Si fa presto a dire Recovery

I cento giorni decisivi del governo Draghi

Claudio Cerasa

Maggio: semplificazioni e appalti. Giugno: giustizia e  corruzione. Luglio: concorrenza e fisco. Il Pnrr apre una nuova stagione: la fine dell’insindacabilità di Draghi. Così si misurerà il coraggio del governo

Il percorso di avvicinamento alla scadenza ufficiale per la presentazione in Europa del Recovery plan proietta Mario Draghi in una nuova stagione che verrà dominata da un dato politico da cui dipenderà il destino dell’Italia, il futuro del Parlamento, l’orizzonte del governo, la traiettoria dei partiti, la successione a Sergio Mattarella e il domani stesso del presidente del Consiglio. Il nuovo orizzonte politico è quello che scatterà all’indomani del 30 aprile, quando la fase della sostanziale insindacabilità delle decisioni di Draghi (c’è qualcuno contrario ad avere più vaccini e ad avere un Recovery ambizioso?) lascerà il posto a una fase più complessa che sarà caratterizzata da una sostanziale e improvvisa sindacabilità delle decisioni del governo.

 

 

Fino a oggi, Mario Draghi ha dovuto principalmente difendersi dall’accusa sostanziale di essere troppo in continuità con Conte (accusa del centrodestra) o di essere troppo in discontinuità (accusa del centrosinistra). E la stessa opposizione, ieri in Parlamento, ha dovuto compiere un triplo salto carpiato con avvitamento laterale per poter giustificare le ragioni del suo no al Recovery plan – Giorgia Meloni, la Tania Cagnotto del Parlamento, ieri in Aula, durante il dibattito con Draghi, ha compiuto un’acrobazia favolosa, sostenendo, dopo aver passato settimane a dire che il governo Draghi somigliava troppo al governo Conte, che il vero problema del Recovery di Draghi sia legato al fatto che il premier ha cancellato tutto ciò che l’opposizione aveva fatto con Conte sul Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). Il passaggio dalla fase dell’insindacabilità a quella della sindacabilità che comincerà a partire dal primo maggio è una fase che avrà l’effetto non solo di creare una distanza maggiore tra il governo e l’opposizione ma anche di creare delle divaricazioni improvvise all’interno della stessa maggioranza. E come lo stesso Draghi ha perfettamente capito l’unanimità sostanziale di cui gode la sua maggioranza potrebbe presto diventare un lontano ricordo.

 

La ragione l’ha in qualche modo fotografata ieri mattina lo stesso presidente del Consiglio quando, alla fine della sua replica alla Camera, illustrando la tempistica della presentazione delle riforme presenti nel Pnrr, si è lasciato scappare un ironico e preoccupato “certo, tanti, eh, a maggio”. Il riferimento di Draghi è al calendario fitto di fronte al quale tra pochi giorni si troverà il suo governo e, a giudicare da ciò che è stato scritto nero su bianco nel Pnrr, la strada per arrivare in forze alla fine del 2021 non sarà lastricata di soli vaccini. Mettetevi comodi. Entro l’8 maggio, la commissione istituita dal ministro della Giustizia in materia di processo sanzionatorio del penale, nonché in materia di prescrizione del reato, dovrà presentare una relazione che entro la fine dell’anno prenderà la forma di una legge.

 

Entro maggio, il governo dovrà approvare un decreto legge contenente gli interventi urgenti di semplificazione, non solo a carattere trasversale, ma anche settoriale, a partire da quelli “strumentali alla realizzazione dei progetti finanziati nell’ambito del Pnrr”, compresi quelli in materia ambientale, da approvare entro maggio in Cdm e da convertire in legge entro metà luglio, subordinando tutti gli altri interventi sul tema delle semplificazioni all’approvazione di altre leggi ordinarie da approvare entro il 2021.

 

Entro maggio, come ricordato ieri da Draghi, dovrà essere avviata la mappatura dei piani di investimento previsti dai privati “per identificare le aree del paese che, senza interventi del governo, resterebbero sfavorite”, per poter essere coerenti con l’obiettivo di portare entro il 2026 la banda larga in tutta Italia. Entro giugno, ancora, il ministro della Giustizia dovrà individuare un testo base su cui proseguire l’esame per migliorare il sistema elettorale e il funzionamento del Csm che dovrà essere calendarizzato in Aula non oltre il 30 dello stesso mese. Entro fine maggio, ancora, dovranno essere adottate con decreto legge le misure necessarie per superare gli attuali regimi sul tema dell’assegnazione degli appalti pubblici, con un successivo disegno di legge delega da presentare in Parlamento entro il 31 dicembre 2021 e da far seguire da decreti legislativi da adottare entro nove mesi dall’entrata in vigore della legge delega.

 
Entro la fine di giugno, una commissione interministeriale partorirà uno “schema di disegno di legge in materia di incentivazione alle imprese, con particolare riferimento alle attività economiche ubicate nel Mezzogiorno d’Italia” e su questo tema la presentazione del disegno di legge alle Camere è prevista entro il 30 settembre. Sempre entro giugno, iniziano un po’ a venire le vertigini, vi sarà un disegno di legge delega per definire un sistema di “abrogazione e revisione di norme che alimentano la corruzione” che verrà presentato in Parlamento, con un termine di nove mesi dall’approvazione per l’adozione dei decreti delegati.

 

Entro luglio poi verrà presentato in Parlamento il disegno di legge annuale per il mercato e la concorrenza e sempre entro la fine di luglio il governo presenterà una legge di delega “da attuarsi per il tramite di uno o più decreti legislativi delegati” che “terrà adeguatamente conto del documento conclusivo della indagine conoscitiva sulla riforma dell’Irpef e altri aspetti del sistema tributario”.

 

In altre parole, per non essere troppo dispersivi, nel giro di pochi mesi Draghi dovrà trovare un modo per fare sulla concorrenza, sulla semplificazione, sulla giustizia, sulla Pubblica amministrazione, sugli appalti, sul fisco, sull’anti corruzione tutto quello che i partiti non hanno avuto la forza di fare negli ultimi anni.

 

E’ possibile che Draghi riesca a portare la Lega su una linea opposta a quella avuta finora sulla concorrenza (la concorrenza non è un ostacolo, ma un aiuto anche per i piccoli commercianti). E’ possibile che Draghi riesca a portare il M5s su una linea opposta rispetto a quella avuta negli ultimi anni sulla giustizia (la lentezza della giustizia non dipende dalla propensione a delinquere degli italiani, ma dipende dalla difficoltà di misurare il rendimento dei magistrati). E’ possibile che Draghi riesca a portare il Pd su una linea opposta rispetto a quella avuta negli ultimi anni sulle semplificazioni (sarà interessante vedere il Pd votare norme che derogano alle stesse leggi sugli appalti e sull’ambiente fatte dal Pd).

 

 

Non dubitiamo di tutto questo  ma dubitiamo fortissimamente del fatto che la maggioranza che abbiamo osservato fino a qui possa continuare a essere con continuità la stessa anche nei prossimi mesi quando più o meno a tutti i partiti verrà chiesto più o meno ogni settimana di votare una legge che più o meno costringerà gli stessi partiti ad archiviare un pezzo del proprio passato.

 

L’attuazione del Recovery sarà una sfida per i partiti, e per la loro capacità di rinnovarsi, ma sarà anche una sfida per Draghi, che avrà l’occasione di dimostrare se, nei prossimi cento giorni, oltre a una visione mica male avrà anche un coraggio all’altezza della situazione. Good luck.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.