L'intervento

Il pubblico impiego non è un monolite

*Antonio Giannelli

Ci scrive Antonio Giannelli, presidente Sinpref (Associazione Sindacale Funzionari Prefettizi). Combattere gli stereotipi sui dipendenti pubblici

Leggere che i vertici della pubblica amministrazione dovrebbero avere stipendi all’altezza della loro professionalità, come ha scritto Claudio Cerasa, non può che incontrare il plauso di tutti quelli che si ritengono chiamati in causa direttamente, per la notevole distanza che separa le rispettive retribuzioni dal fatidico tetto 240 mila euro lordi annui. Un tetto che il direttore del Foglio suggerirebbe, addirittura, di rendere superabile a fronte delle gravose responsabilità nella gestione dell’interesse pubblico in settori sempre più strategici. E ciò, ancor più, a fronte della richiesta di sempre maggiori sforzi durante questo periodo di grave crisi pandemica.

 

Come forse molti cittadini ignorano, tanti dirigenti e dipendenti pubblici non hanno potuto né voluto lavorare nella relativa sicurezza dello smartworking, dovendo peraltro cimentarsi velocemente nel coordinare interi settori delle pubbliche amministrazioni, spesso in collegamento da casa, in un quadro di assoluta improvvisazione e risorse strumentali e tecnologiche a dir poco inadeguate.
E, nonostante la generosa e coraggiosa azione svolta, come chiaramente dimostrano i tanti dirigenti che emblematicamente nel settore sanitario hanno e stanno facendo il massimo per strutturare un sistema in grado di salvare vite umane, oggi accade – a loro come agli altri funzionari e operatori pubblici maggiormente esposti – di essere accusati di condurre una vita comoda e priva di difficoltà di carattere economico, a differenza di chi, a causa della crisi e delle misure di contenimento, ha perso il reddito.

 

Non si può negare che nell’impiego pubblico, come in qualsiasi altro settore, vi siano punte di eccellenza, diversi livelli di capacità e, anche, desolanti episodi di incapacità. Di più: dobbiamo prendere atto che il pubblico impiego, la cui prima e costituzionale garanzia di qualità sta nel concorso pubblico “a scrutinio segreto”, ha subito negli anni diversi attacchi da parte di chi ha cercato di abbattere questo pilastro garantista, imbarcando in diverse occasioni soggetti assunti con altre logiche. E non si può negare, ovviamente, che, di fronte a un panorama così variegato, le individualità meno commendevoli suscitino rabbia in chi ha perso tutto o parte del suo reddito.

 

Tuttavia, ed ecco il punto, ogni volta che questa rabbia viene demagogicamente posta alla base di misure punitive per tutti, si vanno a colpire proprio e soltanto le migliori espressioni di una pubblica amministrazione che opera da anni in scarsezza di risorse e in una progressiva desertificazione di organici (pochi sanno che l’Italia è agli ultimi posti nel rapporto abitanti/pubblici dipendenti in tutta la Unione Europea; e addirittura, a circa metà del rapporto britannico o francese). Sia consentito in proposito ricordare che sono diverse le Prefetture, il cui ruolo ed azione h24 è oggi quanto mai centrale, il cui titolare ha continuato a lavorare colpito da Covid durante il primo lockdown e che si trovano non di rado praticamente prive di dirigenti.

 

Un monolite chiamato “pubblico impiego” non esiste. Esistono invece diversissime situazioni e individualità. E se l’obiettivo è quello di incrementare la qualità, occorre investire innanzitutto sul merito, abbandonando logiche di appartenenza o di mera anzianità servizio, che frustra ancor più le tante spinte all’innovazione presenti.
Criterio che, certamente, come nel privato, dove la logica del confronto impone di selezionare i migliori dirigenti per crescere, riuscirebbe a far emergere le notevoli potenzialità inespresse ad esclusivo interesse della Nazione, come richiede la Costituzione.

 

Ciò permetterebbe di recuperare senso di appartenenza e orgoglio professionale, alla luce del conseguimento di risultati tangibili a fronte di un’efficienza maggiore, e sempre più apprezzata da cittadini e imprese che, senza dubbio, contribuirebbe a non mettere più in discussione giuste retribuzioni.
Appiattirsi – anche nel giudizio negativo – significa, sempre e soltanto, premiare i fannulloni.

 

Antonio Giannelli
Presidente Sinpref (Associazione Sindacale Funzionari Prefettizi)

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