La pandemia giudiziaria

Claudio Cerasa

Perimetri violati, complottismi, presunzione di colpevolezza, supplenze, intoccabilità. Oltre ai vaccini dell’Anm e a Gratteri c’è di più. I vizi del circo mediatico-giudiziario mostrati dalla pandemia

Tra i molti effetti collaterali prodotti dalla pandemia ce n’è uno importante che riguarda il modo in cui il Covid-19 si è trasformato in un incredibile stress test capace di mettere in luce tanto i vizi quanto le virtù del nostro paese. La pandemia, lo sappiamo, è stata uno stress test sull’organizzazione della nostra sanità, sulla flessibilità del nostro lavoro, sulla lungimiranza della nostra classe dirigente, sulla prontezza della nostra classe politica, ma è stata uno stress test anche per misurare il buon funzionamento di un altro essenziale asset del nostro paese che negli ultimi giorni ha fatto parlare di sé per le ragioni sbagliate: la magistratura.

 

Si è parlato molto in questi giorni delle parole incredibili pronunciate due giorni fa dall’Associazione nazionale dei magistrati, che ha rimproverato il governo per aver modificato il piano vaccinale in modo da non prevedere più tra i gruppi target della popolazione a cui offrire il vaccino in via prioritaria i lavoratori del comparto della giustizia arrivando a minacciare “l’inevitabile allungamento dei tempi di definizione dei processi” a causa “dell’esclusione del comparto giustizia dalla programmazione vaccinale che imporrà il sensibile rallentamento di tutte le attività giudiziarie che devono essere necessariamente svolte in presenza”. Ma si è parlato invece molto meno di un’altra serie di cortocircuiti giudiziari ben più gravi emersi nel corso delle ultime settimane che ci aiutano a mettere in rilievo alcuni vizi ricorrenti di un pezzo della magistratura italiana. Vizi come le indagini costruite partendo più dai teoremi che dalle prove. Vizi come la tendenza a trasformare ogni indagato in un colpevole fino a sentenza definitiva. Vizi come l’incapacità di resistere alla tentazione di svolgere un ruolo di supplenza rispetto all’attività della politica. Vizi come la tendenza a configurare responsabilità penali nei confronti di scelte politiche discrezionali. Vizi come l’attitudine a sindacare la legittimità delle scelte del potere esecutivo, in assenza di una qualche forma di dolo o di colpa grave da parte dello stesso potere? Vizi come la tendenza ad alimentare la corrida giudiziaria piuttosto che a combatterla.

 

In questa storia, naturalmente, c’entra anche il caso Gratteri e la sua scelta di firmare la prefazione a un libro scritto da due autori convinti che la pandemia sia “uno strumento di ingegneria sociale che serve per realizzare un colpo di stato globale”, che il “macabro scoop dei camion dell’Esercito che portavano le salme a Bergamo” sia stata una messa in scena “per convincere la città dell’esistenza della peste” e che i vaccini possono “trasformare l’uomo in ogm”. Ma la storia di Gratteri è solo l’ultimo tassello di un mosaico più grande all’interno del quale si trovano altre sei storie che meritano di essere raccontate.

 

La prima è quella che riguarda l’inchiesta condotta dalla procura di Bergamo che indaga per epidemia colposa e falso nel tentativo di fare chiarezza sulla gestione dell’emergenza sanitaria e che da mesi sta lavorando per accertare l’eventuale sottovalutazione dell’impatto che il Covid avrebbe avuto in Italia, nelle prime fasi del contagio, e alle conseguenze della mancata applicazione di un piano pandemico, e che ha permesso di ricordare ancora una volta che l’Italia è un paese in cui si fa fatica a capire che la discrezionalità del potere giudiziario dovrebbe finire lì dove inizia la discrezionalità del potere esecutivo.

 

La seconda storia, direttamente collegata alla prima, è quella che riguarda la vulnerabilità assoluta di alcuni protagonisti di questa pandemia che sono naturalmente coloro che lavorano nel mondo della sanità. Aver vaccinato per primi gli operatori sanitari ha permesso di offrire loro una giusta protezione contro una malattia che durante la pandemia ha lasciato sul campo 343 medici. Ma per proteggere fino in fondo i suoi eroi della pandemia lo stato dovrebbe fare un passo in più rispetto a quello annunciato giorni fa dal ministro della Salute Roberto Speranza. E cioè non solo uno scudo penale per i vaccinatori (come dimostra il caso di Siracusa, dove una procura, a seguito di una morte sospetta avvenuta dopo un vaccino, ha indagato il medico e l’infermiere dell’ospedale dove è stata somministrata la dose, oltre all’amministratore delegato di AstraZeneca, oggi in Italia per un medico, è più pericoloso vaccinare, cosa per cui si può essere indagati, che non essere vaccinato, cosa che in assenza di una legge non è ancora proibito) ma una tutela giudiziaria che valga per tutto il periodo emergenziale e che permetta di poter ricevere un procedimento giudiziario solo per dolo o colpa grave (una colpa grave che, come detto ieri dal capo del sindacato dei medici italiani, Carlo Palermo, non può però essere generica, ma commisurata alle reali situazioni operative avute nell’ultimo anno).

 

La terza storia ha invece a che fare con la presunzione di colpevolezza applicata dalla magistratura sul tema vaccini: in Italia, per giorni, ci sono state circa 643.200 dosi di AstraZeneca ferme nei frigoriferi, perché poste sotto sequestro dalla magistratura e i lotti in questione sono sia quello bloccato lo scorso 11 marzo dalla procura di Siracusa, a seguito della segnalazione dell’Aifa di possibili eventi avversi gravi  sia quello bloccato lo scorso 15 marzo a Biella senza segnalazione dell’Aifa (lotto composto da 393.600 dosi sbloccato finalmente ieri). Ema e Aifa hanno ridato il loro ok al vaccino di AstraZeneca ma non risulta che la magistratura abbia ancora rilasciato i lotti “in ostaggio”.

 

La quarta storia riguarda invece una decisione recente presa dal gup del tribunale di Milano che, seguendo un trend avviato qualche giorno prima dal tribunale di Reggio Emilia su un tema simile, per la gioia dei cialtro-libertari italiani ha assolto un 24enne per aver scritto il falso in un’autocertificazione perché “un simile obbligo di riferire la verità non è previsto da alcuna norma di legge” e, anche se ci fosse, dice il giudice, sarebbe “in palese contrasto con il diritto di difesa del singolo”, previsto dalla Costituzione. Una decisione che, però, piuttosto che essere salutata come liberatoria dovrebbe far riflettere ancora una volta su un tema cruciale come quello del perimetro invalicabile tra il potere giudiziario e quello legislativo e come ha giustamente ricordato Franco Bassanini qualche giorno fa su Twitter il falso in autocertificazione esiste, è punito da una legge che i giudici devono applicare e non interpretare e se questa legge è incostituzionale deve deciderlo la Corte costituzionale e non un tribunale di Milano.

 

La quinta storia riguarda l'irrefrenabile vocazione alla supplenza da parte della magistratura ed è una storia che si può mettere a fuoco dando conto di una notizia di qualche giorno fa che arriva dalla Valle d’Aosta, dove la procura di Aosta ha aperto un fascicolo sull’applicazione del piano vaccinale anti Covid in Valle d’Aosta e ha delegato i Nas dei Carabinieri per verificare l’applicazione del piano vaccinale ministeriale per riscontrare se ci siano state eventuali segnalazioni di persone vaccinate ma non aventi diritto in base allo stesso piano del ministero. In questo caso le colpe più che della magistratura sono della politica che in questi mesi non è riuscita a dare alle raccomandazioni inserite all’interno del piano vaccinale una valenza tassativa dando così alle procure la possibilità di perdere tempo con le indagini sui possibili furbetti (anche la procura di Arezzo ha trovato il tempo di aprire un fascicolo sul caso di un sedicente caregiver di Arezzo) e dando alle regioni la possibilità di poter decidere le proprie priorità su base del tutto discrezionale (il piano vaccinale del governo, da giorni, prevede una voce che vale circa 1,2 milioni di somministrazioni, su un totale di 9 milioni, che nessuno al governo sa spiegare fino in fondo e che coincide con una parola mai inserita all'interno delle priorità del piano vaccinale: “Altro”).

 

L’ultima storia è quella che riguarda il libro del caso Gratteri ed è una storia che si capisce bene leggendo il titolo del libro che l’autorevolissimo procuratore di Catanzaro ora candidato alla successione di Francesco Greco a Milano ha scelto di sostenere con una autorevole prefazione. Il titolo del libro è Strage di stato e la teoria del libro è che i veri colpevoli di questa strage di stato siano i medici e gli scienziati che avrebbero adottato terapie sbagliate. Una tesi che vive nel libro (uno degli autori, Angelo Giorgianni, è un importante magistrato che lavora presso la Corte di appello di Messina) ma che vive anche nei ragionamenti di altri magistrati in attività e nelle loro bacheche sui social network.

 

Uno di questi, che evidentemente non si sente così lontano da alcune delle tesi di Giorgianni, si chiama Gennaro Varone, lavora come sostituto aggiunto alla procura di Roma e pur non essendo un No vax da qualche giorno, sulla sua pagina Facebook, dove ovviamente ha osannato i giudici che hanno demolito le autocertificazioni, delizia i suoi follower con i seguenti messaggi: “Per quale ragione un organismo sano, dotato di un sistema immunitario che protegge al 100 per cento, dovrebbe iniettarsi un corpo estraneo che lo ‘protegge’ al 59,5 per cento? Che, sempre secondo la casa produttrice (ultimo punto delle avvertenze) può avere effetti dannosi, nel lungo periodo, imprevedibili? La risposta che mi sono dato è: per nessun motivo razionale”. E poi, ancora, “la risposta all’emergenza sanitaria distruggerà l’economia del territorio, di prossimità: quella fondata sul rapporto personale imprenditore/cliente e sulle inventive individuali; a favore di una economia da remoto, senza volto, i centri della quale saranno in luoghi inaccessibili”. Perimetri violati, teorie del complotto, tendenza alla supplenza, presunzione di colpevolezza, vocazione all’intoccabilità e tentativo di trasferire sul terreno della gestione del Covid-19 i peggiori tic del circo mediatico-giudiziario. La priorità alla vaccinazione dei magistrati fa notizia, ma è solo la punta di un iceberg molto più grande: quello, semplicemente, della pandemia giudiziaria. 

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.