Luca Lotti (LaPresse)

Un mezzo avviso di sfratto al ministro Spadafora, firmato Luca Lotti

Salvatore Merlo

“Il calcio è un’industria da 1 miliardo di euro. E lui traccheggia, fa il populista come se non ci fossero in ballo denari e persone”. Cambiare ora la legge Giorgetti. Intervista tra sport e governo

Roma. Parte dal calcio per arrivare alla politica, anzi quasi a una metafora del grillismo di governo che s’incarna, in questo caso, nell’uomo che lo ha sostituito al ministero dello Sport, cioè Vincenzo Spadafora, altrimenti noto nei corridoi della Camera come “il grillino dal volto umano”. E allora Luca Lotti, dirigente del Pd, leader assieme a Lorenzo Guerini di Base riformista, già ministro dello Sport, la mette così: “Spadafora dovrebbe decidere di decidere. Lo dico con tono di incoraggiamento. Il calcio può ripartire, o no? Alle società sportive dilettantistiche, di tutte le discipline, arriveranno aiuti o no? E poi: forse qualcuno pensa che ci sia una contrapposizione tra professionismo e dilettantismo, tra calcio e altre discipline? Tra calcio e valori sociali dello sport? Se così fosse scadremmo in un inutile populismo. Guardi, cerco di esprimermi senza toni eccessivamente polemici, se ci riesco. Ma sono questioni che mi appassionano, cose a cui tengo. Alle quali ho lavorato. E ho purtroppo l’impressione che alcuni non si rendano conto fino in fondo di quale patrimonio economico e sociale si trova a gestire”.

 

E allora partiamo dal calcio, lo sport più amato. Il ministro Spadafora sta rinviando e rimandando l’autorizzazione a ricominciare gli allenamenti delle squadre di calcio, al punto da far sospettare che voglia far saltare il campionato. Rendendolo impossibile. Ma senza deciderlo, in realtà. Traccheggiando. “E’ un brutto sospetto ma giustificato”, risponde Lotti. “Mi augurerei che il calcio venisse trattato con gli stessi riguardi che il ministro dello Sviluppo dovrebbe avere nei confronti delle imprese. Il calcio, nel suo complesso, è un’industria. Enorme. Fattura 1,5 miliardi all’anno”.

 

E insomma, dice Luca Lotti, non si può lasciare nell’incertezza un’industria così importante “che con i suoi guadagni garantisce entrate allo stato e finanzia anche investimenti che poi vengono utilizzati per gli altri sport. Lo ripeto, allora, o il ministro Spadafora ha il coraggio di fermare il Campionato per decreto o altrimenti, se pensa che il calcio possa ripartire, deve dare tempi e linee guida. Delle due l’una. La politica è decisione. Scelta. Ci sono investimenti, interessi, un sistema che intorno a questa vicenda del calcio ci vive. Ci sono persino i diritti tv, che sono molti soldi. E’ increscioso non prendere decisioni. Lo è sempre. In ogni campo”.

 

Tuttavia, sottilmente, Spadafora lascia intendere che non si fanno corsie preferenziali per i ricconi del calcio. Per i ragazzini miliardari in pantaloncini corti. “Se l’assunto è ‘tu difendi i ricconi’, che vi devo dire? Allargo le braccia o forse mi cadono proprio a terra. E’ la rappresentazione di un pregiudizio semplicione che non porta nulla di buono. E’ retorica. Regresso. Come quando il M5s si chiedeva a che servono le Olimpiadi. E allora le facevano saltare a Roma e le facevano perdere a Torino. Come quando si contrapponevano ai Mondiali di sci a Cortina, che ho voluto fortemente. Ed erano contrari perché secondo loro dovunque c’è una spesa, un investimento, un’infrastruttura o del denaro allora c’è anche il male e la corruzione. Ma i Mondiali di sci a Cortina oggi consentono di costruire quelle infrastrutture dove si allenano Sofia Goggia, Federica Brignone e Marta Bassino. Quelle strutture dove già adesso si allenano le future campionesse. Governare significa avere a che fare con la realtà, non con strani e contorti schemi para-ideologici. Per fortuna su questi temi sembrano aver cambiato idea, come abbiamo visto con l’approvazione della Legge olimpica”.

 

E allora che dovrebbe fare Spadafora? “Dovrebbe decidere, sentito il parere del comitato tecnico-scientifico, se il campionato di calcio può iniziare o no. Poi, se stabilisce che può iniziare, allora bisogna costruire la cornice che garantisca la sicurezza sanitaria. Infine, e siamo sempre nel campo delle decisioni, dovrebbe venire incontro ai dilettanti di tutti gli sport e discipline. Ci sono società sportive che con la crisi Covid stanno subendo danni enormi: hanno bisogno di contributi, concessioni, garanzie che ancora non arrivano. Anche qui però sono fiducioso che le risorse arriveranno con il prossimo decreto”.

 

C’è anche la famosa legge Giorgetti, quella che ha tolto al Coni il potere di spesa per attribuirlo di fatto al governo. “Ecco, anche lì: Spadafora si è accorto che non c’è più la Lega al governo? Bisogna fare i decreti attuativi. Quella è una legge sbagliata, che favorisce l’ingerenza politica su un settore dal quale la politica dovrebbe invece stare lontana con i suoi appetiti di lottizzazione. Trovo sorprendente che Spadafora rimanga sulla linea di Giorgetti. La legge si può cambiare. Anzi, si deve cambiare. Profondamente”.

 

E il ministro dello Sport non lo cambiamo? “Io rispetto Spadafora. E faccio parte della maggioranza, lealmente. Parlo, con tono appassionato, perché vorrei spronare il ministro. E aiutarlo, se possibile”. E lui si fa aiutare? “Mi auguro di sì”.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.