle ultimissime settimane sono avanzati di molto, soprattutto nella periferia. Quindi il rischio concreto è che al ballottaggio possa andare l’attuale sindaca o il leader di Azione.


Per cercare di rimuovere questo ostacolo i dem, che non si possono scagliare contro Raggi, visto che sperano ancora nel soccorso giallo dei 5 stelle, hanno concentrato i loro attacchi sull’ex ministro dello Sviluppo economico. Prendendo spunto da un’intervista in cui Giancarlo Giorgetti lascia chiaramente capire di preferire Calenda a Michetti, i dem come un sol uomo si sono scagliati contro il leader di Azione accusandolo di essere di destra. La speranza è che i voti del centrosinistra non vadano a Calenda. E questo la dice lunga sullo stato di confusione in cui versa il Pd a Roma.
 

Il terzo ostacolo è rappresentato dal fatto che Enrico Letta ha concentrato tutta la sua campagna elettorale a Siena e dintorni. E qualche dem se ne è avuto a male.
 

Comunque al Nazareno continuano a sperare che il soccorso giallo arrivi lo stesso nei ballottaggi. Secondo loro, lo testimonia il gioco delle parti tra il ministro Federico D’Incà e Giuseppe Conte. Il primo, come tutti sanno, è il ventriloquo dell’ex presidente del Consiglio. Ed è stato proprio D’Incà ad annunciare che gli accordi nei ballottaggi sono possibili. Conte ha poi frenato dicendo che si vedrà caso per caso. Ma in realtà è stato lui a muovere il ministro per i Rapporti con il Parlamento per vedere le possibili reazioni dei suoi. Visto che molti se la prendevano a male ha poi innestato la retromarcia. Ma al Partito democratico sperano ancora che il collegio di Roma 1 gli faccia gola e che sia disposto anche a spaccare il Movimento. Non tutti i dem, certo, perché quelli più accorti pongono l’accento sulle difficoltà di una simile operazione. Ma lo fanno solo in privato perché in pubblico anche gli esponenti di Base riformista plaudono all’operazione ballottaggi. Difficile per loro fare altrimenti, dal momento che sarà Enrico Letta a fare le liste delle prossime elezioni politiche, decidendo chi starà fuori e chi dentro.

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