Proporzionale, sì!

Valerio Valentini

Il Pd accelera sulla riforma elettorale per strappare FI ai sovranisti e trova ora una sponda inattesa in Salvini

Roma. A quelli tra i suoi che gli chiedono conto del paradosso, Matteo Renzi spiega che sta proprio lì, il senso dell’operazione: “E’ proprio perché tutti hanno l’accordo sul proporzionale, che noi rilanciamo sul maggioritario”. Sì, perché l’ex premier lo sa bene, che l’accordo è già chiuso. “Un patto della crostata, ma senza crostata”, lo descrive Gianfranco Rotondi, che alle trattative ci si è ritrovato in mezzo quando erano già chiuse. A condurle, sono stati i massimi livelli dei vari partiti, su iniziativa in particolare del Pd e della Lega.

 

Un incontro dei vertici del Nazareno, i capigruppo di Camera e Senato dem e il capo delegazione Franceschini, una decina di giorni fa, ha segnato l’avvio dell’operazione. E il perché di questa accelerazione lo si è capito martedì scorso, davanti allo sbraco sovranista della manifestazione di piazza del Popolo. “Diciamo che col proporzionale gettiamo un’àncora di salvataggio a Forza Italia per sottrarsi alla deriva pappalardesca”, sentenzia il dem Enrico Borghi. Perfino Federico Fornaro, capogruppo di Leu alla Camera che dunque al berlusconismo dovrebbe guardare con occhio torvo, non può che riconoscere che sì, “la svolta ribellista della destra spinge per il proporzionale, a cui guarderebbe con rinnovato interesse una FI europeista”. E d’altronde anche il Cav., che pure tentenna tra le opposte spinte dei suoi colonnelli, ieri è arrivato a proporre una sorta di nuova bicamerale per le riforme, sulla scorta degli inviti del Quirinale e in sintonia col nuovo approccio ecumenico di Conte. Una mossa, quella di Berlusconi, che sapeva un po’ di pentimento, visto che il giorno prima pure FI aveva partecipato alla sfilata romana, col povero Tajani nella parte di quello che guida la macchina al ritorno, e chiede scusa per le urla belluine degli amici avvinazzati che al bancone del bar continuano a fare baldoria.

  

Ma nel Pd hanno comunque esultato, percependo in quell’apertura del Cav. un desiderio di affrancamento dal giogo sovranista. “Col suo sì al Mes e una opposizione mai urlata – ci dice Andrea Marcucci – è da mesi che Berlusconi indirizza FI sempre di più verso un approdo liberale e fortemente europeista, lontano dall’estremismo parolaio di Salvini e dalla Meloni. Condivido la sua proposta di dialogo costruttivo – prosegue il capogruppo dem al Senato – e mi impegnerò affinché venga raccolto”. Il che, evidentemente, implica anche la garanzia di una legge proporzionale. “Che al Cav. piace senz’altro, così da potersi sbarazzare di Lega e FdI”, dice Rotondi. “E che del resto è reso necessario – prosegue il dem Borghi – dal taglio dei parlamentari: per cui prima del referendum di settembre ci dovrà essere un passaggio formale qui alla Camera, e secondo il Pd si deve andare verso il sistema tedesco, sul modello del cancellierato e con la sfiducia costruttiva”.

  

Una sicumera che nasce dal fatto che anche colui che in teoria più di tutti dovrebbe essere contrario al proporzionale ha in verità garantito il proprio assenso. Salvini è stato chiaro, a quanto pare: purché si tolga dal tavolo il ricatto del doppio turno (da sempre bestia nera della destra radicale, e non solo in Italia, come ben sa Marine Le Pen), la Lega non farà le barricate contro il proporzionale. “Perché Matteo – riferiscono i suoi fedelissimi – è convinto che col proporzionale potrà continuare a fare quello che meglio sa fare: e cioè il leader della Lega, e non del centrodestra. Massimizzare il suo consenso e puntare a essere il primo partito, senza l’ansia di doversi ‘istituzionalizzare’”. E non a caso, allora, proprio ieri il leader del Carroccio ha fatto sapere che è già pronto il tour elettorale estivo, così da tornare ai bagni di folla e ai selfie sui social. Per questo Renzi sente puzza di bruciato: sa che così, con lo sbarramento al 5 per cento e una FI spinta a sganciarsi dal centrodestra senza bisogno della calamita di Italia viva, il suo potere di veto, la sua funzione di federatore del centro e insomma la sua stessa sopravvivenza politica, verrebbero messi a rischio. E dunque rilancia: “Loro diranno proporzionale? E noi diremo sindaco d’Italia”. Anche perché alla Camera la legge elettorale dovrebbe passare col voto segreto, e la scommessa di Renzi è che, uscendo lui allo scoperto, anche Salvini e il Cav. dovranno dichiarare pubblicamente il loro sostegno al maggioritario. E infatti Roberto Giachetti, deputato di Iv, allarga le braccia: “Se il centrodestra, da sempre fautore del premierato, al momento decisivo vira sul proporzionale, ne prenderemo atto”. E non si capisce se fa la voce grossa o mette già le mani avanti.

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