Foto LaPresse

La trasfigurazione trasformista è un blob. Bisogna stare al gioco

Giuliano Ferrara

Il sovranismo si è fatto europeista, governativo in guanti bianchi. Draghi deve battersi per la riforma del capitalismo, deve erogare e welfareggiare. Vedo identità deboli e un gran baccano postpandemico 

Il trasformismo trasfigurante e trasfigurato colpisce ancora, dove meno te lo aspetti. Conte si sapeva, da avvocato del popolo a inviato speciale dell’Europa e rifondatore. I grillini si sapeva, da antipolitici con il coltello tra i denti a rimpannucciati con bibita calante, da Rousseau a Locke. I liberali uninominali e maggioritari si salveranno solo con una robusta legge elettorale proporzionale. La sinistra socialista non trasfigurante è in calo ovunque, nel cuore laburista britannico, in Germania con la Spd ai minimi, in Francia ha cessato di esistere dopo i croissant di François Hollande, in Spagna governa periclitante e una parte di essa lascia la politica con il codino, in Italia è costretta alle note acrobazie e va verso il redde rationem, a quanto pare, ma è l’unica che nella metamorfosi e nella trasvalutazione dei valori accenna un po’ di resistenza o resilienza, boh. Il sovranismo si è fatto europeista, governativo in guanti bianchi, cede terreno al demagogico neofasciopopulismo, epperò gareggia nella Superlega. E Draghi?

 

Draghi non è un politico tradizionale, è superpolitico, questo lo segnalammo per tempo. Ma è nella situazione di Biden, Jo Biden, Bernie Biden o Jo Sanders. Deve battersi per la riforma del capitalismo, deve pronunciarsi incessantemente contro le diseguaglianze, deve liberare le grandi imprese farmaceutiche dei lacci e lacciuoli dei diritti di proprietà privata dei brevetti, deve erogare e welfareggiare a più non posso, c’è anche un bonus per i separati in casa della pandemia, piovono concessioni demaniali in culo alla Bolkestein, i ristori diventano sostegni, le infrastrutture ce le pagherà l’Europa, cortese, mille grazie, ma a patto che, e questo è gigantesco, impariamo a spendere in fretta il debito buono e a ingigantirlo se necessario, magari dipingendolo di verde transizionale. No al revisionismo storico, ora e sempre Resistenza, e con il nostro plauso di filato al Quirinale, l’unico lavoro non usurante che si conosca, sembra fatto apposta per lui come garante sommo di Repubblica e di Europa.

       

Bisogna stare a questo gioco, non c’è niente da fare, è il gioco italiano che si espande come un blob, come una melassa. Il generale de Gaulle ci ha lasciato solo Macron, un fenomeno politico così legato alla peculiarità della Quinta Repubblica. Per quanto ancora? Chissà. E poi c’è il suo compare conservatore di pesci in faccia, BoJo, che con la Brexit, indossata all’ultimo momento per vivacità personale, vaccina e vince a tutto spiano. (A proposito, una signorina di Radiotre che leggeva i giornali ha detto giovedì scorso al mattino che i premier maschi sono troppo muscolosi e mandano le flotte a difendere i pescherecci, forse si è scordata della Thatcher e delle Falkland, o è nata dopo, nata ieri, sarà una femminista liberale).

       

La trasfigurazione trasformista, trasfigurante e trasfigurata, penetra i sistemi istituzionali, quali che essi siano, invade il campo della politica di destra e di sinistra, occupa saldamente un potenziale e inesistente centro, si dilata a bipolarismo all’occasione, ma insomma con la morte delle ideologie e la caduta del Muro di Berlino sappiamo ormai che possiamo stare in ogni luogo, in ogni elsewhere, e nello stesso luogo, tanto fa lo stesso. E poi dicono la identity politics, poi suggeriscono le guerre culturali e il multiculturale come origine dei nuovi movimenti, delle nuove correnti, dei nuovi valori della classe media spossessata dalla globalizzazione. Sarà. Vedo identità deboli, fattori complessi di sviluppo e retrocessione storica, vedo un gran baccano pandemico, postpandemico, e in tutto questo chiasso la vibrazione musicale intontisce le migliori intelligenze. Compresa la mia, modestamente.   

Di più su questi argomenti:
  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.