Senato (LaPresse)

Così il Parlamento fluido complica i piani dei responsabili per Conte

Valerio Valentini

Fioramonti evanescente, Leu al bivio, lo scouting di Pd e Iv. E dopo le regionali, la frattura nel M5s può cambiare gli equilibri

Roma. Due settimane fa pareva fatta. “Siamo in quattordici, alla Camera”, aveva fatto sapere Lorenzo Fioramonti, aggiornando i parlamentari a lui più vicini sull’ultimo conteggio. Che poi però s’è risolto in nulla, perché in quella sgarrupata pattuglia c’era finito dentro un po’ di tutto. E infatti Bruno Tabacci a un certo punto s’era incuriosito sull’operazione, e aveva chiesto ad Alessandro Fusacchia, che ne era in parte coinvolto, che aria tirasse: “Lascia perdere”, era stato il responso. “Non avremmo alcuna credibilità”, ha spiegato all’ex ministro grillino anche Andrea Cecconi, pure lui fuoriuscito dal M5s, additando ad esempio, tra le potenziali reclute, deputati già in contatto con altri partiti. Gente come Nunzio Angiola e Gianluca Rospi: due ex grillini, entrambi docenti universitari, in cerca di nuovo collocamento. “Sono in corso delle interlocuzioni con diversi partiti”, dice Angiola, il quale non nega, ad esempio, che anche tra i renziani di Italia viva ci siano “tanti cari amici”. Rospi, invece, lo si vede spesso passeggiare sotto braccio a Gaetano Quagliarello (“Ma solo perché siamo vicini di casa”), vecchia volpe della politica, oggi senatore, in odore di “responsabilità”.

   

Segno, evidentemente, che un po’ dappertutto è scattata la caccia grossa, lo scouting per arruolare gli apolidi del Transatlantico. Anche il Pd, ovviamente, osserva con attenzione le mosse di tanti grillini insoddisfatti, sia alla Camera sia al Senato, o lasciati in decantazione nel Misto. Per il deputato Santi Cappellani, uscito dal M5s in polemica a inizio gennaio, pare cosa fatta. Ma è tutto un lavorio di lusinghe e di contrattazioni personali, un rimestio continuo e inconcludente che spiega anche la difficoltà di Giuseppe Conte nel poggiare i suoi piedi su una base vagamente solida, visto che la formazioni vere o presunte di responsabili assomigliano a nebulose che di continuo si addensano e che poi, nel giro di un pomeriggio, si dissolvono.

  

E così, con un M5s in dissoluzione e una Forza Italia allo sbando, il Misto continua ad ingrossarsi di settimana in settimana. Offrendo a chi vi entra, evidentemente, tutti i vantaggi economici del caso (minori spese per gli uffici, nessun contributo al partito) ma anche un peso specifico inconsistente nelle contrattazioni governative. Lo si capisce ad esempio dalla stizza con cui, di fronte all’ennesima provocazione di Renzi al Senato, tre giorni fa Loredana De Petris sbuffava alla buvette: “Quello ha 18 senatori e fa il bullo, ma se mi stanco farò valere anche io i miei 19”. E forse quello della capogruppo del Misto era uno sfogo non casuale, se è vero che nella galassia della sinistra, di cui l’esponente di Leu fa parte, si prevedono cambiamenti. “Una parte di noi è in stretta connessione del Pd”, dice Stefano Fassina, rivendicando il suo ruolo di “cane sciolto”. “Un’altra sta valutando se sia possibile avviare un lavoro comune con quella parte dei grillini stabilmente nel campo della sinistra”. E chissà se sarà “Eco”, la futuribile piattaforma di Fioramonti, il contenitore giusto, o se solo l’ansia di una competizione elettorale, quando mai dovesse arrivare, spingerà i dubbiosi a decidersi sul serio.

  

A una scadenza più immediata, invece, allude Giorgio Trizzino, deputato siciliano del M5s: “Da qui a due o tre mesi, credo che rivoli e derive saranno inevitabili nel Movimento, e forse potrebbero dar vita a uno smottamento complesso”. Perché d’altronde sia la baruffa interna sulle regionali (allearsi col Pd oppure no?), sia il collocamento politico che dovrà essere deciso agli Stati generali, costantemente ritardati, sembrano il preludio per una spaccatura netta del M5s: “Io voglio sperare che si riesca a ricostruire questo Movimento da capo”, confessa Trizzino, “ma se si continua con questa vaghezza di strategia, una divisione è solo questione di tempo”. Tre mesi, appunto: quanti ne mancano alle regionali di maggio. E’ lì che il M5s rischia di scomporsi, cessando di essere, tutto intero, un blocco imprescindibile per la costituzione di qualunque maggioranza. E allora il corso della legislatura potrebbe cambiare.

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