Luciana Lamorgese abbraccia il collega tedesco Horst Seehofer al vertice di Malta (foto LaPresse)

Sui migranti non è ancora “solidarietà Ue”

Redazione

L’accordo di Malta sulle quote è un passo avanti, ma non chiamatelo successo

E’ ancora troppo presto per chiamarla “solidarietà europea”, ma il summit di Malta ha dato vita a una inedita volontà politica europea in tema di accoglienza dei migranti. Il nuovo corso si basa su un modus operandi molto in voga in questi anni di Commissione Juncker, quello dell’Europa a doppia velocità, in cui i paesi più volenterosi si adoperano per cooperare fra loro in modo più deciso rispetto agli altri, che decidono di restare indietro.

 

  

E così, al termine del vertice con Malta, Francia, Germania, Finlandia e Commissione Ue, il ministro dell’Interno Luciana Lamorgese ha detto che “l’Italia non è più sola” e potrà contare sul sostegno di alcuni paesi europei nel riformare il prima possibile il Regolamento di Dublino. La pietra miliare di questo cammino – che resta impervio – parte da un presupposto essenziale sancito lunedì a Malta: chi sbarca in Italia sbarca in Europa. L’accordo raggiunto prevede che entro 4 settimane dallo sbarco dei migranti in Italia o a Malta si proceda al ricollocamento obbligatorio di tutti i richiedenti asilo tra gli stati più volenterosi con un sistema di quote ancora da quantificare (si vedrà in base a quanti altri stati decideranno di aderire dopo il Consiglio degli affari interni a Lussemburgo del 7 ottobre). In questo modo le operazioni di identificazione e gli eventuali rimpatri non peseranno più soltanto sul paese di primo ingresso. Si tratta senza dubbio di un passo avanti, impensabile ai tempi del governo gialloverde, ma parlare di successo è prematuro (lo dimostra il fatto che dopo il summit non è stato diffuso alcun testo dove mettere nero su bianco l’accordo).

 

Oltre al sistema di rotazione dei porti – che è stato accolto solo parzialmente e su base volontaria – resta il fatto che soltanto i migranti soccorsi in mare (il 9 per cento di quelli arrivati sulle nostre coste nel 2019) rientreranno nelle quote e resteranno esclusi quelli sbarcati in autonomia (il 91 per cento). Per ora i numeri sono esigui ma segnano comunque un progresso rispetto alla gestione di Salvini, quando i ricollocati erano la metà (4 per cento). E’ la riprova che è meglio discutere sedendosi attorno a un tavolo, piuttosto che rovesciarlo strepitando contro “Soros e i poteri forti”.

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