La guerra dei Mattei

David Allegranti

Salvini sfida in piazza Renzi nello stesso giorno della Leopolda di Renzi (19 ottobre). Indizi su un nuovo bipolarismo

Roma. Era il 2010, Matteo Renzi e Pippo Civati organizzavano la loro prima (e unica) Leopolda insieme prima di prendere strade parecchio diverse. Alla guida del Pd c’era Pier Luigi Bersani, diventato segretario l’anno precedente. Come benvenuto alla generazione dei “rottamatori”, all’epoca si chiamavano così, poi qualcuno ha fatto in tempo a imborghesirsi, la segreteria nazionale organizzò nello stesso giorno la riunione dei circoli del Pd a Roma. Una contromanifestazione per non lasciare tutto lo spazio mediatico alla Leopolda e per evitare che troppi amministratori locali partecipassero alla convention renzian-civatiana. 

L’anno dopo, stesso schema. Mentre a Firenze Renzi riuniva i suoi, a qualche centinaio di chilometri Bersani convocava i giovani del Pd a Napoli per la manifestazione “Finalmente Sud”.

 

Quest’anno, per la nuova edizione della Leopolda, che forse torna a essere di qualche interesse dopo anni, si verifica un nuovo duello a distanza. Inedito. Stavolta infatti non fra Renzi e Bersani, che è riuscito a piazzare al governo come ministro della Salute Roberto Speranza, il segretario del suo partito, cioè Articolo1, ma fra Renzi e Matteo Salvini. Il 19 ottobre l’ex segretario del Pd tornerà alla Leopolda, come annunciato da parecchi mesi, ad aprile. Nello stesso giorno, l’ex Truce adesso Truciolo sarà in piazza a Roma. “Sarà la giornata dell’orgoglio della maggioranza operosa, che non va a fare casino ma che vuole un governo che non nasce la notte a Parigi o Bruxelles e che per questo viene ricompensato”, ha detto il capo della Lega in una delle sue solite dirette Facebook. Per entrambi potrebbe essere un ritorno alle origini, in qualche modo. Quello delle mani libere.

 

Il senatore di Scandicci già dà segni d’insofferenza per il nuovo governo. Dice che non è il “dream team”, anche se la cosa più importante, aggiunge, era intanto mandare a casa Salvini. Molti nel Pd sono convinti che voglia dare davvero seguito ai messaggi che sta mandando in giro sulla costituzione dei gruppi parlamentari autonomi. Tuttavia, “secondo me ha fatto male i conti anche il nostro uomo questa volta”, dice al Foglio un ex renziano. “Stavolta lo impallinano. Va bene una, due… Ma alla terza”.

 

Dopo il duello Firenze-Roma, ex stazione ferroviaria contro piazza, ce ne sarà uno anche elettorale, magari un giorno? Chissà. L’ex segretario del Pd dice che la stagione dell’ex ministro dell’Interno è finita, ma in Italia – paese di eterni Rieccoli – prima o poi tutti si ripropongono come la peperonata. “Un mese fa il ministro dell’Interno chiedeva ‘pieni poteri’ per andare a elezioni, da solo, contro tutti”, dice ora Renzi. “Mentre esprimeva questi raffinati concetti, il suo consigliere economico Borghi ipotizzava l’uscita dall’euro, il suo collaboratore Savoini chiedeva tangenti sul petrolio russo, i suoi post educavano all’odio e alla violenza verbale”. Insomma, “sembrava impossibile ma nel giro di un mese, grazie al contributo di tanti, questo fenomeno che qualcuno chiamava populismo, che qualcuno chiamava sovranismo, che qualcuno chiamava salvinismo ha un nuovo nome. Adesso Salvini si chiama passato”. Tuttavia forse è presto per archiviare Salvini. Un buon primo test, comunque, saranno le prossime elezioni regionali.

 

Si vota in Umbria il 27 ottobre e nei mesi successivi in Calabria, Emilia-Romagna e Toscana. Sono regioni in cui la Lega finora ha trovato parecchie soddisfazioni, soprattutto alle amministrative. Si pensi ai recenti casi di Pisa e Ferrara. Un conto potrebbe essere il salvinismo un altro il leghismo. Se la nuova maggioranza ha archiviato il salvinismo di governo, resta da capire che ne sarà del leghismo che si è diffuso in giro per l’Italia in questi anni.

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  • David Allegranti, fiorentino, 1984. Al Foglio si occupa di politica. In redazione dal 2016. È diventato giornalista professionista al Corriere Fiorentino. Ha scritto per Vanity Fair e per Panorama. Ha lavorato in tv, a Gazebo (RaiTre) e La Gabbia (La7). Ha scritto cinque libri: Matteo Renzi, il rottamatore del Pd (2011, Vallecchi), The Boy (2014, Marsilio), Siena Brucia (2015, Laterza), Matteo Le Pen (2016, Fandango), Come si diventa leghisti (2019, Utet). Interista. Premio Ghinetti giovani 2012. Nel 2020 ha vinto il premio Biagio Agnes categoria Under 40. Su Twitter è @davidallegranti.