Draghi al Cercle d'Economia: "Politica fiscale espansiva per preservare la crescita"

L’agorà per eccellenza della società civile di Barcellona ha assegnato al premier italiano un Premio alla costruzione europea. "Uscire con successo dalla pandemia richiede coordinamento, soprattutto all’interno dell’area euro"

Il presidente del Consiglio, Mario Draghi, oggi è a Barcellona, dove ha incontrato il premier spagnolo Pedro Sanchez, per un bilaterale al Palacio Albéniz. Sui temi al centro del colloquio non è trapelato nulla – non ci sarà alcuna conferenza stampa e il Palazzo è interdetto ai cronisti – ma è difficile immaginare che i leader di due dei paesi del Mediterraneo più esposti ai flussi non parlino della crisi migratoria. Oggi la questione è stata affrontata anche nell’incontro tra Draghi e il leader della Lega, Matteo Salvini, ricevuto a Palazzo Chigi in mattinata. Prima del faccia a faccia, Draghi è intervenuto al “Cercle d’Economia”: creato nel 1958, a ridosso della nascita della Comunità economica europea, è l’agorà per eccellenza della società civile di Barcellona. Per sottolineare la vocazione europeista, il Cercle ha istituito un ‘Premio alla costruzione europea’, che, alla sua prima edizione, verrà assegnato a Draghi per l’azione svolta come presidente della Bce. Nel pomeriggio nella sede del Foment del Treball, il premier italiano prenderà parte al foro di dialogo italo-spagnolo: si tratta di un appuntamento annuale che riunisce, alternativamente in Spagna e in Italia, rappresentanti di alto livello dei settori politico, accademico, imprenditoriale, economico e della comunicazione.

  

  

Ecco il testo integrale del discorso di Draghi al Cercle

 

 

Caro Presidente Sánchez,
Segretario di Stato Artigas,
Presidente Faus,
Presidente Bonet,
Collega González-Páramo,
Professore Mas,
 
Grazie per il vostro gentile invito di oggi.
Sono veramente grato di ricevere il primo Premio in assoluto di “Cercle d’Economia” per la costruzione europea.
Come ricordato dal Presidente Faus, questo evento affonda le sue radici nell’intuizione di alcuni giovani economisti, professori ed imprenditori di Barcellona, i quali nel lontano 1958 decisero di fondare questo Circolo.
Gli eventi come questo ci offrono una buona occasione per discutere apertamente e liberamente su come meglio affrontare le più pressanti problematiche economiche e sociali dei nostri tempi e su come proseguire sulla via dell’integrazione europea.
  
La pandemia da Covid-19 ha colpito le nostre vite e le nostre società in maniera devastante.
Hanno perso la vita almeno 3,8 milioni di persone – un quinto delle quali in Europa.
L’Italia e la Spagna sono tra i paesi più colpiti dalla pandemia con un totale complessivo di oltre 200.000 decessi.
L’incertezza creata dalla pandemia, assieme alle misure adottate per il suo contenimento, hanno inciso pesantemente sull’economia.
 
Il prodotto interno lordo dell’Unione Europea è calato di 6,1% - la maggiore contrazione mai registrata.
La riduzione più forte è stata registrata in Italia e in Spagna, dove il pil è calato rispettivamente dell’8,9 per cento e del 10,8 per cento.
Lo sviluppo di alcuni vaccini efficaci ha tracciato un percorso ben definito per uscire da questa crisi.
Sono state avviate ambiziose campagne vaccinali in tutta l’Ue, le quali stanno riuscendo a salvare vite e a ridurre la pressione sugli ospedali.
Quasi un europeo su due ha ricevuto almeno una dose di vaccino, e uno su quattro è completamente vaccinato.
Nell’ultima settimana nell’Ue sono stati registrati 140.000 nuovi casi rispetto a più di 1 milione solo due mesi fa.
  
Gli sforzi vaccinali ci hanno inoltre permesso di riaprire le nostre economie.
C’è un ritorno alla crescita.
Secondo le previsioni della Commissione europea, quest’anno il prodotto interno lordo dell’Ue crescerà del 4,2 per cento.
In Italia e in Spagna, si prevede un aumento rispettivamente del 4,2 per cento e del 5,9 per cento.
Queste previsioni potrebbero essere riviste al rialzo, con il ritorno della fiducia fra le imprese e le famiglie.
  
La rapidità di questa ripresa è anche merito dei responsabili politici di tutto il mondo.
Per tutta la durata della crisi, governi e banche centrali hanno implementato risolute misure di politica fiscale e monetaria a sostegno dell’economia.
I regolatori del sistema bancario hanno concesso moratorie sui prestiti, oltre a sospendere alcune delle loro norme prudenziali in modo tale da prevenire il rischio di una stretta creditizia.
Questo adeguamento tempestivo delle politiche non ha soltanto permesso di evitare una recessione ancora più profonda e di salvaguardare milioni di posti di lavoro, ma ha anche attenuato il rischio di isteresi, oltre a creare le premesse per una rapida ripresa economica.
  
Il protrarsi della situazione di incertezza significa che le ragioni per mantenere una politica monetaria e fiscale espansiva restano convincenti.
Il nostro obiettivo minimo deve essere quello di riportare l’attività economica almeno in linea con la traiettoria precedente alla pandemia.
Solo allora potremo dire di aver superato gli effetti della crisi sanitaria sulle nostre società e sull’occupazione.
Tuttavia, secondo le previsioni attuali, non sarà possibile raggiungere tale obiettivo senza ulteriori sforzi.
Dobbiamo quindi agire rapidamente ed efficacemente.
  
Durante la pandemia, abbiamo utilizzato strumenti importanti per proteggere la capacità produttiva delle nostre economie.
L’espansione di bilancio si è maggiormente focalizzata sul mantenere in vita le imprese e salvaguardare il lavoro.
Abbiamo protetto il lato dell’offerta delle nostre economie e ora dobbiamo fare in modo che la domanda aumenti per raggiungere tali livelli di offerta.
  
L’obiettivo ideale sarebbe quello di superare la traiettoria di crescita pre-pandemia.
Con livelli di attività più alti di prima, potremo compensare l’aumento del debito registratosi durante la crisi sanitaria.
È necessario che l’occupazione aumenti in maniera più celere, per creare i posti di lavoro di cui abbiamo bisogno.
L’economia globale sta attraversando una fase di profondi cambiamenti, tra cui la transizione ecologica e digitale, che richiederanno una riallocazione della forza lavoro.
È fondamentale mantenere favorevoli le condizioni della domanda per poter garantire un sostegno ai lavoratori, che stanno affrontando un rischio crescente di dislocazione. 
  
Le prospettive complessivamente favorevoli, però, nascondono alcuni rischi significativi.
Benché la situazione pandemica sembri sempre più sotto controllo, siamo ancora lontani dalla fine.
Gli sforzi vaccinali fino ad adesso si sono concentrati nel mondo ricco.
Solo lo 0,3 per cento del totale di dosi è stato somministrato nei paesi a basso reddito, mentre i paesi più ricchi hanno distribuito l’85 per cento del totale.
Questa differenza non solo è eticamente ingiusta, è anche molto pericolosa.
Fintanto che il virus continuerà a circolare liberamente, ci sarà sempre un rischio di nuove varianti. Una o più di esse potrebbero essere resistenti ai nostri vaccini, compromettendo il successo delle nostre campagne.
Dobbiamo continuare ad investire nella ricerca, oltre ad accelerare l’impegno a garantire un accesso diffuso ai vaccini.
Sostenere i nostri scienziati ci porrà anche in una situazione decisamente migliore nel caso in cui dovessimo affrontare un’altra pandemia.
  
Dopo un lungo periodo in cui l’inflazione mondiale è rimasta troppo bassa, di recente è iniziata ad aumentare.
Il tasso di inflazione nell’area Ocse ha raggiunto il 3,3 per cento in aprile, in aumento rispetto al 2,4 per cento di marzo – il tasso più alto dal 2008.
La maggior parte degli economisti ritiene che tale effetto sia temporaneo, dovuto alla combinazione di domanda arretrata e dei colli di bottiglia a breve termine dal lato offerta.
Nell’area euro non si è spostato di molto il tasso d’inflazione di fondo – ossia il tasso d’inflazione che esclude l’energia ed altre voci volatili – mentre negli Stati Uniti tale tasso è aumentato.
Dobbiamo restare vigili di fronte alla possibilità che nel futuro le aspettative di inflazione possano variare.
Dobbiamo inoltre monitorare il rischio di divergenza tra l’economia dell’area euro e quella degli Stati Uniti, e le relative conseguenze per quanto riguarda la posizione delle rispettive banche centrali.
 
Considerando i livelli alti di indebitamento nel mondo, le decisioni delle autorità monetarie risultano di particolare rilevanza.
Nel 2020 il rapporto debito/pil nell’UE è aumentato di 16,7 punti percentuali.
In Spagna, tale rapporto è aumentato di più di 25 punti percentuali ed in Italia di 15,8 punti percentuali.
Inoltre i governi hanno fornito alle imprese delle garanzie generose.
Alla fine del 2020, solo nei quattro paesi Ue più grandi, tali garanzie ammontavano a quasi 450 miliardi di euro.
 
In caso di fallimenti aziendali, dette garanzie potrebbero portare ad un livello di debito sovrano ancora più elevato in futuro.
Anche le imprese hanno aumentato in modo significativo il loro indebitamento.
Tra l’ultimo trimestre del 2019 e l’ultimo trimestre del 2020, il rapporto tra debito e fondi propri per le imprese non finanziarie più grandi d’Europa è passato dal 220% al 250%.
 
Una politica fiscale espansiva è essenziale per preservare la crescita.
Una tale politica permetterà, a sua volta, di ridurre l’indebitamento – sia pubblico che privato.
 
Tuttavia, anche gli investitori vanno rassicurati sul fatto che si ritornerà alla prudenza fiscale non appena la ripresa proseguirà in maniera autonoma.
Ecco perché ora ci stiamo concentrando sulle spese fiscali non ricorrenti, ed è anche il motivo per cui dobbiamo concentrare queste spese laddove l’impatto sulla crescita sarà maggiore.
Un sistema di ancoraggio a lungo termine aiuterà a tenere bassi i tassi di interesse e permetterà ai governi di continuare a rafforzare gli investimenti.
 
 
Infine, dobbiamo fare in modo che la ripresa sia equa e sostenibile.
Nel recente passato ci siamo dimenticati dell’importanza della coesione sociale.
In seguito alla crisi del debito sovrano europeo, il numero di persone nell’Ue a rischio di povertà o di esclusione sociale è aumentato di 3,5 milioni – e quel numero non è ancora tornato ai livelli pre-crisi.
Abbiamo dato la democrazia per scontata e abbiamo ignorato il rischio del populismo.
Le nostre società stanno attraversando dei cambiamenti economici importanti e dobbiamo dare un sostegno ai lavoratori attraverso politiche attive del mercato del lavoro.
Questo vuol dire creare nuove opportunità per le donne e per i giovani, oltre a riqualificare tutti coloro che hanno perso il lavoro.
Allo stesso tempo, durante questa ripresa, dobbiamo garantire una maggiore attenzione al cambiamento climatico.
Non possiamo uscire dalla crisi sanitaria per poi entrare, da sonnambuli, in una crisi ambientale.
 
Come ha scritto Jean Monnet, “l’Europa sarà forgiata dalle sue crisi e sarà la somma delle soluzioni trovate per risolvere tali crisi”.
Uscire con successo dalla pandemia richiede coordinamento, soprattutto all’interno dell’area euro.
Dobbiamo continuare a rafforzare le nostre istituzioni e a favorire un clima di fiducia reciproca.
E dobbiamo restare uniti – come europei – per affrontare le sfide più grandi dei nostri tempi – il cambiamento climatico e la disuguaglianza.
Da decenni, il resto del mondo guarda all’Europa per la sua capacità unica di combinare equità e prosperità.
Di questo siamo orgogliosi.

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