L'intervista
Il M5s era già un partito, ci dice Piergiorgio Corbetta
l’uscita di scena del Beppe Grillo urlante sul palco e poi l'arrivo al governo. Così i grillini si sono lentamente normalizzati. "Nel momento in cui il principale partito di opposizione al sistema diventa un asse portante del sistema, la trasformazione è radicale"
Il M5s non è diventato adesso un partito, dice al Foglio il professor Piergiorgio Corbetta, che già nel 2017 scriveva un libro per il Mulino su “come cambia il partito di Grillo”. “C’è stato un duplice passaggio cruciale. Da una parte c’è stata l’uscita di scena di Beppe Grillo, e se Grillo era esagerato, urlante dal palco, scapigliato, Luigi Di Maio era ingessato con giacca, cravatta e camicia bianca. È stato un primo passo verso la normalizzazione. Il secondo passaggio, più serio dal punto di vista politico, è l’arrivo al governo. Nel momento in cui il principale partito di opposizione al sistema diventa un asse portante del sistema, la trasformazione è radicale. Questa trasformazione è stato un atto non indolore. Le istanze risvegliate dal grillo anarcoide sono ancora lì, ma se c’è un elemento di stupore in questa storia è che le resistenze al passaggio di istituzionalizzazione tutto sommato si sono fermate al solo Di Battista. Stupisce la scarsa resistenza dell’ala movimentista originaria che si richiamava ai temi fondamentali di Grillo, l’uno vale uno, non fare alleanze, il limite dei due mandati. Questa resistenza dell’ideologia originaria si è affievolita dopo l’uscita di Grillo, che aveva capacità uniche di leadership, di comunicazione, di trascinamento, di sintesi negli slogan. Le istanze profonde del M5s politicamente non possono realizzarsi nelle istituzioni. Se voleva restare fede all’origine, il M5s doveva restare movimento, anche se questo avrebbe avuto un costo altissimo in termini elettorali. Costo che tuttavia non viene evitato con l’attuale istituzionalizzazione governativa. Dal 33 per cento di due anni fa a oggi c’è stato un ridimensionamento formidabile, tutt’ora in corso”.
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- David Allegranti @davidallegranti
David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.