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Furbetti del Covid: denunciare o non denunciare?

Giuliano Ferrara

Il problema di Alessandro Gassmann con i vicini che violano le restrizioni comincia nel Cinquecento

Secondo Tim Parks, l’inglese che ci conosce bene, e che ora è anche italiano, siamo tutta appartenenza, tutta lealtà, e il tradimento è un disvalore che copre ogni cosa e esclude anche gli atti di civismo. Un po’ ha ragione, come succede in tutte le generalizzazioni antropologiche etniche o nazionali, quelle che ora la cancel culture vuole vietare fino a impedire il modesto riferimento agli occhi a mandorla di molte stirpi asiatiche. Eppure l’Italia di oggi è figlia di due estensioni del dominio del tradimento: una sacrosanta, la delazione come strumento di lotta alla mafia e al terrorismo, quale che sia il giudizio sul controllo giudiziario debole e spesso perverso di fenomeni come il pentitismo; l’altra fortemente dubbia o decisamente penosa, l’estesa rete di delazioni pelose e pelose chiamate in correità di cui fu tessuta la stagione delle cosiddette “mani pulite”, l’epoca feroce del si salvi chi può e del mors tua vita mea. In forme varie, tra cui quelle fanatiche e moralistiche che hanno determinato il cambiamento della nostra costituzione materiale di sistema e la fine dei partiti, il disvalore del tradimento come slealtà e inganno ha fatto la sua corsa anche nel paese dell’omertà e dell’appartenenza santificate. Di civismo a volte stolidamente e crudelmente malinteso siamo stati campioni, dunque.

 

Con la pandemia e la dittatura dolce delle regole, quando si scopre che comportarsi in un certo modo, secondo i dettami imposti da una crisi sanitaria, vuol dire rispettare se stessi e gli altri, il problema si ripropone. Alessandro Gassmann ha messo in pubblico via Twitter il suo dilemma: i miei vicini si assembrano oltre misura, con chiasso e strafottenza, non so se denunciarli e farli multare per infrazione alla regola comune che interdice le feste collettive oppure scegliere il quieto vivere e convivere. Sarebbe, la denuncia, un caso di whistleblowing, la formula intraducibile, anglosassone, che fa di chi indica con precisione una violazione di regole che sono diritti collettivi una specie di eroe, di prezioso testimone della legalità come ideologia o religione a tutela della nostra libertà.

 

Fischiare un fallo e chiedere l’ammonizione vuol dire che tutti noi siamo arbitri e guardalinee del campo di gioco, e possiamo e dobbiamo arrogarci il potere di sanzionare i comportamenti scorretti che ledono il bene comune con la nostra testimonianza. Ma perché ci si possa sentire arbitri bisogna che il regolamento sia chiaro e occorre che il fischiatore di falli rivesta una posizione neutra rispetto al gioco. Questo, la regolarità delle regole e la neutralità dell’osservatore, è qualcosa che fondamentalmente ci manca. Più che omertosi, siamo scettici. Il disvalore del tradimento nasce dalla debolezza dei valori che è chiamato a sfidare, quando sia nella forma della denuncia civile. E si conferma nel sospetto, che grava su noi stessi e sugli altri, di una impossibile neutralità di partenza. In una parola, siamo ferocemente relativisti. Gli assoluti, per natura non negoziabili, ci sembrano fisime dell’ideologia. Il nostro stesso profilo individuale non ha alcunché di assoluto, è sempre relativo alla situazione data, va valutato con discrezione guicciardiniana come specchio del particulare, caso per caso, e il particulare non è solo un meschino interesse limitato e incurante dell’interesse generale, è anche una filosofia di esistenza.

 

Tutto il problema di Alessandro Gassmann comincia nel secolo XVI, nel Cinquecento. Gli americani ne sanno nulla per mancanza di radici storiche in quel secolo, dunque il civismo per loro non fa problema, è un presupposto generale dell’organizzazione sociale. Gli inglesi a quel tempo costruivano, con la Riforma autoctona del cattolicesimo e con la monarchia nazionale e le regole come balance of powers, un sistema che non ha paura della slealtà se questa è leale alla consuetudine interpretativa della legge. Insomma, per decidere se denunciare o no il vicino di casa che fa festa in spregio alle norme antivirali, bisogna consultare i gesuiti e i machiavelli che qui abbondano.

 

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.