L'intervista
Se la satira vi turba è un problema vostro, dice Gipi
Parla il fumettista e regista dopo i fatti francesi
C’è chi dice che Charlie Hebdo dovrebbe smetterla con le vignette, perché quelle morti sono sulla sua coscienza. “È come dire che se una donna viene stuprata è perché portava la minigonna", spiega il fumettista. "Se qualcuno si offende per delle vignette su Maometto è un problema suo. Non di chi le fa. E nemmeno di dio”
Dice Gian Alfonso Pacinotti, al secolo Gipi, fumettista e regista, che se vi adontate per la satira sono problemi vostri: “Se qualcuno si offende per delle vignette su Maometto è un problema suo. Non di chi le fa. E nemmeno di dio”, spiega al Foglio. “Voglio dire, poniamo per assurdo che dio esista: è dio, ha creato l’universo, i buchi neri, la nebulosa ‘testa di cavallo’, e si offende se uno dei suoi insetti umani nella sua scintilla di esistenza ha pronunciato o disegnato una parola che non gli piace? Se pensi così, devi avere un’idea davvero miserabile di dio, lo immagini simile al tuo capo ufficio. Io non credo in dio, ma se ci credessi vorrei che fosse migliore di me, libero dalle mie meschinità umane”. La Francia paga un altro tributo di sangue in nome della libertà di espressione. C’è chi dice che Charlie Hebdo dovrebbe smetterla, perché quelle morti sono sulla sua coscienza. “È come dire che se una donna viene stuprata è perché portava la minigonna. Ora, non dico di vivere nel mondo della frutta candita: so che se vado in un centro sociale di ultra sinistra con la felpa tricolore e il braccio destro teso è probabile che mi corchino di botte. Così come se vado a CasaPound con una maglia di Che Guevara è sicuro che mi corchino di botte. Intendiamoci, nel mio mondo ideale vorrei essere libero di andarci senza rischiare le botte, ma non dimentico che esiste la realtà. Però la libertà d’espressione è il cuore delle democrazie occidentali, non è una roba collaterale, non è una questione accessoria. Io posso non andare in un centro sociale a fare saluti romani o a CasaPound col libretto rosso di Mao e la mia vita non peggiora più di tanto. Ma se accetto limitazioni alla libertà di parola, allora è un problema grosso. Sa quante volte ho litigato con amici di sinistra che mi dicevano che i fascisti non devono parlare. Io penso invece che tutti debbano poter parlare. Le idee irragionevoli si distruggono con idee ragionevoli".
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- David Allegranti @davidallegranti
David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.