Modello Genova e non solo

Cingolani, gli appalti e i partiti che possono dire ciò che prima era indicibile

Pd e Lega liberati dal governo Draghi su cantieri, giustizia e immigrazione

Marianna Rizzini

Quando Nardella diceva "con queste norme le opere del Pnrr non si faranno" e Salvini sottolineava "anche il Pd chiede di cancellare il codice degli appalti". Il neoministro alla Transizione vuole "la transizione burocratica"

È il giorno del debutto davanti alle commissioni congiunte Ambiente e Attività produttive della Camera e Ambiente e Industria del Senato, ed è il giorno in cui il neo-ministro Roberto Cingolani, fisico, pronuncia le parole che rilanciano la questione “semplificazione normativa”. Si parla di Pnrr e gestione dei progetti, e Cingolani dice che “il modello Genova” è un “esempio di governance virtuosa e di capacità di esprimere le energie più generose e le professionalità più elevate nei momenti di difficoltà”, ma che “non è l’unico modello”. E se dal punto di vista dell’operatività il ministro si sofferma sulla necessità di coinvolgere “le migliori competenze amministrative per garantire, oltre alla ovvia e imprescindibile trasparenza e correttezza, l’altrettanto irrinunciabile efficacia e rispetto dei tempi dettati dall’agenda europea e dal senso del dovere per le future generazioni”, l’accenno agli altri modelli solleva il sipario sulla soluzione che, per esempio, era stata apertamente sostenuta dal sindaco pd di Firenze Dario Nardella, qualche giorno fa: “Con queste norme le opere del Pnrr non si faranno. Si applichino solo le normative europee” (e il concetto era: scavalcando il codice degli appalti per le opere strategiche). Si potrebbe chiamare “modello spagnolo” (la Spagna si regolerà in questo modo in vista del Recovery). Ma c’è anche la terza via, di cui pure si parla trasversalmente: adottare una normativa ad hoc per le opere per cui si preveda l’impiego dei fondi. 

Antefatto: non appena Nardella ha parlato, a inizio marzo, Matteo Salvini ha sottolineato. “Anche il Pd chiede di cancellare il codice degli appalti per aprire i cantieri. Bene, avanti con il modello Genova”, diceva infatti il leader della Lega, provocando la risposta del neoministro del Lavoro Andrea Orlando: “Il Pd non chiede di cancellare il codice degli appalti; il Pd, come ha fatto in questi mesi, lavora per semplificare le procedure, per ridurre il numero delle stazioni appaltanti, per superare la burocrazia difensiva”. Ed è come se l’avvento di Mario Draghi avesse liberato parole e soluzioni indicibili, se non impensabili, quando, rispettivamente, il Pd era al governo con i Cinque Stelle (Draghi bis) e la Lega sempre con i Cinque Stelle (Draghi primo). Nel giugno del 2020, infatti, proprio a proposito del velocizzare i cantieri si era assistito, ricordano nel Pd, “a un botta e risposta tra noi e il M5s”. Era successo che l’attuale sottosegretario alle Infrastrutture Giancarlo Cancelleri, allora viceministro grillino ai Trasporti, lodasse apertamente il “modello Genova”: “Scrivila come vuoi la norma, ma se in un anno costruisci un ponte per me è quello il modello giusto”. L’allora sottosegretario pd ai Trasporti Roberto Morassut si era fatto a quel punto sentire da Facebook: “Qualcuno ritiene che il ponte di Genova possa essere un modello per velocizzare la realizzazione delle opere pubbliche e la stessa ripresa post Covid, ma questa ipotesi troverebbe l’opposizione del Pd, certamente la mia”. Anche l’allora segretario pd Nicola Zingaretti aveva invitato alla cautela su una linea sposata non soltanto dal M5s ma anche dalla Lega (che con Salvini, in vista degli Stati Generali, annunciava proposte “sul modello Genova per sospendere il codice degli appalti e dare più potere ai sindaci”). Ieri dunque la Lega plaudiva a Cingolani, a proposito del Pnrr, sul filo del “non sprechiamo la grande opportunità per l’Italia”.

 

E improvvisamente si osa dove non si era potuto osare nei governi Conte: la Lega su cantieri e giustizia, il Pd sempre su cantieri e ius soli. Intanto Cingolani, che in tema di energia punta direttamente al cielo (“spero che tra dieci anni chi sarà qui al mio posto potrà parlare di un’altra grande scelta: la vera fonte energetica universale saranno le stelle”, ha detto ieri), sul “mettere a terra le attività” interessate dal Recovery insiste sulla gestione: “La capacità di spendere e farci rimborsare i progetti sarà messa a dura prova se non avremo un meccanismo di governance estremamente sofisticato”. Per non dire della semplificazione: Cingolani vuole la “transizione burocratica”. 

 

  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.