Paola De Micheli, 46 anni, ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti nell’attuale governo Conte (foto LaPresse)

Paola De Micheli, ministro ponte

Marianna Rizzini

La nuova titolare delle Infrastrutture è anello di congiunzione camaleontica tra mondi diversi, nel Pd e no

E’ sempre lei: Paola De Micheli, neoministro delle Infrastrutture, già vicesegretario del Pd, sottosegretario alla Presidenza del Consiglio nel governo Gentiloni, sottosegretario al Ministero dell’Economia nel governo Renzi ed ex commissario straordinario alla ricostruzione delle aree terremotate nell’Italia centrale. Ma in qualche modo non è mai la stessa Paola De Micheli. Il neoministro, infatti, all’età di quarantasei anni, partendo dalla sua Piacenza, ha già fatto due volte il giro del centrosinistra, in un senso e nell’altro: dalla Dc in cui ha militato in anni giovanili fino al Pd nascente del 2007, passando per la Margherita e spostandosi senza fratture da un capo all’altro del partito – è stata infatti bersaniana, lettiana e di fatto renziana – fino a farsi talmente zingarettiana da diventare coordinatrice della campagna di Nicola Zingaretti per le primarie, in vista della corsa alla segreteria. E dunque nessuno trovava strano che si facesse il suo nome per un sottosegretariato a palazzo Chigi, prima e dopo che la lotta sul numero e la natura dei vicesegretari, con braccio di ferro finale con Luigi Di Maio, si fermasse sul nome di Riccardo Fraccaro, Cinque Stelle d’antan. E infatti De Micheli non soltanto c’è, ma De Micheli siede, nonostante inizialmente avesse sognato il Mise, e dunque il posto di Luigi Di Maio, al posto di Danilo Toninelli, l’uomo di cui diceva, qualche mese fa, durante una puntata di “L’aria che tira”, su La7, “non è capace di gestire un ministero”. E non soltanto c’è, De Micheli, ma proprio di Infrastrutture e Trasporti si occuperà, e di Gronda e ponti a Genova, e di bus e passanti a Bologna, e non appena insediata ha ribadito la distanza siderale tra lei e il predecessore, come ha detto ieri in un’intervista al Secolo XIX, tracciando subito una linea di confine tra il futuro del governo giallorosso e il passato del governo gialloverde, con tanti saluti all’opera di Toninelli medesimo: “Ostacoli ai cantieri non ce ne saranno più”, ha detto. E anche: “Sì, la Tav sì farà. Ovviamente è un dossier che ha avuto un percorso faticoso in questi quattordici mesi, ma adesso stiamo andando ad individuare le eventuali questioni amministrative da sbloccare per accelerare ulteriormente il percorso. Sul piano politico questo nodo è definitivamente sciolto”. E mentre saliva al Colle, con giacca blu bordata di bianco, il giorno del giuramento, De Micheli non pareva ormai la stessa De Micheli che qualche giorno prima era stata coccolata dai cronisti più politicamente corretti, quelli che avevano notato come fosse stata “lasciata indietro” dai colleghi del Pd nel percorso a ritroso dal Colle al Nazareno, all’uscita delle consultazioni, quando ancora non era stata scritta la parola “fine” sulla crisi d’estate (“Di Maio è incomprensibile”, andava ripetendo De Micheli a microfoni e taccuini, “Di Maio torna indietro su punti già discussi”).

 

Ex bersaniana, ex lettiana, ex sottosegretario nel governo Renzi, zingarettiana, amica di Confalonieri e di Giorgetti

Tutto chiaro? Non tutto. Perché Paola De Micheli, ora zingarettiana di ferro, è anche colei che potrebbe essere informalmente definita l’ufficiale di collegamento con altri mondi, e in particolare col mondo berlusconiano in senso alto del termine: è stimata infatti da Fedele Confalonieri, incontrato un giorno in uno studio televisivo. “Persona competente e corretta, purtroppo non è del mio schieramento”, leggenda vuole che dicesse in quel frangente il presidente di Mediaset, poi anche invitato, nel 2013, al matrimonio dell’allora deputata – matrimonio celebrato a Piacenza, nella basilica di San Sisto, alla presenza di Enrico Letta, allora premier, e dell’ex segretario del Pd Pierluigi Bersani. E, con il senno del poi, oggi si è tornati a riguardare quella foto, con i bersaniani (tra cui il neoministro di LeU Roberto Speranza) accanto ai non bersaniani. E si poteva scorgere, nella basilica, il gotha del mondo imprenditoriale padano, ben conosciuto dall’ex imprenditrice De Micheli, a lungo manager nel ramo alimentare (conserve di pomodoro). E nessuno allora ancora si domandava quello che in molti oggi si domandano: possibile che De Micheli sia sempre nel posto giusto subito dopo essere stata nel posto diventato sbagliato? Che sia fiuto, fortuna o che siano buoni contatti il concetto non cambia: la De Micheli bersaniana poteva difendere in tv il bersanismo per giorni e giorni – tanto più che la sua caratura polemica fortemente accentata in piacentino piaceva già molto agli autori dei programmi – per poi essere annoverata tra i più combattivi esponenti del gruppo di Enrico Letta, con cui ha collaborato non soltanto al governo, ma anche ai vertici dell’associazione TrecentoSessanta, creatura lettiana per antonomasia. Tutte cose che rendono di conseguenza comprensibile il pianto di De Micheli durante la direzione pd in cui il passaggio Letta-Renzi si è concretizzato, e anche le parole dette durante una puntata di “Piazzapulita”, quando De Micheli ha attribuito a Renzi il disegno anti-Prodi nell’elezione del presidente della Repubblica, l’anno in cui fu rieletto Giorgio Napolitano. E se qualcuno ha poi trovato incomprensibile il successivo impiego di De Micheli nel governo Renzi, De Micheli stessa ha fornito per così dire la chiave interpretativa, al grido delle parole: “Lo sanno tutti che sono un’esponente della minoranza dem e da parte di Renzi, come anche da parte nostra, c’è la volontà di unità”. Realpolitik, come minimo. Come quella che deve aver ispirato la De Micheli imprenditrice nel suddetto ramo conserve, dopo un fallimento a inizio anni Duemila per via della concorrenza cinese, con corollario di problemi tribunalizi per via dell’errata conservazione di alcuni barattoli. E però con la Cina De Micheli non serbò ruggine né rancore, anzi: di produttori di conserve cinesi fu poi consulente.

 

Quando scherniva gli uomini che danno di matto di fronte alle donne brave e quando su Facebook diceva “sarò mamma”

E non è tutto, perché tra le una, nessuna e centomila De Micheli viste sullo schermo dei principali talk-show c’è anche la versione pasionaria post-femminista, quando l’attuale ministro disse, in piacentino puro, che agli uomini “gira la matta” quando le “donne brave” ricoprono posizioni di potere (“e portano a casa i risultati”, aggiungeva l’allora deputata). Per non dire della versione maratoneta: De Micheli corre, nei parchi romani quando è a Roma come lungo le strade dell’Emilia quando è in Emilia, e non manca di ricordare, prendendo in giro i poco sportivi commensali o colleghi di trasmissione televisiva, che in poco più di quattro ore, a Parigi come a New York, è in grado di ultimare l’intero percorso di quarantadue e passa chilometri, così come può sostenere una partita di pallavolo da quasi-professionista. De Micheli è infatti anche un’ex pallavolista, formatasi negli anni in cui le bambine guardavano in tv il cartone animato giapponese “Mimì e la nazionale di pallavolo” e ambivano a ripetere colpi a effetto dai nomi altisonanti, tipo “goccia di ciclone”. Fatto sta che il futuro ministro, a ventidue anni, poteva vantare almeno quindici stagioni di allenamento, motivo per cui nel 2016 è stata eletta presidente della Lega Volley. Nel frattempo però diventava mamma di Pietro, “annunciato” su Facebook con un post: “Carissimi amici di Facebook, questa volta ho deciso di utilizzare questo canale, che abitualmente vi informa sulla mia attività politica e di governo, per ragioni personali. Per fare un annuncio molto speciale per me. Io e mio marito Giacomo diventeremo mamma e papà. Avendo ormai raggiunto il traguardo dei tre mesi, non riuscirei a nascondere la rotondità della mia pancia che cresce… E’ una felicità grande che volevo condividere anche con voi nella maniera più ‘democratica’ possibile. Perché una gioia, quando è condivisa, è ancora più grande”.

 

Da imprenditrice nel ramo alimentare, ha affrontato la concorrenza dei cinesi, di cui poi è stata consulente

Ultima ma non ultima, c’è la versione schiacciasassi anti-Salvini: per tutta l’estate De Micheli, anche prima che la crisi d’agosto scoppiasse, si è augurata pubblicamente la caduta dei gialloverdi e del ministro e vicepremier leghista che “fa propaganda sulla riduzione delle tasse mentre la tasse aumentano”, e gira per le spiagge “mentre in Calabria ci sono due morti ammazzati”. Non lesinava critiche a tutto campo ai futuri alleati a Cinque Stelle, De Micheli, di cui in particolare non approvava lo spirito da decrescita (in)felice che informa l’intero impianto ideologico a sostegno del reddito di cittadinanza – spirito che le ricordava, come ha detto un giorno a Skytg24, i tempi in cui i cittadini erano sudditi. Non piaceva a De Micheli neanche la “proposta” d’intesa Pd-M5s dell’ex premier Matteo Renzi: “E’ sbagliata nei tempi”, diceva al Corriere della Sera prima di Ferragosto, definendone l’impatto “devastante sull’opinione pubblica” e descrivendosi preoccupata: “Siamo tutti coscienti del pericolo di Salvini ma ho paura che impedire il voto e fare un governo a tempo renda ancora più grave il rischio…Noi andiamo al governo ora, mettiamo a posto i loro disastri, poi arriva Salvini e prende ancora più voti. La deriva plebiscitaria la sposteremmo di qualche mese, tra l’altro aggravandola. Mi viene da sorridere se penso che abbiamo fatto un congresso coi renziani che accusavano Zingaretti di voler fare l’alleanza coi M5S”. Non era l’unica a pensarlo, ma, tempo due settimane, De Micheli, come tutti nel partito (tranne Carlo Calenda, che se n’è andato), doveva cambiare se non idea almeno dichiarazione, non potendo neanche troppo puntare sull’altro suo cavallo di battaglia dei giorni duri della crisi: “Altra cosa sarebbe stato”, aveva detto infatti in agosto De Micheli, “proporre un governo di legislatura, con un processo politico che passasse anche attraverso la piena assunzione di responsabilità del M5S e in particolar modo di Luigi Di Maio”. Ora De Micheli può però dire subito un “no” grande come una casa ai “no” grillini sulle grandi opere: “Da commissario alla ricostruzione post-sisma ho visto da vicino quanto sia difficile tenere insieme efficienza e qualità delle opere pubbliche. Ciò detto qui ostacoli politici ai cantieri non ce ne saranno più”.

 

Gli esordi nella gioventù democristiana piacentina, le maratone, la pallavolo e l’ascesa a tempo record nel Pd

E anche se la storia di questi giorni può essere vista, tra Pd e LeU, come storia di una parziale rivincita (specie presso i bersaniani, che di De Micheli furono kingmaker quando si occupava di piccole e medie imprese), quella di De Micheli, giunta al giuramento da ministro dopo un’estate pensata come il prodromo della campagna elettorale, non può essere definita propriamente tale, non essendo il ministro mai stato troppo a lungo tra i perdenti. Piccolo particolare: al suo matrimonio, oltre a Fedele Confalonieri, compariva pure l’ex sottosegretario leghista Giancarlo Giorgetti. Non si era ancora alla guerra dei mondi. E chissà dunque se, tramite la multiforme e multitasking De Micheli, anche i non-vincenti di oggi possano sentirsi speranzosi di poter tramutare un giorno qualche granello di sconfitta in limbo verso un futuro meno cupo. D’altronde De Micheli si è sempre definita una “donna di fiume che costruisce ponti”.

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  • Marianna Rizzini
  • Marianna Rizzini è nata e cresciuta a Roma, tra il liceo Visconti e l'Università La Sapienza, assorbendo forse i tic di entrambi gli ambienti, ma più del Visconti che della Sapienza. Per fortuna l'hanno spedita per tempo a Milano, anche se poi è tornata indietro. Lavora al Foglio dai primi anni del Millennio e scrive per lo più ritratti di personaggi politici o articoli su sinistre sinistrate, Cinque Stelle e populisti del web, ma può capitare la paginata che non ti aspetti (strani individui, perfetti sconosciuti, storie improbabili, robot, film, cartoni animati). E' nata in una famiglia pazza, ma con il senno di poi neanche tanto. Vive a Trastevere, è mamma di Tea, esce volentieri, non è un asso dei fornelli.