Luigi Di Maio (foto LaPresse)

Triangoli per il dopo

Valerio Valentini

Perché Di Maio osserva con interesse le mosse di Salvini e Renzi per liberarsi di Conte (e occhio agli ex dc)

Roma. Per un po’ i responsabili li ha cercati anche lui. Ma non per puntellare il governo attuale. Anzi, se Luigi Di Maio ha chiesto e richiesto a Gianfranco Rotondi se fosse possibile allestire una pattuglia di democristiani, era proprio per impedire che Giuseppe Conte occupasse troppo spazio. Poi non se ne è fatto niente: “Luigi – gli ha detto Rotondi – non è praticabile, lo schema che hai in mente tu”. 

 

E lo schema che ha in mente Di Maio era, grosso modo, quello che hanno in mente anche Renzi e Salvini. E cioè, in teoria, un governissimo. In pratica, fare fuori Conte. A cui, non a caso, ieri il ministro degli Esteri – presentandosi tutto azzimato in conferenza stampa col supposto standing internazionale di chi, da ex capo del M5s, ora sogna di lanciare una campagna senza confini contro le fake news – ha tirato un calcio negli stinchi dicendo che “serve responsabilità anche nella comunicazione istituzionale”. Citofonare Casalino, insomma. Del resto, la guerriglia di “Giggino ’a marachella” (così lo chiamano a Palazzo Chigi) a Conte, dura da settimane: da quando, cioè, ha fatto finta di ritirarsi dalla guida del M5s. Interviene sulle trattative in corso, ostacola gli accordi col Pd sulla Rai (Orfeo al Tg3? Manco morti), s’intromette sulle nomine. Quando Conte aveva pianificato di stanare Renzi nell’Aula del Senato, programmando per inizio marzo un voto di fiducia sulla nuova agenda di governo, Di Maio s’è di nuovo messo di traverso: “Non se ne parla”, ha intimato a Vito Crimi, che credendoci davvero di essere il capo del M5s aveva dato al premier la garanzia del sostegno dei grillini. Macché: “Prima il programma va concordato con gli alleati”, è stata la motivazione ufficiale. Quella reale, pare, sta nella voglia di Di Maio di logorare Conte.

 

E della cosa deve essersene accorto anche Giancarlo Giorgetti, che nel tessere la ragnatela che dovrebbe imbrigliare il fu “avvocato del popolo” non ha certo dimenticato di rinsaldare i contatti col ministro degli Esteri. “Delle due l’una”, ragiona un confidente di Giorgetti. “O fai un governissimo togliendo di mezzo Conte. E allora ti serve che Di Maio garantisca che i 5s ci stiano. Oppure provi con un governo di centrodestra, ma ti serve lo stesso che Di Maio ne porti dentro una cinquantina dei suoi. Come che sia, ti serve Di Maio”. E forse è anche per questo che i leghisti, attraverso i soliti pontieri (Gian Marco Centinaio da un lato, Riccardo Fraccaro dall’altro), per canali di comunicazione sotterranei mai del tutto chiusi, sono tornati a solleticare le ambizioni dell’aspirante statista di Pomigliano, forse perfino le sue incompiute velleità da premier. Di più. Perché nelle orecchie dei fedelissimi di Di Maio risuonano anche altri ragionamenti di Giorgetti: quelli secondo cui, un po’ come fece Bossi nel ’94 col governo del Cav., Salvini non farebbe parte, in prima persona, di un eventuale nuovo esecutivo. Insomma, la convinzione diffusa, tra lo stato maggiore del Carroccio, l’ipotesi paventata tra i ministri grillini, è che alla fine, laddove non dovessero riuscirci da soli i due Matteo, a dare la spinta decisiva per buttare giù Conte ci penserebbe proprio Di Maio. Ché niente unisce più che l’avere un nemico in comune. 

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