Il caso

Covid, arrivano le zone rosse. Ma senza dpcm: Draghi interverrà con un decreto

Da lunedì sei regione in rosso: Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche e Lazio

Simone Canettieri e Valerio Valentini

Non ci sarà la stretta generalizzata nei fine settimana. Ma si va verso un lockdown per Pasqua

La terza ondata del virus non si ferma e il governo è costretto a intervenire. La novità, che sbarcherà oggi in Consiglio dei ministri, riguarda lo strumento: perché verrà superata la predilezione per i contestati dpcm (ce n’è già uno in vigore fino al 6 aprile), e si inaugurerà la stagione dei decreti. 

 

A partire da quello che il Cdm licenzierà domani  per stabilire i nuovi parametri di riferimento sulla base dei quali far scattare le zone rosse ed eventuali restrizioni alle attività commerciali. I dati sono allarmanti: ieri erano i 25.673 i nuovi contagiati con 373 morti. Un andamento che oggi porterà il ministero della Salute a scrivere sei ordinanze per altrettante regioni che da lunedì finiranno in zona rossa: Lombardia, Piemonte, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Marche e Lazio.

 

Sono a rischio anche il Veneto e la Toscana. Il resto del paese, salvo le eccezioni di Sicilia e Sardegna, farà un salto verso l’arancione. Tra le misure del nuovo decreto ci sarà l’adozione del parametro proposto dal Comitato tecnico scientifico al governo: basteranno 250 contagiati per 100 mila abitanti a far scattare la zona rossa. Lo scenario che si va profilando dunque è di piena emergenza, l’ultima, come auspicano nelle stanze del governo. Dove il richiamo all’ultimo sacrificio rimbalza ormai da giorni e uscirà oggi dalla bocca del premier Draghi durante la visita all’hub di Fiumicino (sarà la prima conferenza stampa del presidente del Consiglio: quindici domande ammesse).

 

L’idea del governo è quella di arrivare, come anticipato, a un lockdown in tutta Italia in prossimità delle feste di Pasqua. E anche per questo la ministra Maria Stella Gelmini, d’intesa col collega Roberto Speranza, ha convocato per stamane un nuovo vertice coi rappresentanti delle regioni e dei comuni: così da spiegare, insieme ai vertici del Cts e del’Iss (Miozzo, Brusaferro e Locatelli) la ratio delle misure che verranno adottate.

 

In parallelo partirà anche la nuova campagna vaccinale messa a punto dal commissario Francesco Paolo Figliuolo, che questa sera ha disposto anche le operazioni per accogliere e distribuire le 295 mila dosi di AstraZeneca arrivate al Brennero senza il clamore natalizio della prima volta.

 

Il tutto, però, dopo che Mario Draghi ha parlato al telefono con Ursula von der Leyen chiedendo e ottenendo rassicurazioni sull’affidabilità del siero prodotto dal colosso farmaceutico anglosvedese. La presidente della Commissione europea, stando alle informazioni fornite da Palazzo Chigi, ha infatti spiegato al premier che “non c’è  alcuna evidenza di un nesso tra i casi di trombosi registrati in Europa e la somministrazione del vaccino Astrazeneca”, comunicando inoltre che  l’Agenzia europea del farmaco ha avviato una ulteriore review accelerata.

 

E intanto una svolta arriva sul fronte metodologico, del governo. Perché, dopo mesi di contestazioni spesso anche sbracate, si è deciso di accantonare la supremazia dei dpcm. Merito non tanto della Lega, che ancora ieri alla Camera ha deciso di astenersi sul decreto “Covid”, contestandone la paternità del precedente governo; ma di chi a Palazzo Chigi, d’intesa col comitato per la Legislazione di Montecitorio, ha lavorato sottotraccia.

 

La prova è arrivata proprio oggi, quando un ordine del giorno che chiedeva al governo di ridimensionare l’uso e la portata dei dpcm nella gestione della pandemia è stato approvato col parere favorevole, tutt’altro che scontato, dell’esecutivo. Del resto lo stesso comitato parlamentare, con un asse trasversale che va dal Pd alla Lega passando per Italia viva, la scorsa settimana aveva chiesto formalmente al governo, con due diversi parerei votati all’unanimità, una discontinuità in questo senso.

 

E a Palazzo Chigi il sottosegretario Roberto Garofoli s’era attivato. Anche da lì, insomma, è passata la strada che ha portato Draghi a pretendere l’adozione di un decreto legge così da concedere al Parlamento tutto il tempo per discuterlo. 

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