Matteo Salvini (foto LaPresse)

Salvini rispolvera il solito antieuropeismo per difendersi da Conte

Il leader della Lega replica al duro discorso del premier e torna ad attaccare le regole Ue su economia e immigrazione. E intanto tiene ancora aperta la porta al M5s

Quello andato in scena oggi al Senato doveva essere il gran giorno della sfiducia a Giuseppe Conte, ma alla fine si è rivelato come quello della sfiducia a Matteo Salvini. L’intervento del leader della Lega – che al momento di replicare a Conte è stato invitato dal presidente di Palazzo Madama a lasciare i banchi del governo per sedersi invece tra i senatori del Carroccio – ha ripreso fedelmente i temi cari al leader leghista, già proposti più volte in questo anno di governo durante i suoi comizi. Poche repliche nel merito, molti slogan e, su tutti, gli immancabili attacchi all’Europa. Il ministro dell'Interno, inchiodato alla proprie responsabilità dal duro intervento di Conte, ha così cercato di uscire dall'angolo facendo presa su un nemico collaudato (alla sua destra, chissà se per caso, era seduto l'economista no euro e senatore del Carroccio, Alberto Bagnai). E chissà se, vista come è andata a finire, quel “rifarei tutto quello che ho fatto” pronunciato all'inizio del suo intervento, era veramente sincero. Allo stesso tempo il vicepremier tiene aperta una porta al M5s: "Se ci sono cose da fare, io ci sono", dice.

 

 

Per Salvini, essere “un uomo libero” – come ha rivendicato anche più volte nel suo intervento – significa urlare all’Europa ladrona. Il vicepremier arriva a scomodare persino Cicerone: “La libertà non consiste nell’avere un padrone giusto ma nel non avere nessun padrone”. E ancora: “Non voglio un’Italia schiava di nessuno, non voglio catene. Non voglio dipendere dai funzionari dell’Ue”. Salvini ha sfidato l’idea stessa di società aperta e di democrazia liberale, vere colonne portanti di quell’Europa che tanto contesta. “Siamo il paese potenzialmente più ricco del mondo”, ha rivendicato il ministro accusando le istituzioni europee di tenere le mani legate alla propria economia. Ma forse dimentica, il leader leghista, che tutti i maggiori indicatori economici negli ultimi 14 mesi hanno certificato che l’Italia sovranista è sull’orlo della recessione a prescindere dalle regole europee.

 

 

Immancabile anche il passaggio del ministro dell’Interno sull’immigrazione. Mentre è in corso il suo intervento in Senato, poco meno di 100 migranti restano da 20 giorni ostaggi su una nave ong a pochi metri da Lampedusa. Per Salvini, si tratta di una medaglia al merito: “Siamo o non siamo un paese libero, sovrano, libero di difendere i suoi confini. Ho chiuso i porti. L’ho fatto e lo rifarò. In Italia si arriva se si ha il permesso di entrare”, ha ripetuto il leghista. I respingimenti voluti dal ministro, però, non violano solo le leggi internazionali ed europee. Ma anche ogni valore su cui si regge una democrazia liberale. E forse, chiudersi a riccio non rende liberi – come vorrebbe fare intendere il ministro – ma schiavi.