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premier nel mirino

Zingaretti dice che Renzi ha ragione contro Conte, ma non lo seguirà oltre

Simone Canettieri

Franceschini: occhio all’ incidente. Il messaggio del segretario ai senatori del Pd sulle randellate al presidente del Consiglio. Renziani convinti: non si rischia il voto

“Matteo ha ragione”. Ai senatori del Pd che lo interrogavano mentre Renzi inveiva contro il premier, Nicola Zingaretti ha risposto così. Segno che l’insofferenza nei confronti di Giuseppe Conte è vibrante. Come questi messaggi su Whatsapp. “Giuseppi è il nostro Marino, ma non possiamo buttarlo giù”, scherza, forse, un dirigente romano del cerchio magico del segretario. Anche perché di mezzo c’è (ancora) lui: Matteo Renzi. Eccolo: “Ragazzi, questa è una partita win win. E tranquilli: tanto non si vota”, dice in queste ore l’ex premier ai parlamentari di Italia viva, partito stimato al 2,5 per cento.

 

Zingaretti, noto per apparire e scomparire per poi palesarsi, non vuole andare dietro a Renzi, ma nemmeno continuare a fare il “responsabile” di Conte. “Nicola è stufo di entrambi: si mettessero d’accordo per trovare una soluzione e andare avanti”. Tanto che il segretario da una parte dice a Italia viva che non devono prevalere “gli interessi di partito”, ma dall’altra raccomanda a Palazzo Chigi “maggiore collegialità” e ascolto per le “critiche costruttive”. Una botta al cerchio e una alla botte.

 

Meglio tornare alla riunione di Renzi con i suoi parlamentari. Premessa: non è la prima volta che l’ex premier alza la posta per poi trattare, parte per scalare le montagne e poi si ferma al primo ristorante. Lo scorso maggio con la sfiducia ad Alfonso Bonafede fece suppergiù così: minacce a mezzo stampa, e poi penultimatum. Risultato: la mozione del centrodestra contro il Guardasigilli non passò. Anche perché radio-parlamento, a quei tempi, trasmetteva messaggi di questo tipo: “Se Renzi salta nel burrone, i suoi non lo seguiranno e magari torneranno nel Pd o diventeranno contiani”. Fedeli sì, grulli no. Ora questo rischio non c’è perché nessuno crede, anche in caso di crisi violenta, nel ritorno anticipato alle urne. E così anche i deputati e senatori di Italia viva sono carichissimi. “Hai fatto un discorso grandissimo, sembrava quello della conferenza stampa che diede vita al Conte bis”, si è complimentato con Renzi, l’altra notte, il parlamentare di Iv Matteo Colaninno. E quindi, ragazzi ci siete? “Sìììì”. Tutti sono sicuri che alla fine le due condizioni poste dall’ex Rottamatore porteranno a più miti consigli Conte. Il Recovery non finirà in manovra con un emendamento: e una. Ma questo era già stato comunicato da Fabio Melilli, presidente della commissione Bilancio a Roberto Gualtieri nei giorni scorsi. Rimane la questione sulla fondazione per i Servizi segreti: tema spigoloso, e non popolarissimo, su cui comunque sembra esserci, almeno a parole, un’apertura di Palazzo Chigi nei confronti del Parlamento. Ecco perché Renzi dice che per lui è una partita win-win: comunque vada gli andrà bene.

 

Ma se Conte volesse impuntarsi sulla squadra che gestirà i 209 miliardi di euro per la ricostruzione post-pandemica? E se Renzi volesse andare fino in fondo il Pd lo seguirebbe in una crisi? Fermi, allora bisogna citofonare al Nazareno.

 

Alla seconda domanda la risposta è: no “Nicola non si farà trascinare nel gorgo di una resa dei conti e ottenuta la mediazione si staccherà. Detto questo, anche Matteo, con lo sblocca-Italia commissariò tutte le regioni”, raccontano i parlamentari più vicini al segretario che è anche governatore del Lazio da ormai sette anni. Anche perché, controluce, c’è sempre Dario Franceschini con cui fare i conti. Il ministro della Cultura osserva “preoccupato” queste avvisaglie perché “quando e se si aprono certe dinamiche non si capisce mai come possano finire e l’incidente può scappare”. C’è chi dice che Zingaretti si sia un po’ lamentato dell’atteggiamento del suo capo delegazione che non sarebbe riuscito a mediare nelle segrete stanze, facendo diventare una questione governativa un problema politico davanti agli occhi degli italiani. Ma dal Pd corrono ai ripari: “Macché, voi non lo sapete: Dario e Conte spesso litigano e si confrontano con forza”. Sarà successo anche in questa occasione? Di sicuro Franceschini continua a ripetere ai suoi parlamentari di “non andare dietro a chi pone questioni politiche sperando in altri schemi”. E ce l’ha con Renzi. In questa nuvola di gas anche nel Pd i ruoli dei due big si sovrappongono e a volte si scindono. Sicché bisogna meglio fare un salto a Firenze e parlare con chi “il Matteo” lo conosce da quando era presidente della Provincia, in quota Margherita, e con un ciuffo pazzesco. “E’ un pokerista”. Bluffa? “Questa volta no. Questa volta avrà margini di manovra per rivendicare il successo nel merito o, se la situazione dovesse esplodere, per divertirsi. Tanto non si vota. Il problema che lui, a pelle, proprio non sopporta Conte e Casalino”. Il fatto è che molti avevano sottovalutato il premier che, non a caso, spesso ripete: “Non bisogna mai sottovalutare le persone”. Forse ce l’ha anche con se stesso.

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  • Simone Canettieri
  • Viterbese, 1982. Al Foglio da settembre 2020 come caposervizio. Otto anni al Messaggero (in cronaca e al politico). Prima ancora in Emilia Romagna come corrispondente (fra nascita del M5s e terremoto), a Firenze come redattore del Nuovo Corriere (alle prese tutte le mattine con cronaca nera e giudiziaria). Ha iniziato a Viterbo a 19 anni con il pattinaggio e il calcio minore, poi a 26 anni ha strappato la prima assunzione. Ha scritto per Oggi, Linkiesta, inserti di viaggi e gastronomia. Ha collaborato con RadioRai, ma anche con emittenti televisive e radiofoniche locali che non  pagavano mai. Premio Agnes 2020 per la carta stampata in Italia. Ha vinto anche il premio Guidarello 2023 per il giornalismo d'autore.