Nello Musumeci Photo Cecilia Fabiano/LaPresse 

"Contraffatti i dati dei contagi in Sicilia". Si dimette l'assessore Razza

Riccardo Lo Verso

Statistiche ritoccate, tamponi fantasma, morti "spalmati" su più giorni: "Uno scellerato piano politico per evitare alla regione la zona rossa", ha detto il giudice per le indagini preliminari di Trapani

Si potrebbe definire “il grande inganno siciliano al tempo del Covid”. Perché come tale si presenta. Al di là delle valutazioni penali che verranno fuori al termine dell'inchiesta della Procura di Trapani sin d'ora è la fede nelle statistiche che vacilla. Tre persone sono finite agli arresti domiciliari, altre sono solo indagate, altre ancora probabilmente lo diventeranno presto nel passaggio di competenza del fascicolo dai pubblici ministeri trapanesi a quelli palermitani. Secondo l'accusa, sarebbero stati taroccati i dati trasmessi dalla Sicilia a Roma, quelli che confluiscono ogni giorno nel bollettino nazionale su morti, contagi e ricoveri. Falsificati non da ieri, ma dallo scorso novembre.

 

Il giudice per le indagini preliminari di Trapani lo definisce “uno scellerato piano politico” per evitare che alcune città e forse l'intera Sicilia passasse in zona rossa con le conseguenze economiche e d'immagine che il cambiamento di colore comporta. Forse qualcuno in Sicilia ci teneva ad apparire più bravo di quanto realmente fosse. E così avrebbe pensato di fornire un quadro più rassicurante. Come? “Spalmando” su più giorni il numero dei morti, “trattenendoli in pancia” e cioè nel limbo delle statistiche in attesa di tirarli fuori nel momento in cui i numeri sarebbero stati meno preoccupanti. Ed ancora inserendo qualche migliaio di tamponi in più rispetto a quelli realmente processati per tenere basso il tasso di positività a cui l'Italia, le regioni, le città sono appese ormai da un anno.

 

In Sicilia le restrizioni ci sono state. Il governatore Nello Musumeci ha scelto la zona arancione anche quando i numeri erano da giallo e non sono mancati i lockdown cittadini. Ora ci si chiede cosa avrebbe fatto di fronte ai dati reali, giorno per giorno e non distribuiti in maniera creativa. Sull'assessore regionale alla sanità Ruggero Razza, che ha rassegnato le dimissioni questa mattina, pesa l'ipotesi di una colpevole “consapevolezza” di ciò che è accaduto (era lui a suggerire di “spalmare” i morti), mentre il governatore Nello Musumeci sarebbe stato “tratto in inganno”. Al di là di ciò che la magistratura deciderà c'è un dato che scuote. Nell'Italia della pandemia, dei comitati tecnici scientifici, dei luminari, delle piattaforme informatiche per caricare i dati, delle protezioni civili, dei ministeri e degli istituti scientifici per mesi in Sicilia, e dunque in Italia, si è discusso di dati farlocchi. Taroccati dalla manina dell'uomo oppure frutto del caos gestionale. Alla centrale siciliana di raccolta dei numeri i telefoni erano bollenti. Un vortico giro di chiamate per sollecitare le aziende sanitarie e i laboratori.

 

Il giudice per le indagini preliminari si spinge a ipotizzare che si è voluta “dare un’immagine della tenuta e dell'efficienza del servizio sanitario regionale e della classe politica che amministra migliore di quella reale e di evitare il passaggio dell'intera Regione o di alcune sue aree in zona arancione o rossa, con tutto quel che ne discende anche in termini di perdita di consenso elettorale per chi amministra”. Musumeci non ci sta e ricorda che “noi le zone rosse le abbiamo anticipate non nascoste: è storia. Ma bisogna avere rispetto per la magistratura, ho fiducia nell'assessore Razza”, poi dimissionario dopo queste dichiarazioni. La storia della Sicilia ai tempi del Covid è ancora tutta da scrivere. È sul piano politico che si sta via via spostando la partita. Nel frattempo quando oggi verrà fuori il nuovo bollettino è ragionevole pensare che in molti guarderanno con diffidenza alle tabelle. E non avranno tutti i torti.

 

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