Mimmo Parisi (a sinistra) e Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Viaggi che non tornano e bufale su bufale. È ora di sacrificare Parisi

Luciano Capone

Dai mega rimborsi spese, ma rendicontati, ai confronti con il suo predecessore, il presidente dell'Anpal continua a mentire su tutte le questioni irrisolte che riguardano la sua fallimentare gestione dell’Agenzia

Roma. Esistono i bugiardi, i bugiardi seriali e poi c’è Mimmo Parisi. La manifestazione più cristallina e surreale di questa predisposizione naturale a mentire è stata quando l’uomo messo da Luigi Di Maio al vertice dell’Anpal, in audizione alla commissione Lavoro, ha risposto alle critiche sulla sua fuga in America in pieno lockdown: “Sono mortificato dall’idea che si sia creata la percezione che non sono presente in Italia – ha detto ai deputati –. Non è vero, io sono presente in Italia”. Il problema era che Parisi era collegato dal Mississippi e tutti lo sapevano.

  

  

Parisi ha continuato, allo stesso modo, a mentire su tutte le questioni irrisolte che riguardano la sua fallimentare gestione dell’Agenzia che si occupa delle politiche attive del lavoro. Come ad esempio i suoi mega rimborsi spese, mai rendicontati, che secondo interrogazioni parlamentari e ricostruzioni mai smentite dal diretto interessato ammontano a oltre 160 mila euro: 71 mila euro di voli da e per il Mississippi, 55 mila euro per il noleggio di una vettura con autista, 32 mila euro per un appartamento, più altre migliaia di euro di spese varie.

 

In audizione Parisi si è difeso facendo un confronto con il suo predecessore, il professore della Bocconi Maurizio Del Conte, che a suo dire rientrava molto più spesso di lui a casa. Il fatto è che Del Conte tornava nel weekend a Milano, in Lombardia, con il treno e non a Starkville, in America, ogni mese con l’aereo in business class. Oltre che sulla frequenza dei viaggi, il professore italoamericano presidente dell’Anpal si è difeso anche sull’entità delle somme spese tirando in ballo Del Conte. “Sono le stesse spese del mio predecessore che aveva anche la scorta. L’unica differenza sono i viaggi per tornare in Usa – ha detto recentemente a Repubblica –. Ma per rotta sopra le 5 ore ho diritto alla business class, lo dice la legge. E poi lo stesso collegio dei revisori approva l’affitto: 2.700 euro al mese, anziché più del doppio di albergo. Ho dato tutte le carte al direttore generale di Anpal e al ministero”.

 

Solo Parisi poteva concentrare così tante bugie in così poche parole. Basta andare sui siti di Anpal e Anpal Servizi (la società controllata di cui il presidente di Anpal è amministratore unico) per fare un confronto: Maurizio Del Conte ha speso in tre anni meno della metà di quanto Parisi ha speso in un solo anno; su base annuale Del Conte ha speso circa l’85 per cento in meno del capo navigator del Mississippi. In totale, sommando tutte le spese sia di Anpal che di Anpal Servizi, Del Conte ha speso circa 76 mila euro: dai 16 ai 23 mila euro di alloggio, mentre Parisi ne spende 32 mila; dagli 8 ai 12 mila euro di viaggi, mentre Parisi ne spende 71 solo di voli e 55 mila di vettura con autista (che Del Conte non aveva). Il conto è semplice da fare, anche perché l’ex presidente di Anpal – rispettando le norme sulla trasparenza – ha rendicontato e pubblicato i suoi rimborsi. Cosa che invece non ha fatto Parisi. E anche su questo è stato smentito dalla direttrice generale di Anpal Paola Nicastro, che da mesi gli chiede un resoconto analitico delle sue spese, e che pertanto quando ha letto sui giornali Parisi affermare di averle “dato tutte le carte” gli ha scritto una durissima lettera, mettendo in copia il Collegio dei revisori, il ministero del Lavoro e il Mef: “Non è mai stata fornita la richiesta documentazione attinente i rimborsi sostenuti da Anpal Servizi – scrive la Nicastro a Parisi –. La invito, per il futuro, a volersi astenere dal diffondere notizie infondate e contrarie agli atti ufficiali dell’Amministra - zione”.

 

Più recentemente, al Corriere della Sera, Parisi se n’è uscito con un’altra balla di cattivo gusto sempre nei confronti di Del Conte: “Il mio predecessore spendeva la stessa cifra. In più era scortato. Io pure avrei potuto prendere la scorta, ma ho rinunciato”. Assodato che Del Conte spendeva circa un settimo, la scorta non l’aveva richiesta ma gli era stata assegnata dal Viminale che riteneva la sua sicurezza a rischio durante la riforma del Jobs act. Quando dice “io pure avrei potuto prendere la scorta, ma ho rinunciato” Parisi mente di nuovo, perché la scorta non è un benefit che si può barattare con i voli in business class. E mente anche sulla business class quando afferma che “per rotte sopra le 5 ore ne ho diritto, lo dice la legge” perché a dirlo non è la legge, bensì un regolamento che lui si è scritto da solo e che il ministro del Lavoro Nunzia Catalfo ritiene illegittimo. Si dice che le bugie hanno le gambe corte, ma a un professionista come Parisi consentono di cadere in piedi. Almeno in Italia. Luciano Capone

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  • Luciano Capone
  • Cresciuto in Irpinia, a Savignano. Studi a Milano, Università Cattolica. Liberista per formazione, giornalista per deformazione. Al Foglio prima come lettore, poi collaboratore, infine redattore. Mi occupo principalmente di economia, ma anche di politica, inchieste, cultura, varie ed eventuali