Foto LaPresse

Come affrontare la crisi economica?

Valerio Valentini

Quando il virus passerà. Orlando (Pd) ci spiega perché guardare ai “liberali” di FI non è affatto un tabù

Roma. Più del tweet, conta l’esegesi del tweet. “Se Andrea ha posto il veto solo sulla Lega – dicono i deputati del Pd davanti alla buvette – vuol dire che su Forza Italia non c’è alcuna preclusione”. E l’Andrea in questione, cioè Orlando, eccolo che compare in Transatlantico: “Se una forza liberale decide di assumersi le sue responsabilità e sposare un progetto di rilancio dell’economia del paese – dice il vicesegretario dem – perché dovremmo opporci? Anzi, se settori liberali di centrodestra si sganciassero dalla Lega, avremmo fatto bingo, rompendo il centrodestra”.

  

E certo, ci sta che nel ragionamento di Orlando affiori una certa ansia di stoppare, con un colpo solo, sia la proposta di Salvini – un governo di salvezza nazionale che duri “solo otto mesi”, anche se Giorgetti già sussurra nell’orecchio di Renato Brunetta che quella scadenza è scritta sull’acqua – sia quella più ardimentosa di Renzi, secondo cui le resistenze trasversali a un governissimo svaporeranno con l’aggravarsi della crisi. E forse fiutando l’aria, l’ex premier già scarta di lato verso una probabile cavalcata all’opposizione (e le dimissioni di Ivan Scalfarotto da sottosegretario degli Esteri vanno lette anche in quest’ottica), se è vero che mercoledì, nel bar del Senato, a un manipolo di ex compagni del Pd ha fatto sapere che “finita l’emergenza del coronavirus, tra quindici giorni spariglio”, sentendosi rimproverare da Andrea Marcucci, capogruppo dem: “Così non fai altro che rafforzare Conte”. Ecco allora che per disinnescare la mina renziana, l’idea di coinvolgere i parlamentari forzisti torna d’attualità. Idea ardita, certo. Anche perché dovrebbe maturare una rottura nel centrodestra tutta da costruire, magari puntando sull’iniziativa dei “quarantenni azzurri”. Ma Antonio Tajani, a mezzogiorno, raduna un manipolo di deputati di FI in un angolo di Montecitorio: “Noi non possiamo stare in un governo col Pd, guidato magari da Franceschini”. E quindi lo stallo permane: anche perché nel M5s, “il governo Amuchina” (cit. Davide Crippa, capogruppo alla Camera) appare come una contaminazione berlusconiana da evitare. Sempreché, beninteso, la pandemia non degeneri, scombussolando i piani di tutti. 

Di più su questi argomenti: