Il colloquio

Molinari: "La federazione con FI? Nessun nuovo partito: la Lega non si tocca"

Fermento tra i parlamentari. I peones sono preoccupati per il seggio e anche i big rumoreggiano. Alla fine il capo leghista è costretto a chiarirsi: nessuna fusione né annessione

Simone Canettieri

Il capogruppo alla Camera del Carroccio: "C'è un non detto, che non sappiamo, in questa storia. E lo sanno solo Berlusconi e Salvini. Noi tutti, compreso Giorgetti, eravamo all'oscuro di tutto"

C’è un non detto, questo mi sembra chiaro”. Riccardo Molinari apre le braccia. Da quando Matteo Salvini ha rispolverato l’idea della federazione, il capogruppo della Lega alla Camera non fa altro che ricevere deputati. Sono curiosi, preoccupati per il futuro seggio, perplessi, contrari a questa operazione.

A tutti risponde la stessa cosa: “Io non ne so nulla. Nemmeno Romeo, perfino Giorgetti. Sì, anche Giancarlo: eravamo tutti all’oscuro”.  

E così le truppe che seguirono Salvini dritte dritte fino al burrone del Papeete quasi due anni fa, adesso rumoreggiano. Alla Camera, ma anche al Senato, è tutto un pissi pissi. Cortile di Montecitorio, acquazzone da poco terminato. Peones leghisti in fermento. Si masticano cattivi pensieri, da queste parti. “Ma davvero candidiamo alle prossime politiche Ghedini in Lombardia?”. Oppure: “Qui c’è lo zampino del suocero di Matteo, sicuro”.

E cioè Denis Verdini, il papà di Francesca. “Ma possibile che nessuno sappia niente? Ma possibile che Matteo parli solo con Durigon?”.  
Non è un mistero che il moto d’insofferenza alla fine sfoci nell’ipotetico piano B di qualche parlamentare: “Quasi quasi chiedo alla Meloni se mi prende”. Parole in libertà, dietro la promessa dell’anonimato. Le purghe sono sempre dietro l’angolo.

E infatti nelle chat nessuno ha il coraggio di scrivere qualcosa: la Lega è da sempre un partito leninista, si sa, e il Capitano non si discute, ma si ama. Almeno così dicono tutti pubblicamente. 
Tuttavia quest’ultima trovata oggi (domani chissà) sembra essere come l’ovo sodo di Virzì che “non va né in su né in giù”. 

“Mi sento dire – continua Molinari – che non ci sarà un nuovo partito con Forza Italia, i nostri elettori non lo vorrebbero. La Lega è la Lega e non si cambia”.

Il capogruppo del Carroccio a Montecitorio sta in piazza Capranica, dietro la Camera, sotto le tende di un’enoteca. Si ripara dalle ultime gocce fastidiose che vengono giù. E tanto per cambiare sta parlando con due deputati che gli chiedono aggiornamenti. La scena è questa: la coppia parla, apre le braccia, scuote il capo, e se ne va sconsolata. L’intendenza seguirà, certo. Ma intanto è tutto così sospeso e precario. Al punto che in molti pensano che alla fine, anche questa volta, l’idea della federazione tornerà in soffitta. Salvini non la pensa così però. 
Scusi capogruppo Molinari, ci aggiorna? Ci dica che succederà. Lei in fin dei conti dovrebbe essere il perno parlamentare di questo nuovo predellino, o no? “Mi piacerebbe esserle d’aiuto. Ma  ho appena risposto ai miei due colleghi che non ho novità, e che aspetto di parlare di questa faccenda della federazione con Matteo, per capire cosa ha in mente. Di sicuro lo sanno in due: lui e Berlusconi. Stop. E a tutti noi sta sfuggendo qualcosa”. 


Molinari dice che non c’è solo un problema burocratico – cioè la fusione del personale dei due gruppi che comunque sarebbe un problema di risorse e contratti – ma che esiste una questione politica e identitaria tutta da capire. “A naso posso pensare, ma parlo per ciò che sto leggendo sui giornali, che questa mossa sia propedeutica a un nuovo partito”. 
Forza Lega, le piace? “Il fatto non è convivere con gli amici di Forza Italia Dopo essersi ciucciati per oltre un anno i grillini non abbiamo paura di nulla, anzi. Ma al momento così ci sono troppi aspetti ignoti. Serve in chiave europea questa federazione? Serve per la partita del Quirinale? Serve per le politiche? O per il governo? A cosa serve?”. 

Sta tutto nella testa di quei due. Di Salvini e Berlusconi che ci credono sul serio. Con una differenza di approccio notevole. Il primo non fa altro che lanciare e rilanciare questa nuova avventura, l’altro, il Cav., smorza, smussa e frena. Dentro la Lega il dissenso è silenziato, dentro Forza Italia è esploso. E così intanto il capo del Carroccio si diverte a disegnare cerchi nel futuro. E vendemmia sondaggi. Tipo questo di Enzo Risso, diffuso ieri per eccitare gli animi. Una federazione di centrodestra - formata da Lega, Forza Italia e centristi - oggi si attesta al 31,6 per cento ma ha un valore potenziale tra il 34 e il 37 per cento.  La federazione raccoglierebbe il 5 per cento degli elettori del Movimento 5 Stelle, il 2 per cento degli elettori del Pd, il 14 per cento degli indecisi. Ma un’operazione parlamentare, e dunque di Palazzo, potrebbe davvero essere così efficace nelle urne? Alessandra Ghisleri, che è la direttrice di Euromedia Research, qualche dubbio lo nutre. Spostare elettori è più difficile che spostare parlamentari, dice. Salvini sa di avere per la prima volta le truppe davvero agitate. Tanto che a metà giornata ripete che “non sarà un’annessione, ma nemmeno una fusione” e che l’ala giorgettiana non esiste in quanto è una “categoria dello spirito”. Si punta dunque a uno speaker, una voce unica in questa babele.
 

  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.