Il presidente della Regione Sicilia, Nello Musumeci (foto LaPresse)

Tra conti in rosso e autonomia. Nello Musumeci ci racconta i guai della Sicilia

Riccardo Lo Verso

"Il luogo comune di un meridione clientelare non può continuare a pesare sulla nuova classe dirigente", ci dice il presidente della Regione

A ogni rivelazione statistica viene fuori che il sud, Sicilia inclusa, affonda. Le responsabilità politiche sono enormi. Il presidente della Regione, Nello Musumeci, non le nasconde. Anzi, ne esalta la drammaticità, ma non per questo il Mezzogiorno può essere abbandonato al suo triste destino di malato inguaribile. Ne va della tenuta del paese intero.

 

Con quale stato d'animo il governatore siciliano affronta il tema della autonomia differenziata. Sta sulle barricate oppure...?
“Con assoluta serenità. Chi, come me, rappresenta un popolo autonomista non può guardare con gelosia alla richiesta di altre Regioni. Vogliamo conoscere il metodo”.

  

Cosa non la convince?
“Le ripercussioni inevitabilmente ricadranno su tutto il territorio nazionale. Ecco perché ho chiesto al capo del governo di convocare tutti i presidenti di Regione. Bisogna chiarire in particolare se viene messo in discussione il principio della solidarietà fra regioni ricche e regioni povere. Se il regionalismo non costituisce pregiudizio per le regioni povere non abbiamo motivo di metterci di traverso. Allo stato chiediamo un impegno maggiore sul Mezzogiorno d'Italia, le cui colpe passate nessuno intende minimizzare. Il luogo comune di un meridione assistito e clientelare, però, non può continuare a pesare su una nuova classe dirigente che si è posta l'esigenza di recuperare il divario con il resto d'Italia e di Europa”.

  

Più soldi da investire al sud, è questo che serve?
“Si determini un piano per cinque, sette anni con una cabina di regia romana, ogni regione evidenzi le proprie priorità infrastrutturali e si pongano pesanti sanzioni per quelle regioni che non dovessero rispettare il crono programma. Niente più regali per nessuno”.

 

La Sicilia non ha fatto buon uso della sua autonomia. Perché il governo dovrebbe fidarsi della classe politica meridionale?
“L'alternativa è la fucilazione. C'è un rapporto di leale collaborazione fra le istituzioni. Roma deve essere preoccupata quanto noi delle condizioni del Mezzogiorno, per le quali ha anche le sue responsabilità. Perché le navi che arrivano dal Canale di Suez vanno nello stretto di Gibilterra e non approdano ad Augusta, Catania o Gela? Perché in passato non si è pensato di dotare le coste siciliane di un porto hub”.

 

Vogliamo essere ottimisti: ci sarà un piano per il sud e funzionerà. Come si concilia con le emergenze quotidiane della Regione? Non passa giorno che non si parli di precari da stabilizzare dopo vent'anni di attesa.
“Avere cercato il consenso facendo della Regione un grande ammortizzatore sociale è stato un crimine contro l'umanità, come è stato un delitto avere fatto maturare un disavanzo di 7 miliardi e 300 milioni nell'ultimo trentennio. È chiaro che adesso i nodi arrivano al pettine. Non possiamo mettere la testa sotto la sabbia. Se c'è l'aiuto del governo nazionale, che avrebbe dovuto controllare, io credo che in tre o quattro anni potremo riassorbire il precariato”.

 

Un miliardo di disavanzo. Una cifra enorme. Ieri l'assessore al Bilancio Gaetano Armao è stato a Roma per cercare di spalmare il debito. A proposito di Armao, il presidente dell'Ars Gianfranco Micciché sostiene che lei e il suo assessore avete nascosto al Parlamento che le casse erano vuote. È così?
“L'ultima cosa che vorrei fare è polemizzare con il predente del Parlamento verso il quale ho sempre avuto un rapporto di rispetto istituzionale. Non lo sapevo, non potevamo saperlo, se gli uffici non ci informavano”.

 

Non polemizza con Micciché, ma dà piena fiducia ad Armao che assessore lo era anche in alcuni governi del passato. Conosceva i conti...
“Conosceva i conti che gli sono stati consegnati, certo. I bilanci venivano addomesticati, dovevano servire a fare quadrare fittiziamente i conti. L'assessore non conosceva le furbizie che si nascondevano dietro al bilancio. Non se ne accorgeva neanche la magistratura contabile. Con l'applicazione del decreto 118, una sorta di tac sui conti, da parte del mio governo tutto questo sta emergendo”.

 

Mi pare di capire che la fiducia in Armao sia piena.
“Non ci può essere un solo assessore che non goda della mia fiducia, non potrebbe stare un'ora in più”.

  

Per ridurre il disavanzo bisogna tagliare le uscite.
“Una parte della spesa, circa il 50 per cento, è incomprimibile. Poi si comincia a tagliare, a partire dai contributi, ecco perché quando sento lamentare qualche associazione mi chiedo 'ma qualcuno vive su Marte'? Per anni anni è stato consentito che gli uffici della Regione venissero ospitati in immobili privati costringendoci a pagare quasi 40 milioni all'anno di fitti passivi. In un anno sotto il mio governo i fitti passivi sono stati ridotti di un milione e ora stiamo lavorando ai centri direzionali per accorpare gli uffici”.

  

Quando si parla di autonomia, un punto cardine sono i livelli essenziali delle prestazioni che vanno garantiti sia che si viva a Palermo sia che si viva a Milano. Il viadotto Himera, solo per fare un esempio, lungo l'autostrada Palermo-Catania, è chiuso dal 2015 per un cedimento. Cosa deve fare un siciliano, incatenarsi?
“Se servisse lo farei volentieri. Si è rotto un rubinetto e per ripararlo abbiamo chiamato l'idraulico. Solo che invece di preoccuparsi di riparare il rubinetto si è preoccupato di garantire chi il rubinetto lo aveva rotto. Quando ci siamo rivolti al ministro Toninelli per denunciare l'inefficienza dell'Anas e di Rfi il ministro ci ha detto 'giù le mani dalle due aziende dello stato'”.

  

Il ministro è cambiato.
“Ho il dovere di sperare che cambino anche le cose. La regione non gestisce un solo chilometro di strade in Sicilia. Sono delle province e dello stato. Metteteci nelle condizioni di sistemarle”.

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