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Così Renzi prova a utilizzare il “contratto di governo” per allargare Italia viva

Valerio Valentini

I possibili dissidi nella maggioranza sulla giustizia e l'attesa di Iv per aumentare il suo peso in parlamento. Scenari

Roma. Ufficialmente, la posizione del partito è quella espressa da Maria Elena Boschi. Per cui no, “il termine ‘contratto di governo’ non ci piace affatto”. E però, al di là della scelta lessicale che si adotterà per legittimare un rilancio dell’azione dell’esecutivo che tutti nella maggioranza danno per necessaria, è evidente che Italia viva non lascerà certo vuota la sua sedia, al tavolo delle trattative. “Se s’illudono che sarà un affare a due tra Pd e M5s, si ricrederanno presto”, ha fatto sapere Matteo Renzi. Il quale, in quella revisione del programma che seguirà all’approvazione della legge di Bilancio, vede del resto ciò che ha preso a chiamare “il kairòs”: e cioè il momento opportuno per attrarre a sé quei pezzi di Forza Italia che vogliono uscire dall’orbita sovranista. “Se è furbo, quel passaggio lo sfrutta. E sul fatto che Matteo sia furbo, non credo ci siano dubbi”, scherza Alessandro Cattaneo, uno degli azzurri rampanti che di morire salviniano non ci pensa proprio.

 

E che l’operazione venga già contemplata dai renziani, lo conferma il sorriso sornione di Ettore Rosato: “E’ possibile”, dice. Lasciando che sia però il collega Cosimo Ferri a spiegare meglio: “Italia Viva s’è formata dopo la nascita del governo, e questo inevitabilmente ne ha ridotto la libertà d’azione iniziale. Un’eventuale ridiscussione delle priorità dell’esecutivo potrebbe essere l’occasione per dare più consistenza alle nostre istanze e al nostro peso parlamentare”. E non a caso è Ferri a parlare. Lui, l’uomo che più di tutti gestisce i dossier sulla giustizia in Iv, sa bene che proprio quello sarà un primo terreno di scontro. Lo si vedrà già oggi, durante la conferenza dei capigruppo che dovrà discutere la richiesta d’urgenza avanzata da FI sul proposta di legge di Enrico Costa, quella che mira di fatto a disinnescare la riforma Bonafede sulla prescrizione. L’esito è scontato, perché basterà un solo voto contrario, per rigettare la richiesta, e il grillino Francesco Silvestri s’opporrà. “Ma la settimana prossima arriverà comunque in Aula, quella richiesta d’urgenza: e vedremo cosa succederà”, dice Costa, non a caso uno dei forzisti che medita l’approdo in Iv. “Di certo – aggiunge – c’è che le follie grilline, con questi equilibri parlamentari, non possono essere arginate”. Anche il Pd, che pure ha lanciato segnali di guerra a Bonafede, ora non sa bene cosa fare. C’è chi, come Andrea Orlando, sull’altare della coalizione giallorossa è pronto all’ennesimo sacrificio: ché del resto gli effetti reali della sospensione della prescrizione si faranno sentire non prima di un paio d’anni, e dunque ci sarà tutto il tempo per correggere gli eccessi manettari del M5s. E poi c’è chi, come Andrea Marcucci, sentenzia che “le garanzie devono arrivare prima dell’entrata in vigore della legge, e quelle giunte finora dal Guardasigilli non bastano”. Un’ambiguità che certo permetterà a Renzi di issare sulla tolda di Iv il vessillo del garantismo.

 

Ma non c’è solo la giustizia. Andrea Causin, senatore azzurro in cerca di nuovi approdi, teme soprattutto per “la terribile situazione economica e occupazionale, aggravata da un anno e mezzo di governo gialloverde in cui la Lega non ha fatto valere le ragioni dei ceti produttivi”. E allora? “Allora, se davvero in una ridefinizione degli obiettivi del governo qualcuno mi proponesse di sostenere un’iniziativa per rilanciare l’industria del paese, e per proteggerla da chi inneggia alla decrescita, io che sono un imprenditore non potrei certo tirarmi indietro”. Il che, a suo modo, dimostra come si stia già lavorando anche a un’imbellettatura narrativa dell’operazione, da presentare agli elettori azzurri non come “un cambio di casacca”, ma come una “chiamata alla responsabilità per il bene del paese”. Per la quale, del resto, non basta l’eterna indecisione della Carfagna: “Io a Mara gliel’ho detto”, sorride Causin. “Mi ricorda un po’ quei camionisti che trasportano le damigiane piene di vino, e per paura di romperle procedono a passo d’uomo. Ma la politica, a volte, richiede velocità d’azione”.