Un dipinto raffigurante il generale Kutuzov

“Zingaretti sembra Kutuzov, ma ora il Pd deve difendere l'equilibrio raggiunto”

David Allegranti

Arturo Parisi ci spiega come possono muoversi i Democratici per non farsi imbrigliare dai Cinque stelle, “che resteranno barbari ancora per un po’”

Roma. Una questione ancora tutta da chiarire è come riuscirà il Pd a gestire il rapporto con i Cinque stelle, governandoci insieme, senza snaturarsi. Senza dunque farsi dettare l’agenda dall’alleato molto ingombrante, come dimostrano i rapporti di forza in Parlamento. “Se avessi un’idea più chiara sulla natura attuale del Pd forse qualche consiglio mi verrebbe in mente”, motteggia il professor Arturo Parisi parlando con il Foglio.

 

“Se invece mettendola piatta e chiedendoci in che modo il Pd può evitare di finire sotto, più o meno come i 5 stelle finirono sotto Salvini, mi verrebbe da dire, difendendo semplicemente l’equilibrio raggiunto. Un signor equilibrio. A stare ai risultati finora incassati dovrei infatti riconoscere che mi sono sbagliato di brutto. Partito ricordando, da uomo qualunque, che ‘presto e bene raro avviene’, reindossati gli abiti diciamo da politico saputo dovrei infatti prendere atto del fatto che questa volta per il Pd sarebbe finita ‘prestissimo e benissimo’. Cosa che rarissimo avviene. Con un partito apparentemente unito come mai in passato, un consenso tra gli elettori dichiarati largo oltre ogni aspettativa, e un trattamento nella ripartizione dei posti governativi da pari a pari nonostante che i rapporti di forza vedano ancora il partito più o meno con la metà dei seggi 5 stelle. E se è vero come è vero che la questione Europa è quella dirimente col Pd, con il controllo diretto di tutte le posizioni che contano nel rapporto con l’Unione. A Bruxelles dal Presidente del Parlamento Europeo alla Commissione. E a Roma dal ministro dell’Economia a quello degli Affari europei. Tutte persone esperte, e riconosciute autorevoli. E il tutto in pochissimi giorni, se non addirittura in ore”.

 

Mentre l’anno scorso, ricorda Parisi, “i due populisti ci hanno messo più di due mesi. E in Germania Democristiani e Socialisti che pure erano già stati alleati ci avevano messo più del doppio. Per non parlare della Spagna dove Socialisti e Podemos rischiano di far saltare il confronto per la pretesa di dare stabilità al futuro grazie a un accordo negoziato punto per punto. Dovrebbero venire a lezione da noi. Un miracolo”. Verrebbe quindi da dire, aggiunge Parisi, “‘calma e gesso’. Camminare in punta dei piedi e misurare le parole. E’ vero che San Matteo ha intercesso su entrambi i fronti di sua competenza alla grande. Ma è difficile che i miracoli capitino due volte di seguito. Anche perché, mi faccia tornare cittadino qualunque, vedo tutto incollato con lo sputo. Con lo sputo”.

 

E’ possibile secondo lei che il Pd riesca a ‘romanizzare i barbari’? “Più di così per ora mi sembra difficile. E’ vero che a osservarlo da fuori Zingaretti sembrerebbe aver seguito la linea di ritirata strategica adottata da Kutuzov durante la disastrosa campagna napoleonica in Russia. Partito con la parola d’ordine ‘non c’è alternativa al voto’, per poi passare a ‘accordo serio o voto’, e, dopo aver abbandonato nel negoziato la minaccia armata del voto, ripiegare su ‘accordo ma con discontinuità nella premiership e nel programma’ per approdare infine in pochi giorni ad accettare ‘la continuità nella premiership e nel programma’. Va pure bene il ripiegamento strategico, ma il contrattacco mi sembra decisamente fuori dal tempo. Anche perché anche Grillo pensa di essere Kutuzov e pensa il Pd nella parte dei francesi. Quanto al romanizzare i barbari, è bene ricordare che romani non sono solo quelli che sono nati a Roma, ma quelli che si sono romanizzati in proporzione al tempo che nei palazzi romani hanno vissuto”.

 

Insomma, dice Parisi, “sconsiglierei perciò di provocare i 5 stelle perché rispetto al Pd che non vive semplicemente a Roma ma nel centro del sistema, da 25 anni politicamente accampato attorno e in difesa del fatidico Colle, i grillini restano e resteranno ‘barbari’ ancora per un po’. Barbari e, a differenza di nemmeno un mese fa, di nuovo vincenti. Basta ripassarsi la foto di Di Maio con i suoi ministri, leggere i titoli che ricordano che un fidanzamento come quello con la Lega basta e avanza, e, soprattutto, dare un occhio ai sondaggi che suggeriscono che gli elettori grillini che si erano rifugiati nell’astensione, frustati dalla subalternità al vero barbaro, vanno tornando a casa e riportando il Movimento in seconda posizione. Ancora dietro la Lega ma di nuovo avanti al Pd”.

 

Il Pd, come partito, deve cambiare qualcosa? Di recente ho partecipato a una festa dell’Unità, a Milano, e i militanti sembravano disorientati dall’assenza di parole chiave e identità precise (a differenza della Lega per esempio). “Tutto dipende dalla definizione che diamo dell’incontro tra 5 stelle e Pd. E’ come dice Renzi null’altro che una tregua con le armi ancora imbracciate tra forze che restano profondamente diverse? O, esattamente e ancora una volta all’opposto, come dice D’Alema, si tratta dell’inevitabile ritorno del suo popolo nella casa paterna?”. Nel primo caso, sottolinea Parisi, “lo vedremo presto. Così come, se fosse vero il secondo, cresceranno ogni giorno di più le pressioni a formalizzare in una qualche unione civile quella che ora è al massimo una convivenza di fatto”.

Di certo, dice il professore, “ho difficoltà a immaginare i grillini accogliere il segretario Pd al canto di Bandiera Rossa, come è capitato ieri (domenica, ndr) a Ravenna, e riconoscersi nel vice segretario vicario che, come ogni anno, appena poche settimane fa si è recato per ribadire la continuità di una storia sulla tomba di Palmiro Togliatti, primo segretario del partito”.

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