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Combattere il dissesto ideologico

Redazione

Affidarsi allo stato (o a dea Greta) per assicurarsi dalle catastrofi è rischioso

Anche ieri Giuseppe Conte, in visita nell’Assisi di san Francesco e nelle aree terremotate dell’Umbria, è stato assediato da domande sui tempi e fondi della ricostruzione. E già nel programma di governo rossogiallo aveva inserito l’intervento pubblico “tra le più urgenti e massime priorità”: come del resto i suoi predecessori. Soldi in avanzo non ci sono, il tentativo è stavolta di far passare come “green” e potenzialmente scomputabili dal deficit, gli stanziamenti contro il cosiddetto dissesto idrogeologico.

 

Ma l’opinione pubblica è ormai avvezza all’idea che qualunque catastrofe naturale ricada sullo stato, non solo nella fase di protezione civile ma anche della ricostruzione totale. Secondo uno studio del colosso assicurativo Swiss Re, dal 1968 al 2018 i danni dei maggiori terremoti ammontano a valori attualizzati a 98 miliardi di dollari. Dal 2009 (sisma dell’Aquila) le risorse pubbliche deliberate sono 45 miliardi di dollari, 39 in euro. Ma gli stanziamenti arrivano al 2047, non coprendo i danni e lasciando scontente le popolazioni. La situazione sarebbe diversa se i privati assicurassero le abitazioni contro le calamità naturali, con agevolazioni fiscali, come si fa obbligatoriamente per l’incendio stipulando un mutuo. L’assicurazione anti calamità è regolamentata all’estero con regimi obbligatori, semiobbligatori e volontari, ed esiti che vanno dal 100 per cento di immobili assicurati in Islanda e Danimarca, al 95 della Francia, al 90 del Regno Unito, al 40 del Giappone, al 18 degli Stati Uniti dove l’assicurazione è regolamentata ma volontaria. E in Italia? Solo il 3 per cento delle abitazioni è assicurato per calamità naturali, percentuale che va dallo zero del meridione al 7 del Trentino-Alto Adige. Gli immobili industriali sono assicurati per il 15 per cento. Eppure non ci sarebbe bisogno di guardare all’estero: il 18 luglio la Conferenza episcopale italiana ha stipulato con Cattolica Assicurazioni una polizza unica che copre dai rischi naturali tutte le 27.796 parrocchie delle 225 diocesi; un accordo che prevede la riassicurazione di Cattolica con i maggiori player mondiali. La chiesa non si è affidata solo alla divina provvidenza. E lo stato?