Alla Lega servono i voti del sud e Salvini è costretto a dimenticare gli insulti di Micciché

Riccardo Lo Verso

Il Carroccio entra nella giunta Musumeci e ricuce con Forza Italia: così si chiude la due giorni siciliana del Capitano. Strette di mano, baci e abbracci con Gianfranco Micciché che gli aveva dato due volte dello stronzo. “Io non serbo rancore”, dice

Matteo Salvini ci ha messo una pietra sopra. Di più, per archiviare i coloriti screzi del passato con Gianfranco Miccichè il Capitano ha utilizzato la piccola statua di Santa Rosalia ricevuta in dono dal presidente del parlamento siciliano. Con grande rispetto per la Santuzza e patrona dei palermitani, si intende. E dire che appena una manciata di mesi fa lo stesso Miccichè gli aveva dato dello “stronzo” in un paio di occasioni nei giorni caldi in cui il leader della Lega, da ministro dell'Interno, chiudeva i porti, dimostrando, così tuonava Miccichè, di non provare alcuna “pietà di un civile inerme, ferito, indifeso". Si riferiva ai migranti ai quali il ministero non concedeva l'autorizzazione a sbarcare sulle coste siciliane.

    

Gianfranco Miccichè a Palazzo Reale con Matteo Salvini (foto Stefano Cavicchi/LaPresse)

       
Acqua passata. Ora c'è un alleanza da fortificare in Sicilia. Alla fine, dopo tanti corteggiamenti, Salvini ha ceduto alle lusinghe del governatore Nello Musumeci ed entrerà nel governo della regione. Gli toccherà, quasi sicuramente, un assessorato di quelli che piacciono parecchio al leghista, e cioè l'agricoltura, dove è più facile mostrarsi vicino alla gente che lavora. Sono mesi che Musumeci tenta di l'avvicinamento, spiegandogli che il suo movimento sicilianista, Diventerà Bellissima, è il partner ideale per sfondare nell'Isola. Salvini ci ha pensato per un po'. L'estate scorsa aveva lanciato la sua autonoma campagna del sud, andandosene in giro per i lidi balneari. Era convinto di farcela da solo a raccogliere il consenso del Movimento 5 stelle nel Mezzogiorno. Credeva che bastasse scusarsi per i toni eccessivi usati in passato per apostrofare la gente del sud. Era la stagione ante Papeete. Probabilmente il Capitano ha capito che gli serve muoversi, anche in Sicilia, all'interno del vecchio schema del centrodestra per fare breccia nell'elettorato meridionale. Il pretesto per entrare in giunta è il fatto che adesso all'Assemblea regionale siciliana la Lega ha un suo gruppo parlamentare, composto da un ex Fratelli d'Italia, due ex Forza Italia e un ex Udc. D'altra parte in tutte le realtà locali la Lega si è sempre candidata nel e con il centrodestra. L'esperienza delle elezioni regionali in Calabria, dove la neo presidentessa è una forzista, gli avrà suggerito che c'è ancora bisogno degli storici alleati.

   
E allora scordiamoci il passato e gli insulti di Micciché che ha stemperato subito i toni alla sua maniera: “Gli ho detto, ma fai ancora lo stronzo?”, ha spiegato con una battuta dopo aver accompagnato per oltre un'ora Salvini in visita a Palazzo dei Normanni. La Lega entra nel governo della Sicilia, in una terra che mai ha sfruttato a pieno l'autonomia di cui gode. A proposito, nella calda estate scorsa dal palco di Lecco, profondo nord, mentre si discuteva della richiesta di autonomia differenziata delle regioni, Salvini se la prese con “alcuni politici ladri e incapaci del sud, che da cinquant'anni derubano il paese. Con l'autonomia gli incapaci vanno a casa”. Chissà con chi ce l'aveva. Si rassegni dunque anche Umberto Bossi per cui i “meridionali vanno aiutati a casa loro altrimenti straripano al nord come gli africani”. D'altra parte dalla Lega di Salvini è da tempo scomparsa la parola nord.