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editoriali

Il Pd riapra le porte a tutti

redazione

Chi critica il partito dall’esterno sia coraggioso e si candidi alle primarie

A quanto pare tutti sanno che cosa dovrebbe fare o diventare il Partito democratico, con la sola eccezione dei suoi dirigenti. Le sardine vanno a spiegare come mobilitare la gioventù, i centristi insegnano come sia essenziale occupare il centro. Sui grandi giornali si leggono esortazioni a creare un partito liberal-socialista di massa, dimenticando che i numerosi tentativi di realizzare questo obiettivo siano stati nobilissimi, dai fratelli Rosselli a Ferruccio Parri, ma siano tutti falliti.

  

Probabilmente quel che serve non è impartire lezioncine dall’esterno a un gruppo dirigente diviso e frastornato quanto si vuole ma non digiuno di cultura politica e che quindi non ha bisogno di queste presuntuose perle di saggezza. Servirebbe invece confrontarsi con la base organizzata, della quale – a differenza di quasi tutte le altre formazioni (a eccezione della Lega) – il Pd continua a disporre.

 

Se chi pensa di sapere che cosa deve fare e diventare il Pd avesse la volontà e la possibilità di proporsi ai militanti, agli iscritti e ai simpatizzanti del Pd attraverso le consultazioni primarie, mettendosi in gioco, il confronto assumerebbe un carattere politico, rischioso ma efficace, invece di restare nel campo didattico, sicuro ma ininfluente. A questo confronto con il corpo reale del Pd dovrebbero partecipare tutti, anche Matteo Renzi, anche Pier Luigi Bersani, anche Carlo Calenda. Forse si tratta di un’aspirazione velleitaria, stando ai commi del regolamento delle primarie e allo statuto vigente. Però se il Pd vuole superare la sindrome dell’ex segretario vendicativo che se perde se ne va a fondare un altro partitino, bisognerebbe proprio riaprire le porte a tutti purché accettino il principio democratico basilare, cioè che chi ha la maggioranza decide e chi ha la minoranza discute e critica dall’interno. È chiedere troppo?

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