apologo romano sul grillismo
La missione mancata di Vito Crimi, che s'è perso lungo la Tuscolana
La presidente grillina del VII municipio lascia il M5s ma continua a governare coi voti del M5s. Lo zampino di Paragone, il sogno dell'Italexit, un capo politico che vorrebbe, ma nun je la fa
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Dicono che in realtà volesse andarci, da quelli. Che le cose le voleva sistemare, lui. E allora li avrebbe affrontati, ci avrebbe discusso, li avrebbe persuasi, in fondo, pensava, sono pur sempre il reggente, il capo politico del M5s, in pratica l’erede di Luigi Di Maio, mica cotiche. E insomma, forte dell’autorità conferitagli dal Casaleggio, avrebbe convinto lui quei consiglieri del VII municipio: “Guardate che non potete continuare così. Dovete aprire la crisi”. Solo che poi Vito Crimi ci ha riflettuto meglio. Qualcuno lo ha pure avvertito. Qualcuno che l’antropologia dei grillini romani (e non solo romani) la conosce bene: “Guarda, stai attento, perché quelli te ce mannano”. Dove? “A pijattela ’nder cu…”.
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- Salvatore Merlo
Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi universitaria in Inghilterra. Ho vinto alcuni dei principali premi giornalistici italiani, tra cui il Premiolino (2023) e il premio Biagio Agnes (2024) per la carta stampata. Giornalista parlamentare, responsabile del servizio politico e del sito web, lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.