Il retroscena

Così funzionerà il tridente anti-Covid: pronti 300mila volontari per le vaccinazioni

Draghi-Figliuolo-Curcio: ecco come si muoverà la nuova catena di comando davanti alla terza ondata. Anche l'esercito sarà in campo per la logistica

Simone Canettieri

C'è il nuovo Dpcm, ma il premier è assente alla conferenza stampa. A Palazzo Chigi si celebra il compromesso Speranza-Gelmini, due chiese che si incontrano

C’è il suo primo dpcm, ma lui non si fa vedere. E’ alla cerimonia dei Patti Lateranensi, Mario Draghi. Intanto nel suo cortile, quello di Palazzo Chigi, si celebra con l’ostensione del nuovo decreto l’altro patto  tra  Mariastella Gelmini e Roberto Speranza. Tra le chiese di Forza Italia e Leu. L’azzurra rilancia e rivendica “discontinuità nel metodo”, il collega para, abbozza e “dico la mia”. Draghi cambia, smonta e crea nuovi assi. Come quello tra il generale Francesco Figliuolo  e Fabrizio Curcio della Protezione civile: i dioscuri del piano vaccini. Sopra di loro, anche qui, ci sarà il premier. Anche se non si vede. 

 
La linea di comando individuata da Draghi è geometrica: lui penserà alle trattative in Europa con la Commissione e le case farmaceutiche per impedire fughe in avanti e strappi degli altri paesi membri. Al generale Figliuolo toccherà occuparsi della prima linea logistica (l’approvvigionamento) e a Curcio della seconda, per fare in modo che la campagna vaccinale, d’ora in poi, sia omogenea in tutta Italia.

 

Senza caos tra regioni, senza ritardi, senza gap tra nord e sud. Tutto sarà molto accentrato a Roma, a Palazzo Chigi, nel rispetto dell’autonomia, certo, ma evitando quella cortina di incertezza già vista. La Protezione civile è pronta a mettere in campo i suoi 300mila volontari per arrivare con le siringhe e le dosi dove finora ancora c’è il deserto o la lentezza burocratica. Di questo e dei primi passi, di uno sprint che ormai è figlio della nuova emergenza, hanno discusso Figliuolo e Curcio a Palazzo Chigi. Poi il nuovo commissario ha incontrato il suo predecessore Arcuri, per lo statutario passaggio di consegne. Ovunque si parla poco. Quasi sottovoce. Tutto inedito, quanto scontato: “Comunicheremo quando avremo qualcosa da comunicare”, dicono per esempio dalla sede della Protezione civile dove durante la prima ondata del Covid-19 le conferenze stampa scandivano i pomeriggi del lockdown.

 

“Il governo si muove in un’ottica di squadra, ecco perché Draghi non è qui”, dice la portavoce del premier, Paola Ansuini, ai giornalisti che chiedono in conferenza stampa: sì, va bene, ma dov’è Draghi, perché non c’è? “Siamo nel bel mezzo della terza ondata”, dicono i ministri chiamati a  trovare un’intesa in mattinata sul nuovo dpcm. Che vede ancora una volta  l’ala di chi non vorrebbe partire con i lucchetti alle scuole come prima mossa (i ministri Bianchi, Patuanelli, Speranza su tutti) e chi invece, e qui c’è l’asse Giorgetti-Gelmini, frena davanti a nuove restrizioni per le attività produttive e commerciali. 

 

E sono questi ultimi a spuntarla. E Draghi? “Non parla, o meglio parla poco, fa spiegare le ragioni di tutti, poi tira le somme e va avanti”, racconta uno dei presenti al vertice di ieri a Palazzo Chigi.  Una sensazione di fretta silenziosa avvolge i Palazzi dove si prendono decisioni, dove cadono teste e ne arrivano di nuove che si strizzano l’occhiolino e iniziano a lavorare. “Allora, da dove partiamo?”. 

 

Si punta a una somministrazione di 300mila dosi al giorno di vaccini. Mettendo in campo anche la logistica dell’esercito come nei teatri di guerra, come davanti ai cataclismi. “Il generale è in riunione, e ne avrà fino alle 22”, risponde una voce decisa dal telefono di Figliuolo, il più ricercato da quando ha preso il posto del più criticato. Il generale è una variante di un modello, quello di Arcuri, che ha funzionato così così e quindi è da capovolgere di corsa perché a correre è l’altra variante, quella inglese del virus, ben più dannosa. Con una prevalenza “del 54 per cento stimata al 18 febbraio”, dice Silvio Brusaferro, presidente dell’Istituto superiore di sanità, già comunicatore, insieme a Franco Locatelli, di una stagione di conferenze stampa perpetue e pronte a riprodursi. Si va di fretta nel silenzio.

 

Aprendo cassetti e non trovando tutte le risposte. E così zac si cambia, si smonta, si assembla. Di sicuro c’è il dpcm, questo sì. Entrerà in vigore il 6 marzo e durerà fino al 6 aprile, Pasqua compresa, manterrà il coprifuoco dalle 22 alle 5 (eccetto per la Sardegna zona bianca, dove uscire si può fino alle 23.30). Nulla cambierà, rispetto a oggi, per ristoranti e bar nelle zone gialle. Ma anche per piscine, palestre e impianti sciistici ancora serrati. A differenza di cinema e teatri (il ministro Dario Franceschini lo aveva preannunciato) che dal 27 torneranno alla vita, seppur con capienze ridotte. E poi musei nel week-end. La stretta è sulla scuola con 24 province ipoteticamente interessante. Si chiude e si corre. Qualcuno cerca Draghi. Che intanto ha già deciso.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.