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Salvini si rivolge alla Madonna di Medjugorie, Giorgetti al Quirinale

Salvatore Merlo

La manovra in extremis del numero due leghista per salvare il suo leader zuzzurellone nel giorno della Consulta

Roma. Stasera, o al massimo domani, la Corte costituzionale si esprimerà sull’ammissibilità del quesito referendario, presentato dalla Lega, che prevede l’abolizione della quota proporzionale dell’attuale sistema di voto. Poiché, a quanto pare, il giudizio della Corte è in bilico, e persino gli ambienti di centrosinistra esprimono una certa cautela, cioè nemmeno loro sanno prevedere come andrà a finire (anche se propendono moderatamente per l’idea che la Corte rigetti il quesito), ecco che negli ultimi giorni nella Lega si è imposta, momentaneamente almeno, la strategia di Giancarlo Giorgetti, quella che lui stesso ha in parte esposto ieri sulle colonne del Foglio. E insomma, come Matteo Salvini chiede l’aiuto del cuore immacolato di Maria, così Giorgetti chiede di fatto l’intercessione del presidente della Repubblica.

 

 

Più raffinato di Salvini nella manovra politica e di Palazzo – e per questo a Salvini utilissimo – probabilmente meno spregiudicato del leader, e forse anche più legato per inclinazione personale all’idea antica e tutt’altro che defunta di una omogenea alleanza di centrodestra, ecco che Giorgetti ha spinto Salvini, lui che fino all’altro ieri trattava sottobanco per il proporzionale, a percorrere invece in extremis, proprio alla vigilia della sentenza della Consulta, una strada che con un po’ di fortuna possa condurre a un sistema elettorale di tipo maggioritario che ricompatti definitivamente l’alleanza di centrodestra restituendo all’Italia una parvenza di ordine bipolarista. Per Salvini l’operazione è a costo zero, e infatti già domani potrebbe fare un’altra capriola proporzionalista: a lui non importa come si governa basta che si governi. Mentre per Giorgetti, che segnala la crescita inoccultabile di Giorgia Meloni e teme sinceramente i governi di coalizione disomogenei – traumatizzato dall’esperienza con Di Maio e compagni – “l’operazione maggioritario” è un buon servizio reso al suo leader zuzzurellone (e in prospettiva anche a tutta l’area politica della destra italiana).

 

 

Così, tra messaggi diretti e indiretti, interviste, dichiarazioni pubbliche e anche qualche telefonata ben assestata, ecco che il numero due della Lega ha inviato una cristallina richiesta d’intercessione rivolta a Sergio Mattarella, “il nostro presidente della Repubblica”, diceva Giorgetti, inventore a suo tempo dell’omonima legge maggioritaria con correttivo proporzionale nota, appunto, con il nome di Mattarellum. “La consulta ha un ruolo di attore istituzionale”, ha detto Giorgetti, se respingesse il quesito proposto dalla Lega “sarebbe un brutto segnale. Perché precipiteremmo di sicuro nella palude di coalizioni eterogenee composte in Parlamento dopo il voto. La soluzione, di mediazione, è tornare al Mattarellum”. Qualora infatti stasera la Consulta accettasse il quesito referendario leghista che vorrebbe cancellare la quota proporzionale del cosiddetto Rosatellum, la strada della riforma elettorale, fin qui proporzionale per volontà del Pd, verrebbe repentinamente dirottata verso correttivi di tipo maggioritario. Infatti, per effetto della sentenza costituzionale numero 68 del 1978, il Parlamento chiamato a legiferare sul sistema di voto non potrebbe ignorare – non senza esporsi a un ginepraio di ricorsi – la natura del quesito che, per l’appunto, va in senso maggioritario. Ed ecco che Giorgetti ha già individuato il punto di sintesi, cioè la legge inattaccabile non solo per il nome illustre che porta, quello di Mattarella, ma anche per via delle battaglie fatte in passato dal centrosinistra a suo favore. Ieri pomeriggio, in Transatlantico, una vecchia volpe di Palazzo, Bruno Tabacci, sopravvissuto a tutto e ancora capace di farsi rieleggere in Parlamento, liquidava la mossa leghista come “disperazione pura”. Vero, ma anche no. Nella Lega sono ormai abbastanza rassegnati all’idea che questo governo azzoppato e periclitante sopravviva, persino a una eventuale sconfitta in Emilia-Romagna. E Giorgetti forse non considera l’eventuale risultato positivo alla Consulta come un elemento seriamente destabilizzatore del quadro politico. Quello che probabilmente gli interessa, in prospettiva, è forse mettere al riparo Salvini da se stesso e dalle sue voglie disordinate.

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  • Salvatore Merlo
  • Milano 1982, vicedirettore del Foglio. Cresciuto a Catania, liceo classico “Galileo” a Firenze, tre lauree a Siena e una parentesi erasmiana a Nottingham. Un tirocinio in epoca universitaria al Corriere del Mezzogiorno (redazione di Bari), ho collaborato con Radiotre, Panorama e Raiuno. Lavoro al Foglio dal 2007. Ho scritto per Mondadori "Fummo giovani soltanto allora", la vita spericolata del giovane Indro Montanelli.