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Ambiguità e finzioni: il 2019 di Salvini, un anno vissuto irresponsabilmente

Claudio Cerasa

Un passo avanti e quattro indietro sull’Europa e sull’euro. Essere stato al governo e far finta di non esserci mai stato. L’opposizione non funziona: c’è qualcuno nella Lega che spingerà l’ex Truce a tornare al governo senza passare per le elezioni?

Senza doverci girare troppo attorno, il personaggio più importante dell’anno che si chiude è stato senza dubbio il leader della Lega Matteo Salvini e dall’inizio del 2019 nel bene e nel male è stato lui a dettare l’agenda della politica ed è stato lui a creare una nuova forma di bipolarismo nell’opinione pubblica: i tpS, i tutto purché Salvini, e i ttS, i tutto tranne Salvini. E’ stato, politicamente parlando, il personaggio dell’anno perché prima, ai tempi del governo gialloverde, ha conquistato l’egemonia di un esecutivo facendo valere il suo 17 per cento quanto il 32 per cento degli alleati, e portando nel giro di dodici mesi il suo partito dal 17 al 34 per cento, ed è stato politicamente il personaggio dell’anno perché poche volte prima di Salvini un leader dotato di così tanto consenso era stato in grado di perdere il potere da solo senza guadagnarci praticamente nulla. Come uomo specializzato in campagne elettorali, Salvini merita il massimo dei voti. Ma come uomo con capacità di governo il leader della Lega merita il minimo dei voti e gli ultimi dodici mesi di politica italiana ci hanno ricordato ancora una volta che la principale differenza tra il populismo modello Salvini e quello modello Grillo è che il secondo populismo è pericoloso perché non sa quello che fa mentre il primo populismo è pericoloso perché sa quello che fa.

  

Il populismo che sa quello che fa fingendo di non sapere quello che fa è quello che la Lega ha messo in campo negli ultimi dodici mesi rispetto alle tematiche dell’Europa e dell’euro e nonostante i tentativi compiuti negli ultimi mesi da molti esponenti della Lega di mostrare un volto diverso rispetto a quello anti europeista, su questo fronte il 2019 ci ha insegnato almeno due cose: non esiste passo in avanti della Lega sui temi della difesa dell’euro che non sia seguito da quattro passi indietro sullo stesso tema (per ogni dichiarazione di Salvini sull’euro ce ne sono altre quattro di Borghi e Bagnai che vengono rilanciate dalla Bestia leghista) e non esiste battaglia europea che non abbia come suo elemento centrale il tentativo costante di distruggere ai fianchi i pilastri che sostengono la moneta unica (vedi la battaglia contro il Meccanismo europeo di stabilità trasformata poi in una battaglia per abolire il Mes: e se non c’è il Mes non c’è più uno dei meccanismi vitali che rendono possibile l’esistenza dell’euro).

 

Il 2019 di Salvini è stato un anno all’insegna dell’irresponsabilità assoluta – ove per irresponsabilità in questo caso si intende la volontà di portare avanti politiche pericolose, dannose, non responsabili – ma è stato anche un anno che seppure per pochi mesi ci ha permesso di osservare da vicino cosa è disposto a perdere Matteo Salvini pur di governare, ricordandoci che ogni elemento di finta moderazione messo in campo dalla Lega salviniana altro non è che un semplice strumento, un mezzo non un fine, per avvicinarsi al potere. In questo senso, l’irresponsabilità di Salvini è emersa anche su altri fronti e uno dei dati curiosi di questo 2019 è che buona parte delle battaglie politiche messe in atto dalla Lega negli ultimi mesi sono battaglie che mostrano l’altro dato della non responsabilità di Salvini: essere stato al governo e far finta di non esserci mai stato. Capita così che la Lega di Salvini si ritrovi a fare opposizione contro una riforma del Mes il cui negoziato è stato il governo guidato anche da Salvini a portare avanti. Capita così che la Lega di Salvini si ritrovi a fare opposizione contro una riforma, quella che abolisce la prescrizione dal primo gennaio 2020, che è stato il governo guidato anche da Salvini a portare avanti. Capita così che la Lega di Salvini si ritrovi a fare opposizione contro una riforma, quella del reddito di cittadinanza, che è stato il governo guidato anche da Salvini ad approvare nella manovra di un anno fa. Capita così che la Lega di Salvini si ritrovi a fare opposizione contro un metodo fatto proprio da questo governo, quello di approvare la legge di Bilancio a cavallo delle vacanze di Natale, che era stato il governo guidato anche da Salvini a far proprio, quando la legge di Stabilità venne votata a scatola chiusa il giorno prima della fine dell’anno. Capita così che la Lega di Salvini si ritrovi a fare opposizione contro il governo che alza la pressione fiscale, dello 0,1 per cento, quando fu proprio il suo governo, quello guidato anche dalla Lega, ad alzare la pressione fiscale della stessa percentuale e a ingrassare ulteriormente le clausole di salvaguardia sull’Iva. Capita così che la Lega di Salvini si ritrovi a fare opposizione contro un governo che mette a rischio l’industria siderurgica italiana, vedi il caso Ilva, quando fu proprio la maggioranza di governo guidata anche da Salvini a compiere il primo passo in Parlamento per abolire la norma che garantiva agli investitori a Taranto lo scudo penale. Capita così che la Lega di Salvini si ritrovi a fare opposizione contro un governo che, a detta della Lega, metterebbe in fuga gli investitori dal nostro paese, caratteristica propria dei quattordici mesi di governo gialloverde. Capita così che la Lega di Salvini si ritrovi a fare opposizione contro un governo che metterebbe a rischio i nostri risparmi dimenticando che fu proprio il governo guidato anche dalla Lega a introdurre una riforma, chiamata quota cento, che non ha portato i benefici che aveva promesso di portare (ricordate? “Per ogni pensionato, tre nuove assunzioni”) e che ha appesantito ancora di più il nostro debito pubblico (quasi trenta miliardi di euro di spesa nei prossimi tre anni).

 

La doppia irresponsabilità di Salvini è una delle ragioni per cui l’opposizione della Lega a questo governo tende a non funzionare – ragione per cui l’opposizione che cresce non è quella salviniana ma è quella meloniana – e per quanto la Lega sia lì appollaiata al trenta e rotti per cento, se questo governo riuscirà ad andare avanti ancora a lungo scavallando magari l’estate costringerà un pezzo importante della classe dirigente leghista a porsi una domanda difficile ma non impossibile: ci sono o no gli spazi già in questa legislatura per riportare la Lega al governo e mettere Salvini alla prova del potere senza dargli i pieni poteri che avrebbe andando alle elezioni? Salvini non voleva rompere con il Movimento 5 stelle ma alla fine la rottura gli è stata imposta dall’asse formato da Giorgetti e dai governatori delle regioni.

 

Il grande tema del 2020, più che le elezioni anticipate, potrebbe essere questo: c’è qualcuno nella Lega che spingerà Salvini, anche a costo di logorarlo, ad andare al governo senza passare per le elezioni? In Parlamento nessuno ci crede ma al Quirinale se ne parla e quello che viene chiamato il “controribaltone” è un tema che oggi sembra lontano, ma più passerà il tempo e più potrebbe trovare anche in Parlamento sponde oggi poco sospettabili. Salvini ha portato la Lega a numeri incredibili ma buona parte della Lega ha capito che il nemico più pericoloso della Lega di Salvini è lo stesso Salvini. E se la Lega non perderà i suoi tratti di irresponsabilità, sarà difficile non vederla avvicinarsi al pericoloso muro della realtà.

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  • Claudio Cerasa Direttore
  • Nasce a Palermo nel 1982, vive a Roma da parecchio tempo, lavora al Foglio dal 2005 e da gennaio 2015 è direttore. Ha scritto qualche libro (“Le catene della destra” e “Le catene della sinistra”, con Rizzoli, “Io non posso tacere”, con Einaudi, “Tra l’asino e il cane. Conversazione sull’Italia”, con Rizzoli, “La Presa di Roma”, con Rizzoli, e "Ho visto l'uomo nero", con Castelvecchi), è su Twitter. E’ interista, ma soprattutto palermitano. Va pazzo per i Green Day, gli Strokes, i Killers, i tortini al cioccolato e le ostriche ghiacciate. Due figli.