Mario Draghi (foto Ansa)

Draghi al Quirinale? Il Parlamento ha i voti ma la decisione sarà sua

Giuliano Ferrara

Strologare in anticipo su un’elezione arcana come quella del presidente della Repubblica, che però per la sostanza è già avvenuta, è un esercizio stucchevole e vano

Sconsiglierei chiunque dallo strologare in anticipo sul prossimo presidente della Repubblica. Intanto perché il modo dell’elezione è esoterico, come tutti sanno ma nessuno mette mai in discussione, trattandosi dell’ultimo tabù. Non ci sono in ballo candidati e candidature, non ci sono programmi etico-costituzionali, per non dire idee politiche, non ci sono scadenze di rito tranne l’apertura a data certa di una sessione parlamentare riunita nella forma del seggio elettorale, e lì al buio si vota; c’è solo il fumo e anche l’arrosto, o la sostanza, del prestigio personale di personalità “eventuali”, della loro centralità “eventuale” in un dato equilibrio parlamentare che però è un arcano, è trasversale, sconta tradimenti e rovesciamenti di fronte, mentre s’intrecciano tendenze di medio periodo e fatti dell’ultima ora. 

Sarà perché lo si voleva semplice notaio della Repubblica, malgrado i vasti poteri espressamente politici conferitigli o acquisiti nella prassi della costituzione materiale, ma proprio di questo si tratta nell’elezione del custode supremo: una riservata decisione notarile esposta a tutti i venti e alle correnti della politica professionale ma in modo sotterraneo, al posto delle piattaforme di candidatura c’è la propalazione dei profili ideali, ci sono vaghe ambizioni notabilari.

Stavolta è diverso, almeno in apparenza. Un italiano considerato un po’ speciale, e che ha percorso i gradi di una carriera tecnica e politica di primissimo ordine, appena accolto alla guida del governo come salvatore della Patria, si troverà nel 2022 nella naturale posizione, per prestigio, per età, per esperienza, per collocazione ideologica e politica, per i risultati sulla scena italiana e internazionale, di poter scegliere se trasferirsi, cosa mai avvenuta in passato, da Palazzo Chigi direttamente alla residenza papalina del Quirinale. Vero che i meccanismi della politica parlamentare, la ovvia tendenza a scegliere “uno di noi”, le legittime ambizioni di altri nomi di prestigio, le circostanze della politica e del governo, unità nazionale o nuove elezioni, continuità, emergenze eccetera, possono determinare sorprese. Ma allo stato dei fatti l’unica previsione seria possibile è che, se le cose per l’anno prossimo si disporranno su un piano inclinato di normalizzazione e discesa dall’emergenza sanitaria, economica, sociale, starà a Draghi stesso decidere per il suo futuro, che ovviamente non è solo un fatto personale.

Si può scommettere che la riservatezza notoria della persona non sarà rinnegata e che alla fine anche l’eventualità di un trasferimento, di rilevante valore politico e istituzionale, arriverà come una scelta priva di pulsioni, emozioni, passioni, una specie di nuovo appello al di sopra delle parti, insomma una definitiva consacrazione. Draghi non offre indizi, com’è nel carattere di tutto il suo cursus, anche al momento dei gesti più clamorosamente decisionisti. Richiesto di un giudizio sulla durata del governo, si limitò a dire che sarà il Parlamento a decidere. Ecco, qui forse è l’unico elemento su cui si può scommettere, magari in contrasto con la dichiarazione del presidente del Consiglio. Il Parlamento ha i voti, ma la decisione sarà di Draghi. Non avrà nemmeno bisogno di presentarsi come una decisione, basterà una disponibilità. Il perché è tanto ovvio da non richiedere di entrare nei dettagli. Intorno al suo nome si è già sperimentata la formazione di una maggioranza presidenziale, il suo scrupoloso rispetto delle norme e delle abitudini di una Repubblica parlamentare, a partire dal lungo ciclo di consultazioni dei partiti che ha generato l’unità nazionale, denota un tratto intimamente politico più che tecnocratico o d’eccezione. In un certo senso Draghi è già stato eletto successore di Mattarella, designato alla missione dal predecessore, ma con la dovuta discrezione e con l’attenzione a risolvere con una larga maggioranza istituzionale il problema del governo in assenza di una maggioranza politica. Strologare su un’elezione arcana, che però è per la sostanza già avvenuta, è quindi un esercizio stucchevole e vano. A meno che la condizione del paese non richieda tassativamente un nuovo rinvio alla data ordinaria delle elezioni (2023) e la prosecuzione dell’esperienza di governo nelle condizioni attuali. Ma anche questa è una valutazione dei partiti e del Parlamento nella formazione della quale sarà il parere di Draghi quello decisivo. Non ha dunque senso parlare di Draghi al Quirinale anzitempo, bisognerebbe al limite parlarne con Draghi, ma esistono conversazioni più facili da imbastire.

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  • Giuliano Ferrara Fondatore
  • "Ferrara, Giuliano. Nato a Roma il 7 gennaio del ’52 da genitori iscritti al partito comunista dal ’42, partigiani combattenti senza orgogli luciferini né retoriche combattentistiche. Famiglia di tradizioni liberali per parte di padre, il nonno Mario era un noto avvocato e pubblicista (editorialista del Mondo di Mario Pannunzio e del Corriere della Sera) che difese gli antifascisti davanti al Tribunale Speciale per la sicurezza dello Stato.