Centristi per Conte, se non ora quando?

 L'Udc di Cesa, il "centro" di Forza Italia e gli altri: per chi canteranno, oltre i no di oggi, le sirene del discorso di Conte

Marianna Rizzini

Il premier che parla di legge elettorale, Salvini che dice "sta su Marte", l'accenno alla Cina che fa insorgere la Lega e Forza Italia, il mancato accenno alla giustizia. "Non si può costruire senza fondamenta", dice Maurizio Lupi. "L'apprezzamento" di Rotondi per il passaggio sul proporzionale.  

 

E’ la tarda mattinata del giorno del discorso (il primo, ieri alla Camera) e il premier Giuseppe Conte non ha ancora pronunciato quel conclusivo “Viva l’Italia” che gli osservatori subito interpretano come ulteriore riferimento risentito e capovolto a Italia Viva. Né ha ancora parlato, Conte, di quel “moto perpetuo in direzione biunivoca” a cui deve ispirarsi “la fiducia reciproca tra le istituzioni e i cittadini”, come dirà poi, facendo tornare alla mente ai veterani del palazzo, come nota divertito un deputato di centrodestra, “la ‘mobilitazione cognitiva’ di cui parlava l’ex ministro Fabrizio Barca, anche noto per aver sdoganato la parola ‘catoblepismo’”. E però il premier ha già detto tutto a chi voglia intendere, specie al centro del centrodestra: ha parlato di legge elettorale proporzionale (“il governo si impegnerà a promuoverla”), ha fatto appello ai “liberali, popolari, socialisti” e ha invitato a scegliere “il campo anti-sovranista”.

 

Unite, le tre cose parlano, ma non tanto per oggi, giorno della conta in Senato, nonostante fino a ieri i corridoi di Montecitorio assicurassero che “l’Udc continua a trattare”. Trattare come e per quando, questo è il punto. Per oggi, infatti, pur con il “nì” di Paola Binetti (la senatrice udc, dubbiosa, ha però detto di voler comunque votare no), la formazione guidata da Lorenzo Cesa ribadisce il suo stare dove sta, cioè nel centrodestra, dopo giorni in cui attorno all’Udc si erano addensati dubbi e smentite (chiede e accetta un ministero, anzi no) ed elucubrazioni sul “fino a quando l’Udc terrà fermi i suoi senatori”. Ma dopo? E’ al dopo, infatti, e alla eventuale maggioranza debole e cangiante che Conte si ritroverebbe in Senato, che il premier guarda, e la legge elettorale è il tema cui affida il ruolo di sirena per chi domani vorrà cogliere l’appello ai “volenterosi”, quell’“aiutateci” che risuona mentre sulla figura di Cesa, di nuovo, si concentrano ragionamenti predittivi.

 

Ci sono aruspici che se lo immaginano improvvisamente determinante e misterioso, una sorta di dea Kali capace di cambiare destini con un sopracciglio. E ci sono interpreti di segni che se lo figurano un momento al telefono con Matteo Salvini – intento a rassicurare – e un momento al telefono con i piccioni viaggiatori del premier. Ma non per oggi; per dopodomani, casomai. E se Cesa per oggi appunto ripete “votiamo no alla fiducia”, il “domani chissà” gli viene comunque attribuito come retropensiero, se non come pensiero espresso qui e là ufficiosamente. E se Matteo Salvini, soltanto a sentir nominare la “legge elettorale proporzionale”, dice che “Conte è su Marte” e che gli eventuali volenterosi sono “poltronari”, Gianfranco Rotondi, eletto in Forza Italia, segretario nazionale della Democrazia cristiana per le Autonomie, già visto come ispiratore di un possibile partito di Conte, non soltanto dice di apprezzare “l’impegno del premier per una legge elettorale proporzionale e il richiamo alle culture popolare e socialista, al punto da assicurare per il futuro “dialogo e probabile convergenza sul tema dai banchi dell’opposizione”, ma dice anche (rivolto a Salvini) “che è inutile e offensivo convocare continui vertici per imbullonare qualche voto centrista” (e ieri i vertici del centrodestra sono stati due). E se da Forza Italia il portavoce dei parlamentari azzurri Giorgio Mulè definisce Conte “uomo politicamente disperato che ha tentato l’ennesima acrobazia”, nel “centro di Forza Italia”, dice un deputato, “c’è chi forse ascolterà – se non da oggi da domani – il richiamo antisovranista del premier”.  

 

L’ex ministro Maurizio Lupi annuncia il “no” alla fiducia per Noi con l’Italia-Usei:-Cambiamo: “Siamo  europei, responsabili, popolari e liberali, abbiamo votato e voteremo i Ristori, ma non voteremo la fiducia al governo perché vogliamo evitare che ciò che è emergenziale diventi regolare”. Interpellato sulla chiamata di Conte ai volenterosi, Lupi dice che “non si può costruire senza fondamenta, soltanto blandendo, senza allontanarsi da politiche stataliste e assistenzialiste, senza nominare il tema della giustizia, citando la Cina come l’ha citata Conte”, cioè come altro polo con cui l’Italia deve dialogare, quasi sullo stesso piano degli Stati Uniti. E mentre sulla Cina insorge la Lega, la crisi, incamminandosi sul ponte della legge elettorale proporzionale, assume la forma di crisi in due tempi, con il no non si sa quanto duraturo di Cesa-Kali e il possibile futuro ammorbidimento (non soltanto di Cesa) grazie al collante dell’altra sirena: l’antisovranismo. (E Giorgia Meloni si domanda: ma è lo stesso Conte che difendeva il sovranismo all’Onu?).  
 

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.