Una scena di Silence, film del 2016 diretto da Martin Scorsese 

Stagione dell'abiura

Salvatore Merlo

I neo pentiti: Raggi, Di Maio, Salvini, Conte, Fedez, Santoro. C’è pure il “mi vergogno” di Mieli 

È l’ultima frontiera dell’onestà, la moda di questa primavera-estate, quasi un algoritmo. E vista l’estensione del fenomeno, forse è addirittura la nuova banalità italiana (che a volte nasconde una  vecchia furbizia). Sempre infatti si abiura per evitare l’autodafé, i berretti da somaro e il supplizio. Così adesso tutti dicono: scusate ho sbagliato, mi pento. Ecco allora Virginia Raggi prendere le distanze dalla donna che ha sin qui portato il suo nome. Mai più arance a Ignazio Marino. Mai più manette gettate in testa agli avversari. E le Olimpiadi? Era meglio farle. Perdonatemi, se potete. E come Roberto Fico sconfessa se stesso e si duole d’aver lottizzato la Rai alla stregua d’un democristiano, così anche Luigi Di Maio, dopo i gilet gialli, ora disconosce la democrazia diretta che fu sua bislacca religione.

 

 

L’abiura, dunque, fenomeno di questi mesi e di questo tempo mobilissimo che vede tra le altre cose Matteo Salvini rinnegare i suoi trascorsi da scapigliato no euro (Borghi&Bagnai, chi erano costoro?), allo stesso modo in cui Giuseppe Conte disconosce i decreti sicurezza che pure firmò. Servono vestiti nuovi per il tempo nuovo. Tempo di Mario  Draghi, uno dei pochi che nell’Italia dei pentiti non abiura.  

 

Ma ’ndo vai, se l’abiura non ce hai? Fedez, per esempio, dal palco del Primo maggio rinnega gli anni delle rime omofobiche. E Michele Santoro con un libro   ripudia un decennio di sue trasmissioni su Ciancimino e la trattativa stato-mafia. C’era una volta il mitologico Ingroia collegato dal Guatemala. Scusate, ho sbagliato: le bombe non le ha messe Berlusconi.  

 

 

Pure il maestro Paolo Mieli qualche giorno fa in tivù ha detto “io mi vergogno” di aver firmato il manifesto contro il commissario Calabresi. E qui siamo evidentemente  nel solco nobile di quel “mi ver-go-gna-vo” scandito sul Foglio da Norberto Bobbio a proposito del fascismo  in una famosa intervista di Pietrangelo Buttafuoco.  

 

C’è abiura e abiura, qualcuna è più alta, qualche altra decisamente meno. C’è infatti chi sa che dopo un’abiura non si potrà mai più essere uguali, e chi invece avendo la forma dell’acqua è forse destinato a tornare al punto di partenza. D’altra parte il pentimento, fedele compagno e seguace del castigo, talvolta si manifesta con un grado di ravvedimento non incompatibile con il perseverare nel peccato. Il virologo Galli infatti dice a giorni alterni “è l’ultima volta che vado in tivù”. Si pente. Ma la sera dopo è di nuovo lì. Mentre la sua collega Antonella Viola, che prima criticava gli scienziati presenzialisti, ora è sempre in televisione. S’è pentita pure lei. Insomma l’abiura è davvero nell’aria italiana o nelle tubature dell’acqua delle nostre città. La si respira e la si beve, si diffonde più del virus.

 

 

C’è il comandante dei carabinieri, Teo Luzi, che si appella alla piccola Greta. “Impariamo da lei”, dice. E così in un attimo il carabiniere abiura l’istituzionalità per sposare il movimentismo. Anziché accompagnare la giovane Greta a scuola, si siede per terra accanto a lei con un cartello al collo.

 

Resta per fortuna una sicurezza. Qualcosa di fermo, familiare, certo, praticamente immobile: il Pd di Enrico Letta. Qui non solo non esiste l’abiura, ma si va spensieratamente incontro al mondo nuovo recuperando l’abito vecchio: il Mattarellum per impastare e l’Ulivo per germogliare. Un po’ come quelli che non fanno il download e comprano il vinile. E allora forse non tutte le abiure vengono per nuocere.

  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.