Salvini e l'algoritmo dello sciacallo
Se c’è un problema, una paura, lui offre sempre la soluzione più becera ma anche la più inutile. Ha cominciato con gli immigrati, ora è arrivato al coronavirus. Ma è prevedibile, e un po’ noioso. Un generatore automatico di post su Facebook
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Roma. Lo sciacallo, si sa, lucra approfittando del malessere e dello smarrimento di tutti. Ma la cosa, in Matteo Salvini, ha preso ormai da tempo un andamento scontato, verrebbe da dire meccanico. Il fenomeno si presenta infatti con una frequenza e una regolarità quasi da algoritmo più che da strategia riflettuta. E allora c’è un problema, qualcosa che fa paura agli italiani, arriva un virus sconosciuto dalla Cina, ci sono gli immigrati, gli spacciatori, i rapinatori, ed ecco che lui – gote gonfie, sguardo corrucciato, in felpa o a torso nudo, col girocollo o la divisa, col salame o il mojito – propone la soluzione più becera, più banale, ma anche quella che non serve a niente ma che pure risulta capace di reclamare un consenso emotivo e semplificato, ad alto impatto. Arriva dunque una nave con sessanta persone dal nord Africa? E lui, ministro, li tiene sospesi per qualche giorno, sbraita a casaccio, poi si eclissa e li fa sbarcare. Sai che minaccia. Un immigrato violenta una donna italiana? E lui ribadisce che siamo stufi di vedere tutti questi neri in giro. Si pagano troppe tasse? E lui invita i negozianti allo sciopero fiscale. C’è un problema di integrazione islamica? E lui propone la chiusura delle moschee. Gli dicono che forse c’è uno spacciatore? E lui gli citofona. Ci sono due casi di coronavirus in Italia? “Contiamo che il governo controlli ogni singolo ingresso in Italia via mare, via aereo o via terra”, ha detto ieri. E poi, su Twitter: “E’ così che il governo tutela la salute e la sicurezza degli italiani???”.
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- Salvatore Merlo
Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.