Il governatore della Sicilia

Iperattivi e fannulloni

Musumeci il frugale. "Confermo. Ottanta per cento dipendenti incapaci e inetti. Vanno sanzionati". Intervista

Carmelo Caruso

La dichiarazione del governatore siciliano: "Funzionari che si grattano la pancia. Ho il dovere di provarci e cambiare questa burocrazia"

“Non so cosa sia il pentimento. No, io non mi sono pentito. Ho ragione. Anche i siciliani la pensano come me”. Ha dichiarato, e dunque pensa, che l’80 per cento dei dipendenti regionali, in Sicilia, non lavora ma “si gratta la pancia” e che in pratica si imbuca e si infratta nei sottoscala e negli uffici, superbe oasi di ozio e di sbadiglio dove si vive coccolati e remunerati a carico dello stato. Presidente, Nello Musumeci, sa che i sindacati sono pronti a querelarla? Vuole ritrattare? “Non mi interessa la percentuale. Se non è l’80 sarà il 70. Mi riferisco all’efficienza, ai tempi che la nostra burocrazia regionale impiega per liquidare una fattura, per erogare delle risorse. Sono impiegati inetti e incapaci che andrebbero sostituiti. Non sono tutti. E’ ovvio. Ci sono dipendenti che bruciano i tempi ma ce ne sono altri che bruciano le speranze”.

 

Lei, che non si gratta la pancia, quante ore lavora? “Lavoro diciotto ore al giorno. Non sono il solo. In Sicilia, esiste una minoranza di funzionari pubblici che non guarda l’orologio. E’ una minoranza che si oppone a una maggioranza e che fa di tutto per non lavorare. Non posso sopportarlo”.

Ma che si è messo in testa questo uomo alto e secco? Non è vero che solo in Olanda sono efficienti e frugali. A Palermo c’è un governatore che non ha peli sulla lingua. Da due anni e mezzo sferza 13.200 stipendiati a “cui abbiamo dato tutti gli strumenti del diritto. Hanno tutti i mezzi per fare presto, ma rallentano le pratiche, esercitano arroganza nei confronti dei cittadini. Ho le prove. Ricevo segnalazioni”.

 

Dice insomma che il suo non è uno sfogo e neppure il mal di stomaco del presidente iperattivo, ma la denuncia dell’uomo che vuole capovolgere l’antropologia dell’isola: “Non ho bisogno di fare il ruffiano con i dipendenti. I miei voti sono quelli dei siciliani liberi e non di un piccolo, ma compatto, esercito di sindacalizzati che (già sento) mi vuole muovere guerra e che annuncia querele. Non li temo”.

Sarà che la sua idea politica è quella romantica e rusticana, una vita da ex missino, pulizia e militanza, ma Musumeci non solo non li teme ma vuole sanzionarli. Non pensate ai cacciatori di fannulloni, altra categoria, in Italia, ormai inflazionata. E infatti, in una telefonata breve ma da pensiero squillante, Musumeci ricorda a questi simpatici gilet, tutti timbri e pausa cannolo, quale sia la loro fortuna: “In un momento quanto mai drammatico per la nazione, sono tra i pochissimi ad avere la certezza di uno stipendio. La sorte di migliaia di famiglie dipende dal loro operato. Ho il dovere di criticarli, stimolarli e sanzionarli”. In realtà ha fatto di più.

 

Presidente, “grattarsi la pancia” non è peggio di “fannulloni”? “No”. Risponde che in questa regione dove è caduto qualsiasi tabù l’unico a essere rimasto è quello legato al dipendente regionale: “Nessuno deve permettersi di attaccarlo. Porta voti e quindi, con lui, si deve usare il politicamente corretto. Mi dicono: lascia perdere. E io allora non solo non lascio, ma continuo”. Se la prende con lo smart working che come ha detto Beppe Sala è il pretesto, a volte, per rimanere nella grotta. “Io credo che Sala abbia ragione. Dello smart working penso tutto il male possibile. Non dico che non sia utile, ma dico che in Sicilia, e nell’amministrazione pubblica, non funziona. L’amministrazione non può mostrarsi ostile e impenetrabile”.

 

C’è chi si chiede se nel Meridione non sia preferibile avere il potere di licenziare anziché quello di assumere. Sta maturando questa opinione? “Non licenzierei nessuno, ma assumerei giovani laureati pronti al sacrificio. Questa polemica insegna una cosa. Una tessera sindacale non può mortificare il merito, la competenza di chi fa con scrupolo il proprio dovere. La verità è che questa regione finge di volere cambiare ma non vuole cambiare per nulla”.

Non ce l’ha fatta la grande letteratura, ce la farà lei? “Non ha la presunzione di riuscirci, ma ho il dovere di provarci”.

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